Cultura
Amore e Giustizia
"Deus caritas est", questo il titolo della prima enciclica di Papa Benedetto XVI. Svanito il marxismo, la dottrina sociale della Chiesa può dare risposte. Sintesi e testo integrale
di Redazione
Un’enciclica che parla dell’amore, quello di Dio per l’uomo e quello dell’uomo per il suo simile, ma anche un’enciclica dedicata al tema della giustizia e della necessita’ di realizzarla; quindi viene analizzato il ruolo che la Chiesa deve assumere rispetto allo Stato nell’attuazione di questo obiettivo.
Dall’eros all’agape, dall’amore verso se stessi a quello per l’altro; e poi dall’agape alla caritas cioe’ alla dimensione sociale e pubblica dell’amore cristiano; da qui la questione della giustizia, l’autonomia della Chiesa e quella dello Stato, i loro punti in comune e infine il ruolo delle organizzazioni caritative ecclesiali che non devono essere strumento ideologico o di partito.
E’ lungo questo percorso complesso che si va sviluppando il ragionamento del Pontefice nella sua prima enciclica, ‘Deus caritas est’, annunciata da tempo e ora finalmente resa pubblica. Questa mattina nel corso della conferenza stampa di presentazione del testo, Joaquin Navarro Valls, ha spiegato che il testo e’ stato elaborato dal Papa non in Valle d’Aosta ma durante il lungo soggiorno estivo a Castelgandolfo. Il documento di compone di 73 pagine, la prima parte s’intitola: ”L’unita’ dell’amore nella creazione e nella storia della salvezza”; la seconda: ”Caritas – l’esercizio dell’amore da parte della Chiesa quale comunita’ d’amore”. Il testo e’ racchiuso inoltre fra una introduzione e una conclusione, le ultime parole sono quelle di una preghiera rivolta a Maria. L’enciclica e’ stata firmata il 25 dicembre dal Papa.
Il Papa ha voluto riscoprire le radici essenziali dell’essere cristiano, il fondarsi della fede sull’amore. E in base a questa traccia ha descritto la capacita’ del cristianesimo di realizzare una sintesi fra carne e spirito, i due elementi essenziali di cui si compone l’essere umano. In tal modo Ratzinger ha messo in luce la forza fondante nella Chiesa anche del nostro tempo della parola amore cosi’ sciupata a maltrattata.
E’ la riscoperta di una fede che va vissuta non burocraticamente ma a partire da un itinerario spirituale che si concretizza nell’accettazione e nell’amore del prossimo. ”All’inizio dell’essere cristiano – scrive il Papa nell’introduzione – non c’e’ una decisione etica o una grande idea, bensi’ l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che da’ alla vita un nuovo orizzonte e con cio’ la direzione decisiva”.
Benedetto XVI ricorda come Gesu’ abbia unito il comandamento dell’amore di Dio con quello dell’amore per il prossimo, ”amerai il prossimo tuo come te stesso”. Nel contesto attuale, spiega il Pontefice, ”in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo e’ un messaggio di grande attualita’ e di significato molto concreto”.
”Per questo – prosegue – nella mia prima enciclica desidero parlare dell’amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri”. Eros diventa agape nel momento in cui uomo e donna si uniscono in matrimonio. Questo ultimo lungi dall’essere una limitazione dell’esperienza umana dell’amore, e’ invece la sua realizzazione piu’ alta.
In tal senso l’unione fra uomo e donna e’ la forma piu’ completa dell’amore e apre le porte a quell’idea di donare se’ all’altro che rappresenta la grande novita’ del cristianesimo rispetto alla storia e alle filosofie. ”All’immagine del Dio monoteistico corrisponde il matrimonio monogamico”. ”L’eros – scrive il Papa – e’ come radicato nella natura stessa dell’uomo; Adamo e’ in ricerca ‘e abbandona suo padre e sua madre’ per trovare la donna; solo nel loro insieme rappresentano l’interezza dell’umanita’, diventano una sola carne”. ”Non meno importante – aggiunge il Papa – e’ il secondo aspetto: in un orientamento fondato sulla creazione, l’eros rimanda l’uomo al matrimonio, a un legame caratterizzato da unicita’ e definitivita’; cosi’ e solo cosi’ si realizza la sua intima destinazione”.
Benedetto XVI denuncia pero’ nella sua enciclica anche il rischio forte che nel nostro tempo il corpo venga ridotto ad oggetto, a cosa, a merce. Una tendenza particolarmente forte nell’epoca contemporanea e alla quale la fede cristiana con la sua concezione dell’amore si oppone. ”Il modo di esaltare il corpo, a cui noi oggi assistiamo, e’ ingannevole”, afferma Ratzinger. Che quindi aggiunge: ”L’eros degradato a puro sesso diventa merce, una semplice cosa che si puo’ comprare e vendere, anzi l’uomo stesso diventa merce”.
Nella realta’, dice ancora Ratzinger, ”questo non e’ proprio il grande si’ dell’uomo al suo corpo. Al contrario ora egli considera la sessualita’ come la parte soltanto materiale di se’ da adoperare e sfruttare con calcolo”. ”In realta’ – afferma ancora il pontefice- ci troviamo di fronte a una degenerazione del corpo umano che non e’ piu’ integrato nel tutto della liberta’ della nostra esistenza, non e’ piu’ espressone viva della totalita’ del nostro essere, ma viene come respinto nel campo puramente biologico”.La Chiesa, spiega Ratzinger nella seconda parte dell’enciclica, non deve fare politica ma interagisce con lo Stato sul piano etico e della costruzione della giustizia. ”La Chiesa non puo’ e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la societa’ piu’ giusta possibile”.
Allo stesso tempo ”non puo’ e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia”. Il Papa riafferma quindi il principio della separazione fra sfera dello Stato e sfera religiosa, anche se, dice, esse in un punto ”si toccano”. Il giusto ordine della societa’ e dello Stato, spiega, ”e’ compito centrale della politica. Uno Stato che non fosse retto secondo giustizia si ridurrebbe ad una grande banda di ladri”.
In questo contesto la Chiesa rispetta l’autonomia della politica e dello Stato ma contribuisce a determinare gli orientamenti etici entro i quali si muove la societa’. ”La giustizia – afferma ancora il Pontefice – e’ lo scopo e quindi anche la misura intrinseca della politica. La politica e’ piu’ che una semplice tecnica per la definizione dei pubblici ordinamenti,: la sua origine e il suo scopo si trovano appunto nella giustizia, e questa e’ di natura etica”. ”In questo punto politica e fede – si legge nell’enciclica – si toccano”.
Se il sogno marxista di una rivoluzione mondiale come panacea di tutti i mali e’ svanito, rimane aperto il problema della globalizzaizone economica rispetto al quale la dottrina sociale della Chiesa costituisce ”un’indicazione fondamentale”.
Cosi’ Benedetto XVI tocca nell’enciclica i grandi temi del nostro tempo, e afferma quale debba essere il ruolo della dottrina sociale della Chiesa nell’epoca che si e’ aperta dopo la caduta del muro di Berlino. ”Il marxismo – afferma Ratzinger – aveva indicato nella rivoluzione mondiale e nella sua preparazione la panacea per la problematica sociale: attraverso la rivoluzione e la conseguente collettivizzazione dei mezzi di produzione – si asseriva in tale dottrina – doveva improvvisamente andare tutto in modo diverso e migliore. Questo sogno e’ svanito”.
”Nella situazione difficile nella quale oggi ci troviamo – afferma ancora il Pontefice – anche a causa della globalizzazione dell’economia, la dottrina sociale della Chiesa e’ diventata un’indicazione fondamentale, che propone orientamenti validi ben al di la’ dei confini di essa: questi orientamenti- di fronte al progredire dello sviluppo – devono essere affrontati nel dialogo con tutti coloro che si preoccupano seriamente dell’uomo e del suo mondo”.
Le grandi agenzie caritative ecclesiali devono restare lontane dalla politica, dai partiti e dall’ideologia.
La loro deve essere una forma di testimonianza cristiana che invera il comandamento dell’amore per il prossimo e promuove la fede in Dio. E’ questo il concetto che chiude idealmente il ragionamento dell’enciclica. ”L’attivita’ caritativa cristiana deve essere indipendente da partiti e ideologie”, afferma infatti il Papa. La carita’ promossa dalla Chiesa, si legge nel testo, ”non e’ un mezzo per cambiare il mondo in modo ideologico e non sta al servizio di strategie mondane, ma e’ attualizzazione qui ed ora dell’amore di cui l’uomo ha sempre bisogno”. E poco prima il Pontefice spiega: ”Quanti operano nelle istituzioni caritative della Chiesa devono distinguersi per il fatto che non si limitano ad eseguire in modo abile la cosa conveniente al momento, ma si dedicano all’altro con le attenzioni suggerite dal cuore, in modo che questi sperimenti la loro ricchezza di umanita”’.
Per questo afferma Benedetto XVI, non e’ necessaria solo un’alta professionalita’ ma anche ”e soprattutto la formazione del cuore”, in modo di portare la persona aiutata all’incontro con Dio.
– Online sul sito della Santa Sede;
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