Cultura
«Anche noi musulmani siamo responsabili»
Così il portavoce della comunità islamica di Brescia commenta l'esito del referendum svizzero
Per il portavoce delle comunità islamica di Brescia, Mujahed Icham, di origine palestinese e in Italia da 17 anni, l’esito del referendum svizzero non è un voto ideologico, ma il frutto della paura. E anche i musulmani sono responsabili. Ecco perchè
Si aspettava questo esito?
«No. Non me l’aspettavo. E nessuno della comunità se l’aspettava. In fondo i pronostici davano un risultato diverso»
Questo referendum è stato più una sorta di protezione del paesaggio o una guerra preventiva ai luoghi di culto musulmani?
«Dico solo che non considero questo referendum come un’aggressione verso i musulmani. Però leggo questo esito come un voto di paura. Non un voto ideologico. E’ un voto di paura e tutti noi siamo responsabili»
Come mai?
«I musulmani dovevano fare di più per avvicinarsi alla società civile. Infondo la gente assume per vero tutto quello che sente nei mezzi di comunicazione. Purtroppo tante volte le notizie sull’Islam non sono attendibili. Non per cattiveria, ma vuoi per mancanza di una appropriata formazione culturale, vuoi per i pregiudizi, ma alla fine nei media non passa un’informazione corretta sul mondo islamico. Comunque vorrei far notare che quasi metà di quelli che sono andati a votare, nonostante tutti i pregiudizi, le problematiche sull’Islam, non ha votato contro i minareti. Il paese è diviso. E questo significa che il no dopo tutto era di natura ideologica. Secondo me c’è tanta confusione, e questo è abbastanza positivo»
Positivo in che senso?
«Perché ora c’è la necessità e la possibilità di assumerci le nostre responsabilità per lavorare a favore del dialogo tra le civiltà e bocciare la tesi dello scontro. Poi, c’è un altro aspetto che mi preme sottolineare. La posizione della Chiesa e del Vaticano non è stata ben capita nel mondo musulmano. Invito la stampa musulmana a non far passare questo referendum come un segnale di scontro tra Cristiani e Musulmani. Il Vaticano e la Chiesa svizzera sono preoccupati per l’esito del referendum. Erano contrari prima e sono preoccupati adesso. Non voglio che il mondo islamico interpreti questo referendum come un’aggressione contro i musulmani da parte dei cristiani perché non è così»
I media arabi hanno fatto passare questa tesi?
«Sì, che il mondo cristiano è contro il mondo musulmano. Invito tutti a fare la loro parte. Il mondo musulmano deve leggere questo referendum in modo corretto e dimostrare all’Europa che il futuro non sarà così nero. Se ci mettiamo a lavorare con spirito di buon senso potremmo arrivare a una vita molto serena. Se noi facciamo il nostro dovere, se continuiamo a lavorare per la buona convivenza tra le civiltà, pèrchè questo è il vero messaggio dell’Islam, secondo me vincerà la convivenza pacifica»
Prevede a livello politico un effetto contagio?
«Sì, temo che altri governi europei ne approfittano per limitare i diritti dei musulmani in Europa»
In Svizzera, prima del referendum, le comunità musulmane hanno fatto un lavoro di comunicazione e di sensibilizzazione per non far vincere il no ?
«No, perché neppure loro si aspettavano questo risultato. E’ vero però che in Europa manca la cultura della società civile musulmana organizzata. In Europa, l’Islam è rappresentato solo dalle moschee. E questo è sbagliato. Dobbiamo anche stare vicino al cittadino non musulmano, dobbiamo convivere, integrarci di più, incontrare più giovani. L’immagine dell’Islam è riferita ai comportamenti dei musulmani che si comportano in modi che neppure l’Islam accetta. Invito gli occidentali a non confondere l’Islam con il comportamento non islamico di certi musulmani»
E’ diversa la situazione dei musulmani in Svizzera rispetto a quella dei musulmani in Italia?
«Sono condizioni diverse perché in Svizzera l’immigrazione è molto più vecchia. In passato non ci sono mai stati problemi. I musulmani in Svizzera sono ben integrati. Poi la Svizzera è un paese neutro, non è mai entrata in guerra. Quello che mi chiedo è perché, nonostante le condizioni siano positive, noi musulmani trasmettiamo questa paura. Dobbiamo riflettere tra di noi per capire perché la gente ha paura di noi»
Qualche risposta se l’è data?
«I mass media ci massacrano. A volte volontariamente a volte per mancanza di preparazione. Ma ripeto, siamo noi che dobbiamo partire da questo referendum per assicurare l’occidente che l’Islam non vuole lo scontro ma solo vivere in pace. L’accoglienza fa parte della tradizione musulmana. Non abbiamo mai avuto paura delle altre religioni. E non dobbiamo averne in futuro. Quando una persona ha fiducia nel proprio credo, non avrà mai paura delle altre religioni. A me fanno ridere quelli che in occidente alimentano la paura contro l’Islam. Forse manca una definizione dell’identità dell’occidente. Ma poi, come fa una maggioranza religiosa aver paura di una minoranza come quella islamica che in Europa è più meno al 5%? Dov’è la tua forza? Allora significa che tu ti senti debole, ti senti vuoto. Poi, come si fa a temere una minoranza che vuol essere parte integrante della società civile? Guardi, vuole che le dia degli esempi di parametri di integrazione?
Sì, dica…
«Quando sono Milano, mi chiamano il bresciano per via del mio accento. E sono i musulmani a chiamarmi così. Tra di noi non ci definiamo musulmani, ma bresciani o milanesi»
Qual è il commento sui giornali che ha trovato particolarmente scorretto?
«Sinceramente non ho letto brutti commenti»
Avete in mente di fare sinergia e lavorare con altre comunità e associazioni di musulmani?
«Credo che questo sia un processo naturale. La comunità islamica sta crescendo non come numero ma come qualità. La seconda generazione, almeno la maggior parte di essa, è già nelle università. Sono loro che hanno capito bene la cultura di questo paese. E’ una comunità islamica che ha assorbito la cultura italiana, la mentalità dell’occidente. Sono loro che sono in grado di dimostrare che non c’è un contrasto tra la cultura italiana e la religione musulmana»
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