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Ancora bambini morti in mare, tra le isole greche il dramma senza fine dei profughi

Almeno quattro piccoli hanno perso la vita negli ultimi cinque giorni. Stanotte l'ultimo naufragio con almeno 30 dispersi. Ecco il racconto in presa diretta di Nawal Soufi, attivista che si trova con altri volontari lungo le rive ad assistere i superstiti. E l'appello dell'Unhcr ai governi per porre fine ai massacri: "Ci vogliono canali legali, e trasporti immediati una volta arrivati a riva". Il paradosso: "La Polizia greca non ha le risorse umane necessarie per garantire i pullman"

di Daniele Biella

Lo si può chiamare Aylan, oppure con decine di altri nomi. Perché almeno un bambino ogni due giorni continua a morire nel Mar Mediterraneo, a ritmo insostenibile e a un alto livello di vergogna umana. Le ultime notizie dalla tratta del mar Egeo – freddo e in continua tempesta in queste prime settimane d’autunno – coinvolta dai viaggi della speranza tra la Turchia e le isole greche come Lesvos, Samos e Klymnos, sono devastanti. Qualche giorno fa due bambini di sette e due anni, l’altro ieri un bimbo di sette anni, stanotte una bambina di cinque anni. Assieme a loro, decine di adulti, come gli almeno 30 dispersi del naufragio di questa notte al largo di Lesvos. Naufragio tremendo, nel quale la Guardia costiera greca ha recuperato 242 profughi tra cui donne e bambini in ipotermia, assistiti ancora prima che dalla guardia costiera, dai volontari che in queste ore sono sulle spiagge greche, sotto le intemperie assieme ai profughi: come Nawal Soufi, 28enne catanese originaria del Marocco, nota per essere uno degli “angeli dei profughi” (come gli eritrei Mussie Zerai e Alganesh Fessaha, e altri) che assistono direttamente i migranti in pericolo anche grazie all’uso del telefono satellitare per ricevere i SOS dal mare e trasmetterli alle Guardie costiere competenti.

Soufi ha raccontato sulla sua pagina informativa di facebook quanto accaduto in un altro naufragio poco distante – fortunatamente andato a buon fine per le persone in mare – e gli sforzi che lei e gli altri volontari stanno compiendo: Durante la notte ha lanciato un SOS un'imbarcazione con a bordo circa 50 Siriani. Abbiamo lanciato il SOS alla Guardia Costiera e ho visto che stavano arrivando verso la città di Mytilíni (Isola di Lesbo). Siamo andati verso la costa nella speranza di poter essere presenti al momento dello sbarco, per poter essere di aiuto. Qui abbiamo visto un gommone che stava arrivando. Il gommone era senza motore ed era completamente in balia delle onde. Addirittura stava per urtare un mercantile fermo.
Siamo rimasti sulla costa insieme al gruppo di ragazzi che mi sta aiutando, si tratta di quattro persone. Siamo scesi sulla costa e, insieme a due pescatori che stavano arrivando, abbiamo improvvisato in qualche modo una sorta di "catena umana" per poter prendere le persone a bordo del gommone, nel momento in cui stavano andando a sbattere contro la costa. La costa di cui parliamo è una scogliera. E gli scogli erano pure alti. E quando hanno colpito, si è bucato il gommone, in modo che tutta la gente che si trovava a bordo, si è ritrovata tutta in acqua. Fra gli altri, c'era un bebè di circa un mese e mezzo. In tutto c'erano a bordo 13 bambini. Abbiamo preso tutti i bambini, li abbiamo fatti entrare nell'auto che abbiamo noleggiato, li abbiamo fatti riscaldare. Quindi li abbiamo portati subito dentro il Cara, ovvero una sorta di Centro di Prima Accoglienza. Ho trovato due ragazze della Croce Rossa che ho supplicato di darmi una mano a trasportare tutte le persone a bordo del loro mezzo perché erano tutti bagnatissimi e stavano realmente morendo di freddo. Io ho solo un'auto, per questo mi sono rivolta a loro nella speranza che aiutassero nell'operazione di trasbordo. Tuttavia le ragazze hanno rifiutato, adducendo come ragione che non possono prendere a bordo solo le persone in possesso di Card, ovvero il documento che attesta che le persone sono già state identificate in Grecia. Quindi io davanti alla Polizia sono ritornata indietro, ho ripreso 8 persone davanti alla Polizia, che non ha preso a bordo nessuna persona, e quindi sono ritornata verso la costa. E li ho accompagnati. C'erano delle persone che avevano acceso dei fuochi sulla costa perché la temperatura di notte era molto rigida. Queste persone con il fuoco hanno fatto il possibile per riscaldare i bambini, mentre io continuavo a fare la spola fra la costa e il centro. Fra gli altri c'erano anche tre anziani
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Un racconto a tinte forti dove emerge la difficoltà, una volta recuperati i superstiti, di garantire loro condizioni adeguate dato il freddo pungente e i rischi di ipotermia nel viaggio dalla riva al centro di accoglienza più vicino. Perché, soprattutto a nord dell’isola di Lesvos, dove avviene buona parte degli sbarchi, si faticano a vedere le autorità competenti, ovvero Polizia greca o Unhcr, Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati – presente sull’isola da tempo – ad accoglierli? “E’ una situazione più che drammatica, siamo noi stessi devastati da queste continue tragedie. Devono essere attivate vie legali in modo massiccio e con esse comunque rafforzate le operazioni di pattugliamento e salvataggio. Non si può perdere un minuto di più”, ci risponde Carlotta Sami, portavoce Unchr per il Sud Europa. “Da mesi abbiamo aiutato nel noleggio e nella manutenzione di sei pullma la Polizia greca per andare a recuperare direttamente le persone sbarcate. E’ responsabilità loro farli partire, ma sono a corto di personale, così come la Guardia costiera, le cui navi non sono equiparabili a quelle in dotazione all'Italia. Per quanto riguarda i Centri di registrazione, ne sono stati aperti due a nord, più vicino possibile alla zona degli arrivi, ma i numeri alti degli sbarchi e ancora una volta la cronica difficoltà di organico della Grecia rappresentano un grave problema". Domenica scorsa la Ue ha garantito nuovi fondi sia all'Unhcr che al governo di Atene, per ora solo stanziati e non assegnati.

L’Alto commissariato ha emesso proprio pochi minuti fa un comunicato urgente sul dramma continuo in atto nell’Egeo: “Almeno 15 persone sono morte, fra cui diversi bambini, e altre 38 risultano disperse in seguito a cinque diversi incidenti che hanno coinvolto imbarcazioni sulle quali i trafficanti trasportano centinaia di rifugiati e migranti attraverso il canale, sferzato dal vento, che separa la Turchia dalle isole greche. Nell’incidente più grave, un’imbarcazione di legno che, secondo i superstiti, trasportava almeno 300 persone è affondata con vento di burrasca al largo della costa nord dell'isola di Lesbo mercoledì sera. La Guardia Costiera greca ha riferito di aver salvato 242 persone dall’imbarcazione in avaria e le autorità hanno confermato sette morti. Le autorità greche e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati stanno tentando di compilare una lista dei sopravvissuti e dei dispersi per cercare di rintracciare i genitori di alcuni bambini ricoverati in ospedale. A mezzogiorno, alcune delle 38 persone scomparse erano state identificate, oltre a quattro dispersi in altri incidenti avvenuti mercoledì. Almeno 15 bambini di età compresa fra i tre mesi e i dieci anni sono stati ricoverati presso gli ospedali dell'isola in condizioni di grave ipotermia. Tre di loro – due bambine di due anni e un bimbo di tre mesi – sono stati trasportati ad un ospedale pediatrico ad Atene. Le due bambine di due anni sono rimaste in terapia intensiva questa mattina, mentre il bambino si trova nel reparto pediatrico. La ricerca di superstiti del naufragio continua, ma a mezzogiorno non erano stati trovati altri sopravvissuti. Questo naufragio, uno dei cinque gravi incidenti verificatesi mercoledì, rende necessari nuovi appelli di aiuto nel Mar Egeo orientale”.

"Sono settimane che lanciamo l’allarme su una situazione già pessima e che rischiava di peggiorare se i rifugiati e i migranti disperati continuano ad essere costretti a ricorrere ai trafficanti che li mettono in mare nonostante il peggioramento delle condizioni metereologiche", ha detto Alessandra Morelli, Senior Operations Coordinator dell’UNHCR per la Grecia. "Le nostre paure ora si stanno materializzando. Ora quasi ogni giorno vediamo bambini, genitori, anziani e giovani morire nel tentativo di raggiungere l'Europa. Con le condizioni atmosferiche in peggioramento “c'è urgente bisogno di rafforzare la capacità di ricerca e soccorso in mare in questa zona, dove quest'anno greci, turchi ed imbarcazioni di altri paesi europei hanno già salvato decine di migliaia di persone. Solo mercoledì sono state salvate almeno 630 persone in acque greche. In una riunione degli Stati interessati dal flusso di rifugiati e migranti che attraversa la Grecia ed i Balcani occidentali, svoltasi domenica scorsa, è stato chiesto il rafforzamento della missione congiunta Poseidon nell’Egeo orientale ed in particolare la presenza di Frontex, l'agenzia europea per le frontiere esterne. L'Unhcr ha accolto con favore la necessità di salvare più vite”.

Morelli ha anche ribadito come l'Unhcr abbia costantemente sollecitato i governi ad incrementare le vie legali che permettano ai rifugiati di raggiungere l'Europa. Queste contribuirebbero a ridurre il numero di persone costrette a ricorrere a contrabbandieri e trafficanti. Questi canali legali potrebbero includere maggiori casi di reinsediamento, programmi di ricongiungimento familiare ampliati, programmi di sponsorizzazione privati e politiche più flessibili per quanto riguarda il rilascio di visti per motivi di studio e di lavoro. “Dal 1° gennaio, sono circa 570mila le persone giunte sulle isole greche dalla Turchia. La maggior parte di loro sono arrivate su piccoli gommoni in cui i trafficanti arrivano a stipare fino a 50 o più persone a un costo compreso tra i 1.100 e i 1.400 euro a persona. Nelle ultime settimane, però, secondo quanto riferito dai rifugiati, i trafficanti starebbero offrendo ‘sconti’ fino al 50 per cento per imbarcarsi sui gommoni in caso di maltempo. Allo stesso tempo, si sta registrando un significativo aumento di operazioni di soccorso e di perdita di vite umane. Quest’anno almeno 202 persone sono morte o scomparse nelle acque greche – 102 solo in questo mese. Le autorità turche hanno riferito di almeno 159 morti e dispersi nelle loro acque dall’inizio dell’anno. I rifugiati appena arrivati riferiscono che, con il costante deteriorarsi delle condizioni metereologiche, i trafficanti in Turchia sono ora alla ricerca di imbarcazioni più grandi, come quella che è affondata mercoledì, e sulle quali possono trasportare centinaia di persone con un ricavo che varia fra i 1.800 ed i 2.500 euro a passeggero”.

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