Mondo
Anche Sea-Watch nel limbo: 41 naufraghi bloccati in mare
Da ieri 41 persone salvate dalla marina americana aspettano di essere portate in un “posto sicuro”. Su richiesta degli americani, Sea-Watch, unica nave umanitaria rimasta in zona SAR, è disponibile al trasbordo dei naufraghi ma ha chiesto a Roma l’assegnazione di un porto e non ha ancora ottenuto risposta
Si profila un nuovo limbo diplomatico nel mezzo del Mediterraneo. Da ieri 41 persone salvate da un naufragio aspettano di essere portate in un “posto sicuro”, come previsto dal diritto del mare. Il soccorso è stato effettuato nella zona di Seach and Rescue tra Italia e Libia dalla Marina Statunitense, che ha inoltre estratto dall’acqua i corpi di 12 persone annegate.
L’intenzione degli americani è di trasferire i sopravvissuti sulla Sea-Watch 3, l’imbarcazione dell’Ong tedesca che in questo momento è rimasta l’unica ad effettuare attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.
La nave umanitaria ha dato disponibilità al trasbordo, “a condizione dell'assegnazione di un porto sicuro ragionevolmente vicino”
Sea-Watch ha riportato che anche la nave americana ha chiesto all’MRCC “l’assegnazione di un porto a Sea-Watch per effettuare un trasbordo”.
Nessuna indicazione è però ancora arrivata e sulle due navi si continua ad aspettare. Bloccati nel mezzo i sopravvissuti, provatissimi e traumatizzati.
«È inaccettabile che delle persone che sono state letteralmente tirate fuori dall’acqua, che hanno visto i propri amici annegare, non abbiano ancora un luogo sicuro», ha dichiarato Johannes Bayer, a capo della missione umanitaria. «Chiediamo che i governi europei trovino una soluzione veloce a questa tragedia». La Sea-Watch 3 sta continuando a fare attività di monitoraggio nel Mediterraneo, in prossimità della nave americana, verificando inoltre se, nel naufragio di ieri, ci siano state altre vittime o sopravvissuti.
«Siamo disponibili ad assumere la responsabilità delle persone salvate ieri, ma vogliamo avere indicazioni precise, prima di abbandonare la zona SAR», spiega al telefono Ruben Neugebauer, portavoce dell’Ong. «Siamo l’unica imbarcazione rimasta in questo momento a fare attività di monitoraggio e soccorso. Se anche noi ce ne andiamo, la zona rimarrebbe scoperta». Neugebauer ha poi aggiunto: «Le responsabilità devono essere condivise tra i diversi Stati Europei, ma Salvini non può fare questo gioco politico sulla pelle delle persone. Sappiamo che l’Italia è sotto pressione, ma lo sono anche le poche organizzazioni rimaste ad operare un mare, eppure continuiamo ad andare avanti, a fare il nostro dovere: salvare delle vite».
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