Welfare

Anche i minori non accompagnati hanno diritto all’affido in famiglia

Ai minori stranieri non accompagnati spesso nemmeno si prospetta l'ipotesi dell’affido: si dà per scontato che è impossibile. Il progetto Ohana invece ha avviato 51 affidi di MSNA in un anno e mezzo. «Ora si passi dall’eccezione al diritto», dice Liviana Marelli del CNCA. Un convegno a Milano il 15 dicembre presenta i risultati raggiunti e le linee metodologiche per replicare l'esperienza

di Sara De Carli

Ai minori stranieri non accompagnati spesso nemmeno si parla dell’affido: «Lo si fa per non creargli illusioni, perché tanto si sa che non succede», racconta Barbara Bussotti, un’operatrice di Ohana Lazio. «Questo progetto invece ha dimostrato che si può fare e ci chiama tutti a lavorare affinché l’affido sia un’opportunità concreta per ogni ragazzo, perché si passi dall’eccezione al diritto».

“Ohana-Famiglia vuol dire che nessuno è solo” è un progetto per favorire l’affido di minorenni migranti soli, il cui risultati saranno presentati il 15 dicembre a Milano. Il convegno si terrà al Teatro LaCucina (Via Ippocrate 45, metro Affori FN), con iscrizioni a questo link. Interverranno famiglie affidatarie, operatori del progetto Ohana, assistenti sociali del servizio pubblico, tutori volontari insieme a rappresentanti di Anci, del Ministero dell'Interno e alla dottoresa Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i minorenni di Milano.

Realizzato dal CNCA e finanziato dal fondo Fami, Ohana è partito nel giugno 2021 sulla base dell’esperienza maturata con Terreferme: ha visto 22 partner lavorare in sette regioni – Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e Sicilia – e giunge a conclusione con 51 affidi realizzati contro i 35 previsti (di cui 28 realizzati e 23 in avvio) e l’elaborazione di Linee metodologiche per l’affido dei minorenni migranti soli.

Il primo elemento sorprendente è la disponibilità delle famiglie: «Coppie con figli grandi o senza, singoli, anche alcune coppie omogenitoriali: nei corsi abbiamo raccolto un’apertura e un desiderio di dare una mano che va ben al di là dell’emotività del momento», racconta Rita Ceraolo, di Ohana Lombardia. In Lombardia gli affidi partiti sono nove: sei riguardano ragazzini afghani giunti in Italia nell’agosto 2021 con l’Operazione Aquila Omnia, poi ci sono una ragazzina peruana di appena 11 anni, un egiziano, un bengalese. «Le difficoltà per gli affidatari sono tante: i problemi con i documenti, avere in casa l’odore di un cibo diverso, la fatica che i ragazzini fanno ad aprirsi, la loro diversa concezione di famiglia, il fatto di non comprendere sempre le aspettative delle famiglie d’origine che spingono i ragazzi a mandare a casa ogni singolo euro che guadagnano…», spiega Ceraolo. «I legami arrivano e restano anche quando l’affido termina, però ci vuole molto tempo per costruirli. Per questo è importante che le famiglie siano accompagnate: il valore aggiunto di Ohana sono gli operatori territoriali, sempre reperibili, che danno alle famiglie la certezza di essere dentro una rete».

In Lazio i ragazzi abbinati sono quattro: un egiziano neomaggiorenne che studia; un diciassettenne del Niger, che in comunità aveva più volte espresso il desiderio di qualcuno che si dedicasse soltanto a lui; due fratelli della Guinea di 11 e 16 anni, che si trasferiranno in famiglia al termine dell’anno scolastico. «Degli affidatari mi colpisce l’impegno caparbio per risolvere i problemi di questi ragazzi, l’ostinazione a bussare per trovare risposte. Un tema cruciale, da sviluppare di più, è invece quello dei rapporti con le famiglie d’origine», ribadisce Bussotti.


Nell’ottica della replicabilità, due sono gli insegnamenti di Ohana: «Innanzitutto la complementarietà fra l’ente pubblico e il Terzo settore. La famiglia affidataria – chiunque sia il minore accolto – non può essere lasciata sola, ha bisogno di un ascolto prossimo e competente: il supporto deve essere strutturato, non legato a un progetto, e l’ente pubblico non riesce a garantire reperibilità e prossimità», spiega Liviana Marelli, responsabile dell’area minori del CNCA. Il secondo lascito riguarda i tempi per la valutazione degli affidatari e dei minori: «A volte gli affidi non partono perché l’ente pubblico per carenza di risorse e sovraccarico non riesce a fare la valutazione in tempi brevi, non perché non ci siano famiglie disponibili. Una strada possibile è quella dell’accreditamento del Terzo settore, strada che per ora è solo lombarda».

Le Linee metodologiche per l’affido dei minorenni migranti soli, che verranno presentate nel convegno conclusivo, danno 14 raccomandazioni e tra i nodi che affrontano c’è anche quello relativo a cosa impedisca oggi una compiuta diffusione dell’affido familiare dei minorenni migranti soli. «Tali criticità attengono sia alle risorse, economiche e professionali, oggi disponibili nel sistema complessivamente legato ai processi di affido ed alla continuità nel loro utilizzo, sia alla eccessiva personalizzazione della fluidità dei rapporti interistituzionali sia infine anche alla dimensione temporale troppo ristretta dei finanziamenti dedicati», è la sintesi. Uscire dalla fase di sperimentazione oggi, è un obiettivo improrogabile.

In copertina, un affido realizzato da Ohana in Lazio. Nell'articolo invece un affido avviato in Sicilia.

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