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Amministrazione condivisa? Ok, ma senza trucchi

Un’autentica rivoluzione del rapporto pubblico/privato oppure una mera illusione? Occorre fare chiarezza su cosa vogliamo che sia l'amministrazione condivisa. Riprendiamo qui la riflessione del presidente di Federsolidarietà/Confcooperative pubblicato sul numero di VITA magazine di aprile

di Stefano Granata

un, oppure l’ultimo degli strumenti normativi, in quanto dispensatore di mere illusioni puntualmente disattese? Occorre fare chiarezza su cosa sia oggi l’amministrazione condivisa.

Tale approccio così dicotomico non ci deve meravigliare in un tempo in cui ci si divide su qualsiasi argomento, pronti a posizionarsi dietro uno schieramento al di là di razionali motivazioni e, soprattutto, senza dedicare il giusto tempo ad approfondimenti e opportuni momenti di sincero confronto.
Un tema così cruciale come quello dell’amministrazione condivisa non è rimasto immune dalle moderne ideologie, quasi sempre fondate da suggestioni estemporanee, comunque molto liquide, che hanno la durata di stagioni brevissime e che lasciano sul campo fratture difficili da ricomporre: il concetto di sintesi condivisa sembra quasi non essere più un obiettivo necessario per una convivenza civile degna del suo nome. In questi ultimi anni parlare di co-programmazione e di co-progettazione ha spesso condotto le pubbliche amministrazioni a snaturarne le finalità, riducendosi ad utilizzarle come modalità per regolare il complesso traffico degli affidamenti dei servizi, talvolta puntando anche alla mera riduzione dei costi.
Tuttavia bisogna rilevare con onesta equità, che spesso molte organizzazioni di Terzo settore hanno trasformato l’opportunità della costruzione dal basso per un interesse generale, in una corsa alla gestione di risorse pubbliche verso interessi di parte come fosse un diritto acquisito.


Una certezza: l’impostazione centralista e burocratizzante delle amministrazioni non ha conosciuto indietreggiamenti. Un’affermazione, in verità, che ha valore solo in termini generali, perché si sono verificati casi, e nemmeno tanto sporadici, che al contrario sono stati capaci di invertire la rotta, sia per merito di rappresentanti di istituzioni pubbliche che del mondo non profit.

Se usata correttamente l’amministrazione condivisa è uno strumento eccezionale per costruire percorsi di reale cittadinanza attiva


In queste esperienze è emerso con forza che, se usata correttamente, l’amministrazione condivisa è uno strumento eccezionale per costruire percorsi di reale cittadinanza attiva, capaci di generare luoghi di partecipazione democratica fruibili tanto dai singoli individui quanto dalle organizzazioni.
Un’attenta analisi delle azioni virtuose ci riporta all’avvio di processi sia di grandi dimensioni, come ad esempio progetti di riqualificazione urbana piuttosto che l’attivazione di nuovi servizi sociali, sia ad interventi più contingentati, ma di eguale valore per la vita della comunità, come l’apertura di un’area giochi per bambini o la promozione di proposte culturali.
Gli esiti positivi evidenziano chiaramente che il senso dell’amministrazione condivisa ruota decisamente intorno all’innovazione.


Comprendere questo approccio significa cogliere pienamente l’opportunità di dare vita a nuove infrastrutture sociali disegnate da coloro che potranno essere i diretti beneficiari e, allo stesso tempo, riavviare una stagione di vere sperimentazioni in grado di scavallare finalmente gli ampollosi impedimenti burocratici.
In conclusione vorrei essere latore di una proposta: possiamo pensare che l’amministrazione condivisa contribuisca a creare valore economico per il lavoro sociale, fondandosi su indicatori di impatto che possano superare gli attuali standard tariffari?

Riqualificazione urbana a Milano. (LaPresse)


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