Cultura

Anche noi con il Papa digiuniamo per loro

In Corea del Nord si muore, ma il regime comunista continua a ostacolare ong e agenzie Onu. E il Pam minaccia: «Se entro trenta giorni non ci avranno lasciato distribuire gli aiuti, ci ritireremo»

di Cristina Giudici

È difficile aiutare qualcuno di cui non si conosce il volto», dice Shim Yai Hoon, corrispondente da Seul della ?Far Eastern Economic Review? da Seul. Il muro che separa le due Coree tiene lontane dal ricco sud anche le notizie della tragedia che si sta consumando nel nord allo stremo. «Sappiamo che lassù da cinque anni i raccolti vanno male, che alluvioni e catastrofi naturali hanno danneggiato intere zone del paese, che l?economia socialista e assistenzialista ha esaurito le sue riserve», dice Shim Yai Hoon. «Lo sappiamo perché le agenzie internazionali dell?Onu ce lo dicono, ma nessuno sa veramente cosa stia accadendo: la Corea del nord è circondata da un muro sterminato e invisibile». Quei volti dietro a un vetro Più che un muro, quello che separa la comunistissima Corea del nord dal resto del mondo è un vetro dietro il quale i volti si intravvedono appena: sono quelli di un popolo stremato dalla miseria. Nelle campagne la gente muore di fame, si ciba di erbe selvatiche, gli anziani sono diventati una rarità e i giovani sono ridotti a un mucchio di pelle raggrinzita; gli ospedali sono zeppi di persone che hanno contratto infezioni intestinali e le campagne sono pervase da un silenzio spetttrale perché non ci sono più uccelli né bestie da soma. Chi ce lo racconta è un testimone molto attendibile, Trevor Rowe, responsabile delle relazioni esterne del Pam, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. Rowe è appena rientrato dalla Corea del nord: «Ci sono molte contee dove noi del Pam non abbiamo ancora avuto accesso perché il governo le considera zone ?militarmente sensibili?. Perciò ci siamo dati un termine di trenta giorni oltre il quale, se il governo non ci permetterà di distribuire gli aiuti, ci ritireremo dal Paese. Ci troviamo fra l?incudine e il martello: da una parte la diffidenza del governo, dall?altra le garanzie che dobbiamo dare ai Paesi donatori. Anche se siamo molto preoccupati per le sorti della popolazione: il governo ha annunciato che le riserve di cibo si esauriranno entro il prossimo raccolto di ottobre. Noi vorremmo portare 658 mila tonnellate di cibo per nutrire i bambini da zero a 12 anni (circa 5 milioni), ma gli aiuti dei Paesi donatori arrivano con molto ritardo e abbiamo raccolto aiuti equivalenti solo a 243 mila tonnellate di cibo». Si parla di due milioni di vittime della carestia ma nessuno può avere alcuna certezza matematica, in un Paese come la Corea del Nord che rifiuta di ?lasciarsi misurare?. Quella stima è stata fatta da certi monaci buddisti cinesi che vivono al confine con la Corea del Nord. Lungo i 1600 chilometri di confine, dove le pattuglie cinesi si esercitano nella caccia all?uomo per impedire un?esodo massiccio di nordcoreani, i monaci hanno condotto un?indagine sui profughi che sono riusciti a nascondere: la loro previsione è che quest?anno moriranno altre due milioni di persone se la comunità internazionale non interverrà velocemente. «Il governo non vuole varare l?indispensabile riforma agricola», spiega Rowe. «Cercherà di ovviare alla crisi con nuovi fertilizzanti, ma da quando sono cessati gli aiuti sovietici la decadenza deldel paese pare irreversibile». Marco Pezzoni, deputato del Pds, nel dicembre scorso si è recato nella Corea del nord con una delegazione parlamentare. Lui le immagini che ha scorso dietro il vetro le spiega così: «La Corea del Nord mi è parso un Paese surreale, chiuso in se stesso, dove le comunicazioni aeree sono ridotte a due voli settimanali Pyongyang-Pechino e la televisione funziona solo due ore al giorno, dando pochissime informazioni. È una società composta da miriadi di cellule separate le une dalle altre, sottoposte a un forte controllo sociale». Un Paese ora costretto ad aprire le porte al mondo a causa della crisi, ma che non sembra tuttavia disposto al dialogo. Le poche ong europee presenti sono costrette a svolgere il ruolo di vigili sui pacchi di aiuti inviati (il Cesvi chiede una ricevuta per ogni scatolone consegnato), ma non possono intervenire in nessun modo sulla struttura sanitaria e produttiva, non riescono a superare il grado della mera assistenza. A stomaco vuoto per un giorno In Italia comunque la battaglia continua: la campagna pro Nord Corea lanciata da ?Vita? e dal Cesvi nell?agosto scorso conta ora su un grande alleato: il Papa, che domenica 19, aprendo il Sinodo sull?Asia, ha richiamato l?attenzione sul dramma dei nordcoreani, «stremati dalla fame e dagli stenti». Il 25 aprile il Papa stesso digiunerà per testimoniare la sua solidarietà con la popolazione colpita dalla carestia. Il suo gesto sarà seguito dal cardinale di Seul Stephen Kim, da Jimmy Carter e dal maestro buddista Song Wolju, ma anche dalle molte personalità italiane che in questi mesi ci hanno sostenuto. Domenica salteranno il pasto, devolvendo il corrispettivo al fondo per la Corea del Cesvi. E intanto l?ong bergamasca continua la distribuzione di medicinali indispensabili e integratori alimentari in 700 ospedali e presidi sanitari della provincia di Houngue e Kaesong.


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