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Amnesty: Report 2006, il prezzo del terrore

"I poveri e gli svantaggiati pagano il prezzo della guerra al Terrore". E' questa la principale accusa che l'organizzazione rivolge all'Occidente. Una scheda inchioda l'Italia

di Redazione

Il quadro del 2005 che emerge dal Rapporto Annuale di Amnesty International, presentato oggi contemporaneamente a Londra, Roma e in altre capitali, è quello di un anno pieno di contraddizioni, durante il quale segnali di speranza per i diritti umani sono stati indeboliti dagli inganni e dalle false promesse dei governi che hanno più voce in capitolo. L?agenda della sicurezza, promossa da chi ha potere e privilegio, ha sviato le energie e l?attenzione del mondo dalle gravi crisi dei diritti umani in corso. I governi, da soli e collettivamente, hanno paralizzato le istituzioni internazionali, dilapidato risorse pubbliche per perseguire obiettivi di sicurezza limitati e di corto respiro, sacrificato valori in nome della ?guerra al terrore? e chiuso gli occhi di fronte a violazioni dei diritti umani su scala massiccia. La conseguenza è che il mondo ha pagato un prezzo elevato, in termini di erosione dei principi fondamentali e di enormi danni arrecati alla vita e al benessere della gente comune. La discontinua attenzione e la flebile azione delle Nazioni Unite e dell?Unione Africana si sono dimostrate pateticamente inadeguate rispetto a quanto occorreva fare nel Darfur, la regione del Sudan in cui sono stati commessi crimini di guerra e crimini contro l?umanità ad opera di tutte le parti coinvolte in un conflitto che ha causato migliaia di morti e ha costretto alla fuga milioni di persone. Nel 2005, l?Iraq è affondato in un vortice di violenza settaria. È questa la dimostrazione che quando le grandi potenze sono troppo arroganti per rivedere e mutare le proprie strategie, il prezzo più alto viene pagato dai poveri e da chi non ha potere: in questo caso donne, uomini e bambini iracheni. Contemporaneamente, Israele e i Territori Occupati sono scomparsi dall?agenda internazionale: ciò ha acuito l?angoscia e la disperazione della popolazione palestinese, da un lato, e le paure di quella israeliana dall?altro. La brutalità e l?intensità degli attacchi dei gruppi armati hanno raggiunto nuovi livelli nel corso del 2005, con un conseguente alto tributo di vite umane. ?Il terrorismo dei gruppi armati è ingiustificabile e inaccettabile. I responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia, ma attraverso processi equi e non con la tortura e le detenzioni segrete? ? si legge nel Rapporto Annuale. ?Purtroppo, la crescente brutalità di queste azioni in ogni parte del mondo ha rappresentato un ulteriore, amaro monito: la ?guerra al terrore? sta fallendo e continuerà a fallire fino a quando non verrà data precedenza ai diritti umani e alla sicurezza umana, anziché a interessi di sicurezza nazionale limitati e di corto respiro?. Nel corso del 2005, speranze e frustrazioni sono andate di pari passo. L?anno ha visto in scena una delle più grandi mobilitazioni della società civile contro la povertà e per la lotta in favore dei diritti economici e sociali. Il Summit delle Nazioni Unite che ha esaminato l?attuazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ha mostrato la clamorosa distanza tra gli impegni dichiarati e l?azione concreta. Ad esempio, a parole i governi hanno sostenuto i diritti delle donne ma nella realtà non hanno dato seguito agli obiettivi internazionali relativi all?uguale accesso delle bambine all?educazione. Nel 2005 la richiesta di giustizia ha fatto passi avanti quando la Corte penale internazionale ha emesso i suoi primi mandati d?arresto per crimini contro l?umanità e crimini di guerra in Uganda. L?immunità di cui godevano ex capi di Stato è stata contrastata in America Latina: Augusto Pinochet è stato posto agli arresti domiciliari ed è stato eseguito un mandato di cattura internazionale nei confronti di Alberto Fujimori. Potenti governi sono stati chiamati a rendere conto del proprio operato di fronte a organi di giustizia e istituzioni. La massima corte britannica ha rigettato il proposito del governo di Londra di usare prove estorte con la tortura. Il Consiglio d?Europa e il Parlamento Europeo hanno aperto inchieste sul coinvolgimento dell?Europa nel programma Usa di ?consegne?, i trasferimenti illegali di prigionieri in paesi dove avrebbero rischiato di subire torture o altri abusi. Rivelazione dopo rivelazione, è emerso fino a che punto i governi europei sono stati complici degli Usa, sfidando il divieto assoluto di tortura e di maltrattamenti e subappaltando queste pratiche mediante il trasferimento di prigionieri in paesi come Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Marocco e Siria, noti per praticare la tortura. Purtroppo, anziché accettare e apprezzare gli sforzi delle corti e dei parlamenti per ristabilire il rispetto dei principi fondamentali in materia di diritti umani, alcuni governi hanno cercato di trovare nuovi modi per aggirare i propri obblighi. Il Regno Unito ha seguito la strada delle ?assicurazioni diplomatiche?, o garanzie scritte, per poter espellere persone verso paesi dove sarebbero state a rischio di tortura. Nonostante l?opposizione del presidente Bush, il Congresso Usa ha ribadito il divieto di tortura e di altri maltrattamenti, ma ha anche gravemente ristretto il diritto dei detenuti di Guantánamo di ottenere una revisione giudiziaria dei propri casi da parte delle corti federali. ?Così come dobbiamo condannare nella maniera più assoluta gli attacchi terroristici contro i civili, dobbiamo respingere le affermazioni dei governi secondo cui il terrore può essere combattuto con la tortura. Si tratta di affermazioni fuorvianti, pericolose e sbagliate: come si può spegnere un incendio con la benzina?? ? si legge nel Rapporto Annuale di Amnesty International. L?uso di un doppio linguaggio e di doppi standard, da parte delle grandi potenze, è pericoloso ? sostiene l?associazione ? perché indebolisce la capacità della comunità internazionale di affrontare gravi crisi dei diritti umani come quelle in Darfur, Cecenia, Colombia, Afghanistan, Iran, Uzbekistan e Corea del Nord. Questo atteggiamento consente agli autori delle violazioni dei diritti umani, in questi e altri paesi, di continuare ad agire in impunità. Quando il governo di Londra rimane muto di fronte alla detenzione arbitraria e ai maltrattamenti a Guantánamo, quando gli Usa ignorano la proibizione assoluta di tortura, quando i governi europei tacciono sulle proprie responsabilità in tema di trasferimenti illegali di prigionieri, razzismo e rifugiati, essi pregiudicano la propria autorità morale di difendere i diritti umani nel mondo. In un anno in cui hanno speso gran parte del tempo a parlare di riforme e di composizione dei loro principali organismi, le Nazioni Unite non hanno prestato attenzione al comportamento di due membri-chiave come la Russia e la Cina, che hanno fatto prevalere i propri limitati interessi economici e politici nei confronti delle preoccupazioni sui diritti umani a livello nazionale e internazionale. Nel 2005, coloro su cui, nel Consiglio di Sicurezza dell?Onu, ricade la maggiore responsabilità di salvaguardare la sicurezza globale, sono stati i più attivi nel paralizzare questo organismo e impedirgli di svolgere un?azione efficace in difesa dei diritti umani. I governi che hanno potere stanno giocando in modo pericoloso con i diritti umani. Il punteggio ottenuto, attraverso il proseguimento dei conflitti e il crescendo di violazioni dei diritti umani, è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, nel 2005 si è assistito a un mutamento dello stato d?animo dell?opinione pubblica. La pressione popolare che sta emergendo va usata in modo efficace per trasformare l?attuale irresponsabilità internazionale in azione concreta in favore dei diritti umani. Le principali richieste di Amnesty International per l?anno in corso sono le seguenti: – alle Nazioni Unite e all?Unione Africana, di affrontare il conflitto e gli abusi dei diritti umani nel Darfur; – alle Nazioni Unite, di avviare i negoziati per un Trattato internazionale che regolamenti il commercio delle armi, in modo che queste non possano essere usate per commettere abusi dei diritti umani; – all?amministrazione Usa, di chiudere Guantánamo Bay e rendere noti i nomi e i luoghi di detenzione di tutti i prigionieri della ?guerra al terrore?; – al nuovo Consiglio Onu dei diritti umani, di insistere nel pretendere i medesimi standard di rispetto dei diritti umani da parte di tutti i governi, che si tratti del Darfur o di Guantánamo, della Cecenia o della Cina. L?autorità politica e morale dei governi dev?essere sempre più giudicata dal loro comportamento in materia di diritti umani, in casa e all?estero. Più che mai il mondo ha bisogno che i paesi con potere e influenza internazionale ? i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e coloro che aspirano a farne parte ? agiscano con responsabilità e rispetto per i diritti umani. I governi devono smettere di giocare con i diritti umani. Il ruolo dell?Italia nella ?guerra al terrore? Nell?aprile 2006 Amnesty International (AI) ha denunciato le ?operazioni coperte? utilizzate dalla Cia per arrestare, catturare, trasferire e detenere persone in segreto o consegnarle ad altri paesi dove esse hanno subito maltrattamenti e torture. Ricorrendo a compagnie aeree private ?di facciata?, la Cia ha aggirato le norme internazionali che l?avrebbero altrimenti obbligata a dichiarare i propri piani di volo alle autorità dell?aviazione dei paesi sorvolati. Tra le molte località europee toccate dai voli, compaiono l?aeroporto di Pisa e quello di Roma Ciampino: quest?ultimo è stato utilizzato il 9 ottobre 2002 per lo scalo del jet Gulfstrem III, diretto in Giordania, con a bordo Maher Arar, un cittadino canadese di origini siriane che è stato successivamente trasferito in Siria, ove è stato detenuto per 13 mesi, ripetutamente torturato e infine rilasciato senza alcuna accusa. L?Italia, come tutti i paesi interessati da queste ?consegne?, ha l?obbligo di svolgere indagini approfondite su quanto accaduto. Tra i voli monitorati da AI compare anche quello che ha condotto Osama Mustafa Hassan Nasr, detto Abu Omar, dalla Germania all?Egitto, dopo il suo rapimento in Italia nel febbraio 2003. La legge antiterrorismo del luglio 2005 ha modificato le norme italiane sull?espulsione ?per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato?, consentendo ai prefetti e al ministro dell?Interno l?allontanamento di cittadini stranieri con o senza permesso di soggiorno sulla base di una valutazione prima facie della minaccia costituita dalla loro ?presenza? in Italia. Questa legge non richiede che la persona espulsa sia stata condannata o accusata formalmente di un reato e non prevede una conferma giudiziaria dell?espulsione né alcuna possibilità di ricorso effettivo o protezione dal rischio di violazioni gravi dei diritti umani all?arrivo nel paese di origine (principio di non-refoulement). Essa, inoltre, sembra dare preferenza all?espulsione delle persone sospette piuttosto che alla loro incriminazione. Il 2 dicembre 2005 il ministro dell?Interno Pisanu ha dichiarato davanti al Parlamento che queste espulsioni sono uno strumento ?preventivo? per ?sopperire ai ritardi con cui gli ordinamenti giuridici occidentali si adeguano alla minaccia terroristica? e che nei primi tre mesi di applicazione della legge ne sono state realizzate 20. Il 10 dicembre 2005 Mohammed Daki, un cittadino marocchino appena assolto dall?accusa di ?terrorismo internazionale? dalla corte d?appello di Milano, è stato espulso in base a tale procedura. Secondo le dichiarazioni del ministro dell?Interno, erano state raccolte prove non sufficienti alla magistratura per emettere una sentenza di condanna nei suoi confronti, ma ?più che sufficienti al ministro per stabilirne la pericolosità?. Questo tipo di espulsione ha colpito nel 2006 almeno una persona munita di permesso di soggiorno e mai condannata né formalmente denunciata per comportamenti di rilevanza penale. Tortura Nonostante le ripetute sollecitazioni di AI e le rinnovate raccomandazioni di diversi organismi intergovernativi tra cui il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e il Commissario europeo per i diritti umani, nel corso del 2005 e dei primi cinque mesi del 2006 il Governo e il Parlamento non hanno fatto alcun passo in avanti nella lotta contro la tortura. Neanche la XIV Legislatura ha allineato la legislazione italiana agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, introducendo il reato di tortura nel codice penale: il relativo disegno di legge è rimasto per mesi all?attenzione della presidenza della Camera senza proseguire il suo iter. Il Governo non ha presentato il disegno di legge per la ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, strumento firmato dall?Italia nel 2003, che ha l?obiettivo di introdurre meccanismi nazionali e internazionali di prevenzione. Minacce ai diritti di migranti e rifugiati Anche la XIV Legislatura si è chiusa senza emanare una normativa organica sull?asilo, lasciando così intatte le lacune in cui proliferano le possibilità di abusi dei diritti umani a danno di richiedenti asilo e rifugiati. A partire dal 21 aprile 2005 i diritti dei richiedenti asilo sono stati messi ulteriormente a repentaglio dall?entrata in vigore del regolamento di attuazione della Legge Bossi-Fini, le cui norme prevedono una procedura d?asilo accelerata e la detenzione generalizzata dei richiedenti asilo nei cosiddetti ?centri di identificazione?. Questi ultimi sono analoghi o coincidenti con le strutture utilizzate per la detenzione dei migranti in attesa di espulsione (Centri di permanenza temporanea e assistenza ? Cpta), da cui sono continuate a emergere denunce di violazioni dei diritti umani. La prassi relativa alla nuova procedura di asilo e il tasso di riconoscimento dei rifugiati sono risultati disomogenei sul territorio. Nel corso del 2005 almeno 1425 persone sono state rinviate da Lampedusa in Libia, in spregio delle norme di diritto internazionale e senza alcuna base legale nel diritto interno. Gli accordi conclusi nel 2000 tra Italia e Libia, che nel febbraio 2006 il ministro dell?Interno Pisanu aveva affermato essere stati ratificati dal Parlamento, risultano in realtà entrati in vigore nel 2002 a prescindere da una legge di ratifica. Il contenuto specifico degli accordi operativi successivi resta sconosciuto, al pari del destino delle persone rinviate in Libia. Nel marzo 2006 il Governo ha dichiarato alla Commissione europea contro il razzismo e l?intolleranza di aver pianificato e monitorato l?ulteriore rinvio verso l?Egitto delle persone deportate in Libia. Analoga dichiarazione era stata resa in passato al Comitato europeo per la prevenzione della tortura, come risulta da un rapporto reso pubblico nell?aprile 2006; secondo le autorità italiane, gli accordi con la Libia sono anche serviti alla creazione di centri di detenzione nel paese, i quali sono collocati, secondo fonti non governative, nelle località di Gharyan vicino a Tripoli, di Sheba, nel deserto, e di Kufra, nei pressi del confine con Egitto, Sudan e Ciad. Dal marzo 2006 è in vigore una convenzione tra il ministero dell?Interno e l?Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati circa l?istituzione di un presidio dell?organizzazione sull?isola di Lampedusa, finalizzato a garantire l?accesso alla procedura di asilo a chi giunge sull?isola e a intervenire a sostegno di richiedenti asilo vulnerabili. Invisibili: minori migranti detenuti dopo l?arrivo via mare Nei primi mesi del 2006 è risultata immutata la prassi, denunciata da AI con il rapporto ?Invisibili? (EGA Editore, febbraio 2006), riguardante la detenzione sistematica dei minori migranti e richiedenti asilo giunti alla frontiera marittima, in violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell?infanzia, la quale considera la detenzione di un minore un provvedimento eccezionale, da adottare soltanto in casi estremi. Nel dicembre 2005 il ministro dell?Interno Pisanu ha dichiarato alla stampa che tra i più recenti arrivi a Lampedusa c?erano circa 500 minori non accompagnati. In un comunicato stampa del 25 febbraio 2006 il ministero dell?Interno ha affermato che nel corso del 2005 sarebbero stati affidati ai servizi sociali 1270 minori stranieri soli, giunti via mare presso le coste siciliane. La prassi sinora monitorata lascia ragionevolmente credere che molti di loro siano stati detenuti in un centro per migranti prima di essere affidati. Corte penale internazionale Pur avendo contribuito fortemente alla redazione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale e avendolo ratificato nel 1999 (Legge 232), l?Italia non ha ancora adottato norme interne di attuazione che consentirebbero di processare presso i tribunali nazionali le figure di reato contemplate nello Statuto e di cooperare con la Corte nello svolgimento delle indagini. Il governo non ha presentato un disegno di legge in tal senso e i progetti di legge parlamentari non sono stati esaminati. E Amnesty rilancia per un Trattato sul controllo delle Armi Il 9 ottobre 2003 Amnesty International, Oxfam e International action network on small arms (Iansa, una rete di oltre 500 associazioni in 100 paesi – tra cui la Rete Italiana per il Disarmo) hanno lanciato la campagna mondiale Control Arms, che ha per obiettivo l?adozione di un Trattato internazionale sul commercio di armi. La proposta del Trattato ha già raccolto l?adesione di numerosi premi Nobel, di 50 governi e di un milione di persone nel mondo (più di 40.000 in Italia), tra cui moltissime personalità del mondo dello spettacolo, dello sport e della politica. In Italia la campagna è coordinata da Amnesty International e dalla Rete Italiana per il Disarmo. Numerose iniziative, portate avanti dalle associazioni che fanno parte della Rete Disarmo e dai Gruppi della Sezione Italiana di Amnesty International, stanno mobilitando l?opinione pubblica in un’unica grande voce contro il commercio indiscriminato delle armi. Oggi ci sono circa 700 milioni di armi piccole e leggere nel mondo. Ogni anno ne sono prodotte otto milioni in più. Sono così diffuse che si stima ce ne sia una per ogni 10 persone nel mondo. La proliferazione delle armi è un problema internazionale con conseguenze locali: causa 1000 morti al giorno, provoca violazioni dei diritti umani, fa crescere e alimenta i conflitti, intensifica la povertà. Nonostante il danno che da esse viene provocato, non esiste attualmente nessuna legge internazionale comprensiva e vincolante per controllarne l?export. Il flusso di armi verso coloro che apertamente violano le leggi umanitarie è fuori controllo. Il 26 giugno si aprirà a New York la Conferenza Onu di revisione sul Programma d?azione per prevenire, combattere e sradicare il traffico illecito delle piccole armi e delle armi leggere in tutti i suoi aspetti. In quella occasione, la campagna Control Arms presenterà ai governi la foto-petizione con un milione di volti, per spingerli ad affrontare le proprie responsabilità avviando il processo che porterà alla firma del Trattato internazionale sul commercio delle armi. La presentazione internazionale della foto-petizione sarà preceduta da singole presentazioni nazionali che avranno luogo nei 110 paesi in cui la campagna è attiva. Il 31 maggio Amnesty International Italia e la Rete Italiana per il Disarmo presenteranno al Governo i 40.000 volti della foto-petizione italiana, nel corso di una manifestazione che si terrà a Roma di fronte a Palazzo Chigi. Le foto raccolte in Italia saranno stampate su una borsa dalle dimensioni di 2×2 m. e consegnate ai rappresentanti del Governo. La borsa, un?installazione creata dal designer Luigi Mulas De Bois, sarà allestita anche il 27 maggio a Roma, in piazza S. Maria in Trastevere, in una delle numerose iniziative che i Gruppi di Amnesty International e le associazioni della Rete Italiana per il Disarmo realizzeranno in tutta Italia dal prossimo fine settimana fino all?avvio della Conferenza di New York. Tra le altre manifestazioni che interesseranno la capitale, un concerto di pizzica, Pizzicarms, il 24 maggio all?Alpheus e, ancora il 27 maggio, la presenza degli attivisti della campagna in vari punti della città, tra cui l?area circostante il Colosseo, impegnati nella raccolta di volti e nella realizzazione di azioni spettacolari che attirino l?attenzione dell?opinione pubblica e dei media sui temi della grande mobilitazione internazionale. Maggiori informazioni sulle iniziative relative alle altre città italiane potranno essere reperite visitando il sito italiano della campagna, www.controlarms.it.


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