Lo dico da docente di economia aziendale: il calcolo dei “costi generali” come criterio per valutare la bontà di una non profit è un errore. Ci è stato insegnato a pensare ai costi generali come a un nemico delle buone cause che ci stanno a cuore, una forza demoniaca; in realtà, essi sono strettamente legati alla causa.
Quando chiediamo quale percentuale della donazione andrà alla causa, chiediamo informazioni sui costi generali e pensiamo a qualcosa di diverso dalla causa, che ha poco valore, o non ne ha affatto, rispetto ad essa. Creiamo una linea di demarcazione tra un tipo di costo e l’altro, che sono entrambi necessari alla causa (anche se ci è sempre stato detto il contrario!). Non solo quelli che chiamiamo costi generali non hanno una connotazione negativa, ma non è vero che si tratta di denaro che non va alla causa; questa distinzione è una distorsione della realtà.
Il 100% del denaro che doniamo va alle non profit, a meno che non siamo vittime dell’incapacità di una non profit o di un comportamento fraudolento; in quest’ultimo caso, chiedere quale percentuale della donazione va alla causa non ha alcuna utilità, poiché ovviamente i dati non saranno registrati in modo trasparente. Inoltre, le non profit incapaci di svolgere il proprio lavoro sono incapaci anche di riportare i dati relativi alle donazioni. Tuttavia, se non si verifica nessuna di queste due circostanze anomale, dobbiamo ritenere che ogni euro che doniamo sia utilizzato in buona fede per realizzare degli obiettivi benefici, visto che è quello lo scopo delle aziende non profit.
Questa affermazione è molto audace, certo, ma mai quanto quello che ci è stato insegnato, ossia che né lo stipendio di una receptionist né la receptionist stessa che lavora nell’azienda non profit alla quale facciamo una donazione hanno a che fare con la causa. L’operatrice è catalogata come facente parte dei “costi generali”; la sua esistenza riduce il punteggio relativo all’efficienza che i comitati di controllo assegnano alla non profit e di conseguenza riduce anche la nostra fiducia nell’organizzazione. Perché allora non diciamo al medico dell’Airc che fa ricerca sul cancro che da ora in poi deve correre verso la reception per rispondere a 50 telefonate al giorno? Non si potrà certo dire che il medico non rientra nella causa, e così questa ipocrisia dei costi generali sarà finalmente risolta!
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.