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Amnesty International: troppi diritti violati in nome della sicurezza

Molti governi hanno violato diritti e stanno indebolendo le istituzioni che dovrebbero proteggerli con il pretesto di difendesi dal terrorismo o di rafforzare l'ordine e la sicurezza. Il segretario Salil Shetty: "Non sono solo i nostri diritti a essere minacciati, lo sono anche le leggi e il sistema che li proteggono". Ecco l'elenco delle violazioni paese per paese

di Gabriella Meroni

In occasione del lancio del suo Rapporto 2015-2016 (pubblicato in Italia da Infinito Edizioni), Amnesty International ha ammonito che la protezione internazionale dei diritti umani rischia di essere compromessa a causa di interessi egoistici nazionali di corto respiro e dell'adozione di misure draconiane di sicurezza, che hanno dato vita a un assalto complessivo ai diritti e alle libertà fondamentali.
"I diritti sono in pericolo, considerati con profondo disprezzo da molti governi del mondo" ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. "Milioni di persone stanno patendo enormi sofferenze nelle mani degli stati e dei gruppi armati, mentre i governi non si vergognano di descrivere la protezione dei diritti umani come una minaccia alla sicurezza, alla legge e all'ordine e ai 'valori nazionali'', ha aggiunto Shetty. Nel 2015 molti governi hanno violato in modo sfacciato il diritto internazionale nel loro contesto interno: oltre 122 stati hanno praticato maltrattamenti o torture e 30 paesi, se non di piů, hanno rimandato illegalmente rifugiati verso paesi in cui sarebbero stati in pericolo. In almeno 19 paesi, governi o gruppi armati hanno commesso crimini di guerra o altre violazioni delle "leggi di guerra".

La distorta reazione di molti governi alle minacce alla sicurezza nazionale si è tradotta in un attacco alla società civile, al diritto alla riservatezza e a quello alla libertà di parola. Si tenta di contrapporre i diriti alla sicurezza nazionale, alla legge e all'ordine

Una minaccia globale ai diritti umani
Secondo Amnesty International, un'insidiosa e strisciante tendenza sta mettendo in pericolo i diritti umani: i governi attaccano di proposito le istituzioni che hanno creato per proteggere i diritti di tutti, riducono i finanziamenti a esse destinati o le ignorano. Gli organismi sui diritti umani delle Nazioni Unite, il Tribunale penale internazionale e meccanismi regionali come il Consiglio d'Europa e il sistema interamericano dei diritti umani sono minacciati da governi che cercano di sfuggire ai controlli sulla situazione interna dei loro paesi. Amnesty International mette in guardia anche da una preoccupante abitudine dei governi, che attaccano e prendono sempre più di mira attivisti, avvocati e altre persone che difendono i diritti umani. In parte, spiega Amnesty International, si tratta della reazione di molti governi alle minacce alla sicurezza cresciute nel 2015. "La distorta reazione di molti governi alle minacce alla sicurezza nazionale si è tradotta in un attacco alla società civile, al diritto alla riservatezza e a quello alla libertà di parola. Siamo di fronte al palese tentativo di rendere i diritti umani parole sporche, di contrapporli alla sicurezza nazionale, alla legge e all'ordine, ai 'valori nazionali'. Per far questo, i governi hanno persino violato le loro stesse leggi" – ha proseguito Shetty.

Un disperato bisogno di rinvigorire le Nazioni Unite
Nel 2015, le Nazioni Unite e i loro uffici che si occupano di protezione dei diritti umani e dei rifugiati hanno sofferto gravemente a causa dell'ostilità e del rifiuto di cooperare da parte dei governi. Il conflitto della Siria è uno degli orribili esempi delle catastrofiche conseguenze, per i diritti umani, del sistematico fallimento delle Nazioni Unite nel tener fede al loro ruolo vitale nel rafforzamento dei diritti umani e del diritto internazionale e nel chiamare a rispondere i responsabili delle violazioni.

L'Ungheria ha chiuso i confini di fronte a migliaia di rifugiati in condizioni disperate e ostacola i tentativi regionali di aiutarli. Il Regno Unito continua a usare la sorveglianza di massa in nome della lotta al terrorismo

Nel 2015 Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei diritti economici, sociali, politici e civili in molti paesi. Ecco un elenco, affatto esaustivo, di esempi di attacchi a livello nazionale ai diritti umani e alle istituzioni che dovrebbero proteggerli:
Angola: uso delle leggi sulla diffamazione e sulla sicurezza per intimidire, arrestare e imprigionare persone che avevano espresso pacificamente le loro opinioni; mancato rispetto delle raccomandazioni delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani.
Arabia Saudita: brutale repressione contro chi aveva osato chiedere riforme o criticare le autorità; crimini di guerra nella campagna di bombardamenti in Yemen; ostacolo all'istituzione di una commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sui crimini commessi da tutte le parti coinvolte nel conflitto dello Yemen.
Burundi: sistematiche uccisioni e uso massiccio di altre tattiche violente da parte delle forze di sicurezza; tentativo di sopprimere la comunità dei diritti umani.
Cina: aumento della repressione contro i difensori dei diritti umani; adozione di leggi indiscriminate in nome della sicurezza nazionale.
Egitto: migliaia di arresti, anche nei confronti di chi aveva espresso critiche in modo pacifico, nell'ambito della repressione in nome della sicurezza nazionale; prolungata detenzione di centinaia di persone, senza accusa né processo; centinaia di condanne a morte.
Gambia: torture, sparizioni forzate, criminalizzazione delle persone Lgbti; totale rifiuto di cooperare con le Nazioni Unite e con gli organismi regionali per i diritti umani su questioni come la libertà d'espressione, le sparizioni forzate e la pena di morte.
Israele: mantenimento del blocco militare nei confronti di Gaza e conseguente punizione collettiva ai danni di 1,8 milioni di abitanti; mancato rispetto, cosě come da parte della Palestina, della richiesta delle Nazioni Unite di condurre serie indagini sui crimini di guerra commessi nel conflitto di Gaza del 2014.
Kenya: esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate e discriminazione contro i rifugiati nel contesto delle operazioni anti-terrorismo; tentativo di indebolire il Tribunale penale internazionale e la sua capacità di perseguire la giustizia.
Messico: grave situazione dei diritti umani, tra cui 27.000 sparizioni; dura reazione alle critiche delle Nazioni Unite sul massiccio uso della tortura, quasi completamente impunito nonostante l'aumento delle denunce.
Pakistan: risposta gravemente lesiva dei diritti umani all'orribile massacro della scuola di Peshawar della fine del 2014; uso incessante della pena di morte; sorveglianza e chiusura degli uffici delle Ong internazionali considerate "contro gli interessi" del paese.
Regno Unito: continuo uso della sorveglianza di massa in nome della lotta al terrorismo; passi indietro costituiti dal proposito di evitare lo scrutinio della Corte europea dei diritti umani.
Russia: uso repressivo di leggi sulla sicurezza nazionale e contro l'estremismo dai contenuti vaghi; azione coordinata per ridurre al silenzio la società civile; vergognoso rifiuto di riconoscere le vittime civili degli attacchi in Siria e mosse spietate per fermare l'azione del Consiglio di sicurezza sulla Siria.
Siria: uccisione di migliaia di civili in attacchi diretti e indiscriminati contro i civili mediante barili-bomba e altri armamenti nonché con l'uso della tortura in carcere; lunghi assedi contro le aree civili, blocco degli aiuti internazionali alle popolazioni alla fame.
Slovacchia: diffusa discriminazione contro i rom, nonostante anni di campagne da parte di gruppi nazionali ed europei che alla fine hanno spinto la Commissione europea ad avviare una procedura d'infrazione contro il paese.
Stati Uniti d'America: centro di detenzione di Guantánamo – esempio delle gravi conseguenze della "guerra al terrore" – ancora aperto; assenza di procedimenti giudiziari nei confronti degli autori di torture e sparizioni forzate.
Thailandia; arresto di persone che avevano espresso critiche in modo pacifiche tra cui attori, utenti di Facebook e autori di graffiti; rifiuto da parte del governo militare delle richieste internazionali di non limitare i diritti umani e non ridurre al silenzio il dissenso in nome della sicurezza.
Ungheria: chiusura dei confini di fronte a migliaia di rifugiati in condizioni disperate; ostacolo al tentativi regionali di aiutarli.
Venezuela: perdurante assenza di giustizia per gravi violazioni dei diritti umani e costanti attacchi contro i difensori dei diritti umani; denuncia della Convenzione americana dei diritti umani dopo il precedente ritiro dalla giurisdizione della Corte interamericana dei diritti umani, che ha significato negare la giustizia alle vittime delle violazioni dei diritti umani.

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