Famiglia

Amsterdam? E’ una nuova rupe Tarpea

E' padre di un bambino con la spina bifida. Ha scritto a Repubblica per spiegare che si può essere felici anche così...

di Benedetta Verrini

Ha scoperto leggendo il giornale che suo figlio si trovava nel ?target? fissato da una clinica olandese per l?eutanasia. Ed è rimasto allibito, schifato, Luigi Vittorio Berliri. E così ha preso carta e penna e ha scritto a Repubblica, mettendo giù una lettera intensa e vibrante: «Avete mai visto un bambino con la spina bifida? Io sì. è mio figlio ed è bellissimo, vivace e intelligente. Ha due occhi neri neri. Dorme tenerissimo con la sua schiena appoggiata alla mia. è un bimbo come tutti gli altri. Va a scuola, ha degli amici che lo cercano per giocare assieme. Quel medico pensa che bambini così non meritino di vivere. Io penso il contrario». Vita: Come si spiega l?idea di dare la ?dolce morte? ai minori in Olanda? Berliri: Sono profondamente allarmato. Mi pare che dietro alla sbandierata ?libertà di scelta? che giustifica queste iniziative ci stia il suo annientamento. Io non voglio giudicare i casi singoli, non mi permetto di disquisire sulla scelta di un genitore disperato, di un marito che stacca la spina al respiratore della moglie. Ma nel caso della clinica olandese succede che qualcun altro si permette di decidere cos?è vita e cosa no. E lo fa sulla base di un protocollo, standardizza le malattie ?passibili? di eutanasia. Vita: In mezzo a queste c?è anche quella di suo figlio, nato affetto da spina bifida. Berliri: Sì. Mi vengono i brividi e di nuovo domando: ma chi può decidere quanto è disperata la situazione di una persona? Vita: Riguardo a questo, lei ha provocatoriamente scritto: «Chiedetevi chi soffre davvero». Berliri: Eh, sì. Sono davvero i malati, i disabili che soffrono insopportabilmente, o siamo noi sani che non tolleriamo più di vedere la malattia e la diversità? Nella scelta della clinica olandese io vedo l?istituzionalizzazione della morte. Vedo i romani, che buttavano i bambini deformi giù dalla rupe Tarpea, vedo il protocollo di Hitler sulla perfezione della razza. La diversità mette in crisi la società moderna, la terrorizza. Anche in Italia si sta diffondendo una mentalità che non lascia spazio all?imperfezione. Dobbiamo essere perfetti, produttivi, dobbiamo poter decidere se far nascere o no, come vivere e come morire. Vita: Ma c?è anche chi va fa come lei. Il suo bambino lo ha adottato quando aveva poco più di un anno. Come è andata? Berliri: Mia moglie ed io avevamo già una bambina, e quasi per caso abbiamo deciso di frequentare un corso di formazione organizzato dal Comune sull?accoglienza familiare. Dopo qualche tempo, i servizi ci hanno segnalato la vicenda di un bambino che era stato lasciato all?ospedale alla nascita, con qualche problema di salute. Lo abbiamo incontrato all?ospedale, dove gli avevano fatto un intervento per correggere un problema a un piedino. Era sdraiato nel suo lettino, ingessato, e ci ha puntato subito i suoi occhioni neri addosso. La nostra storia è stata come nel Piccolo principe, quando incontra la volpe: ogni giorno un passettino, una piccola consuetudine, un gesto d?affetto. Fino a quando per noi è diventato unico al mondo, e noi per lui. Vita: Il momento più bello? Berliri: Ci avevano detto che non avrebbe mai potuto camminare. Ma lui è uno tosto. A tre anni, all?asilo, seguiva gli altri gattonando. Poi gli abbiamo comprato un deambulatore, cui appoggiarsi per procedere in piedi. A un certo punto si è stancato e lo ha mollato, camminando per conto suo. è stata un?emozione grandiosa. Vita: Lei è molto attivo nel mondo del volontariato e del sociale. Berliri: Abbiamo creato due case appartamento per sei persone ciascuna. Si tratta di adulti, disabili gravi, orfani dalla nascita o senza una famiglia che potesse aiutarli. Non basta dire sì alla vita. Bisogna mettere le persone anche in condizione di viverla.


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