Sostenibilità

Ancora in trincea per dare un futuro al pianeta

Nel 1972 arrivò il primo allarme del Club di Roma: la crescita senza limiti porta alla dissoluzione delle risorse del Pianeta ... di Gianfranco Bologna

di Redazione

Nella storia del WWF italiano, di cui in questi giorni festeggiamo i 40 anni, il 1972 è stato uno spartiacque fondamentale. In quell?anno venne pubblicato il primo rapporto al Club di Roma I limiti dello sviluppo edito da Mondadori (una traduzione sbagliata del titolo originale, più appropriato, I limiti della crescita – Limits to Growth) realizzato da un team di studiosi del prestigioso Mit, il Massachusetts Institute of Technology, scatenò un dibattito planetario sul tema centrale del nostro futuro: è possibile una crescita materiale e quantitativa continua e progressiva in un mondo dai limiti biofisici definiti? Aurelio Peccei, lo straordinario animatore e presidente del Club di Roma, un gruppo informale di scienziati, educatori, uomini di impresa di tutto il mondo, nato nel 1968, aveva ritenuto opportuno dare un significativo scossone al mito della crescita seguito dalle politiche di tutto il mondo per allertare l?opinione pubblica sui danni e gli effetti negativi prodotti dalla stessa crescita. Il pionieristico lavoro del team del Mit, capitanato da Dennis Meadows, utilizzava, per la prima volta al mondo, un modello computerizzato per affrontare questo dilemma. Il gruppo del Mit analizzò l?andamento di cinque grandezze: la popolazione, l?inquinamento, le risorse naturali, il prodotto industriale pro capite e gli alimenti pro capite, elaborando una serie di scenari differenti e valutandoli per un periodo di tempo che andava dal 1900 al 2100. Il risultato più chiaro, nel caso non si fossero presi provvedimenti per modificare gli andamenti di crescita continua di queste grandezze, prevedeva situazioni di collasso già prima del 2050. Oltre all?uso di questo modello, definito Mondo 3 (World 3), il libro era un lucido testo di chiara analisi della situazione planetaria insostenibile rispetto alla pressione esercitata dagli umani sui sistemi naturali. Il WWF Italia, nato sette anni prima, con una delibera del suo consiglio direttivo del settembre 1973 decise di accettare il volume come base di azione e di posizione nei confronti delle grandi problematiche mondiali (popolazione, industria, risorse, energia ecc.). Il dibattito seguito dalla pubblicazione de I limiti dello sviluppo, che è stato tradotto in più di dieci lingue e venduto in milioni di copie, fu aspro. Il testo venne contestato dalle politiche di stampo liberista, socialista, marxista con tagli diversi ma tutti determinati difensori del mito della crescita. Peccei aveva colto nel segno e il volume divenne una base fondamentale anche per la cultura ambientalista. Sguardo al futuro In I nuovi limiti dello sviluppo di Donella e Dennis Meadow, Jorgen Randers (in uscita in questi giorni in Italia per Mondadori) ai dieci nuovi scenari predisposti e aggiornati su tutti i fattori (compresi la speranza di vita, i beni di consumo pro capite, i servizi e gli alimenti pro capite, introdotti già nel 1992) si aggiungono gli scenari per due indicatori aggregati: l?indice di sviluppo umano (Human Development Index), elaborato sin dai primi anni 90 dall?Undp – United Nations Development Programme, e l?impronta ecologica, elaborata dal Global Footprint Network e dal WWF con la pubblicazione biannuale del Living Planet Report avviata nel 2000. Nessuna persona seria pensa che sia possibile uno stile di vita americano od europeo esteso ai 6,4 miliardi di esseri umani attualmente presenti sulla Terra e men che meno per i 9 miliardi previsti, come variante media, dall?ultimo Population Prospect delle Nazioni Unite, per il 2050.Già oggi al miliardo e più di abitanti dei Paesi ricchi si è aggiunto oltre un miliardo di nuovi consumatori di almeno 20 Paesi (dalla Cina all?India, dall?Indonesia al Brasile, dalla Russia alle Filippine ecc.). Se si prosegue su questa strada di incremento delle pressioni sui sistemi naturali siamo destinati a raggiungere una situazione di sorpasso dei limiti biofisici del pianeta e, conseguentemente, di collasso dei nostri complessi sistemi sociali. Allo stato attuale delle cose la straordinaria conoscenza scientifica che abbiamo accumulato in questi trent?anni ci dimostra in maniera inequivocabile (si pensi al profondo lavoro di ricerca svolto dai grandi programmi internazionali riuniti nell?Earth System Science Partnership) il nostro ruolo di grandi trasformatori degli equilibri dinamici del pianeta e non è possibile né immaginabile continuare nell?inazione, pena la nostra stessa sopravvivenza. Proprio l?ultimo Living Planet Report pubblicato dal WWF e presentato a Pechino il 24 ottobre, non fa che confermare questo quadro. Secondo i dati del trend della nostra impronta ecologica dal 1961 ad oggi, sappiamo che abbiamo superato l?ammontare totale delle risorse che sottraiamo ai sistemi naturali nel 1987 sorpassandone così la capacità rigenerativa, il che significa che, da allora, anno dopo anno, accumuliamo un debito ecologico che, proseguendo in questo trend, può condurci a situazioni di collasso in tempi brevi, prima del 2050. L?impronta ecologica è un indicatore aggregato che considera solo alcuni elementi riguardanti il nostro uso della natura ed è un indicatore parziale e per difetto. Se riuscissimo a considerare l?intera pressione, in tutte le sue forme dirette ed indirette, che esercitiamo sui sistemi naturali potremmo renderci conto del fatto che voltare pagina non può più essere considerato un optional ma diventa un vero e proprio imperativo categorico. Oggi la nostra conoscenza ci ha condotto, da un lato ad acquisire sempre di più elementi utilissimi a comprendere meglio il nostro impatto e dall?altro ci ha consentito di disporre di mezzi tecnologici e di prassi normative efficaci per muoverci in direzioni diverse di quelle del passato. Siamo in una condizione ideale per far intraprendere alle nostre società strade innovative e capaci di futuro. È necessaria una volontà decisa in questo senso e una grande associazione internazionale come il WWF vuole avere proprio il compito di contribuire a ?costruire? il nostro futuro.


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