Non profit
anche le associazioni si preoccupano per il “dopo di noi”
Emmaus Foundation Trust
di Redazione
Dall’amicizia tra un avvocato e un missionario è nato un trust in nome della continuità. Padre Giovanni Scalabrini, detto John, è un missionario ex comboniano che ha deciso di lasciare la congregazione per essere incardinato nella diocesi in Kampala, in Uganda. Da 45 anni in Africa, ha messo in piedi un complesso scolastico per più di 2.200 studenti, una clinica e altre strutture, per un investimento di oltre 10 milioni di euro, grazie ai benefattori italiani.
Ormai settantenne, ha cominciato a preoccuparsi della continuità dell’opera. E qui entra in gioco l’avvocato Riccardo Rossotto, dello Studio Rossotto&Partners, come racconta Roberto Randazzo, che per lo studio si occupa di non profit: «Riccardo aveva un cliente che voleva donare a padre John 200mila euro, ma voleva la certezza che i soldi arrivassero. Così lo accompagnò in Uganda e conobbe il padre», e con lui le sue preoccupazioni, cui si accorse di poter rispondere.
Nasce così l’Emmaus Foundation Trust, esempio innovativo di strumento giuridico per tutelare i beneficiari e i benefattori di fondazioni ed enti non profit, operativo dall’11 giugno scorso. Il trust è un veicolo giuridico diffuso nei Paesi anglosassoni ma innovativo per noi: l’Emmaus Foundation Trust è infatti il primo costituito a scopo benefico con soldi italiani. Vi partecipano, oltre alla Emmaus Foundation, l’Associazione Italia Uganda onlus, che ne è il fundraiser italiano, e il Benedict Medical Center, ospedale creato dalla fondazione. Il funzionamento è semplice: i tre soggetti lo costituiscono, gli trasferiscono i beni e nominano dei trustee (gestori), dopo aver definito linee guida per l’utilizzo dei capitali. Al di sopra dei trustee opera un protector (controllore) che in questo caso è il governo ugandese. «Il trust assicura che le erogazioni dall’Italia siano realmente destinate a quel progetto», spiega Randazzo. «Inoltre garantisce una continuità di azione che va oltre la vita delle persone fisiche e vincola il patrimonio sullo scopo». Quindi oggi qualsiasi donazione all’associazione è trasferita al trust, e deve essere spesa in favore dei progetti.
Di fondamentale importanza è il controllo da parte del governo ugandese, che ha tutto l’interesse che quei fondi vengano utilizzati per creare benessere e formazione. «Nel caso di scioglimento del trust a causa di eventi esterni traumatici», conclude Randazzo, «i beni saranno distribuiti alle diocesi di Kampala e Gulu». Insomma, una macchina giuridica perfetta: «Rossotto ha risolto il problema della successione», osserva Fabio Salvatore, presidente dell’Associazione Italia-Uganda, «e della sicurezza dei donatori. Il tutto completamente gratis».
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