Politica
Amministrative: il declino della partecipazione
Secondo l'analisi dell’Istituto Cattaneo l’astensione è di circa cinque punti percentuali in più della precedente tornata. Il non - voto continua a crescere: la soglia scende sempre più, collocandosi sotto il 60%. Chi vince e chi perde tra i tre schieramenti
di Redazione
L’analisi dell’Istituto Cattaneo, il declino della partecipazione: per i 25 comuni capoluogo il tasso di partecipazione risulta complessivamente del 57,6%, quasi cinque punti percentuali in meno della precedente tornata amministrativa. Il non – voto continua a crescere: la soglia scende sempre più, collocandosi sotto il 60% (in molte grandi città va a votare poco più di un elettore su 2).
Si è trattato di un test importante che ha coinvolto 1.342 comuni per un totale di oltre 13 milioni di elettori. L’analisi si è concentrata sui 25 comuni capoluogo di provincia (di cui 7 capoluoghi di regione). La tornata del 5 giugno arriva dopo una lunga fase di appuntamenti elettorali, tra il 2013 e il 2015, che ha visto una forte contrazione dei votanti, scesi al 75% alle politiche e al di sotto del 60% alle europee e alle regionali, passando per il dato clamoroso del 2014 in Emilia-Romagna e Calabria quando andarono a votare circa 4 elettori su 10.
Tra le elezioni cosiddette di secondo ordine, il voto per il proprio comune è riuscito a lungo a mobilitare, in ragione della vicinanza della posta in gioco, per la capacità maggiore da parte dell’elettore di poter influenzare il risultato, per il ruolo delle reti sociali locali nella costruzione del consenso. Era lecito aspettarsi che, di fronte a un’ondata generalizzata di disaffezione, anche le elezioni comunali subissero un significativo declino della partecipazione. I segnali in tal senso c’erano tutti: da quelli meno politici (la possibile smobilitazione enfatizzata dal “ponte” del 2 giugno) al basso profilo della campagna elettorale in comuni anche importanti dove si è notata soprattutto l’assenza di leader politici nazionali (con l’eccezione di alcuni, ad esempio Salvini). Questa combinazione di elementi difficilmente avrebbe contribuito a riattivare la componente di cittadini apatici, sempre più distanziati dalla politica proprio a causa dell’indebolimento del richiamo partitico. L’appuntamento del 5 giugno rappresentava inoltre un’ottima occasione, per l’elettorato rancoroso, di far sentire la sua voce (o meglio, la sua assenza) in una competizione che, per quanto locale, poteva diventare l’ennesimo canale di amplificazione dei messaggi di contestazione ai partiti e alla politica istituzionale. La variabile nuova, rispetto al voto del 2011, era rappresentata dalla presenza, in diverse sfide locali, di opzioni politiche anti-sistema o di rottura (il Movimento 5 stelle e, per certi versi, anche la Lega Nord) in grado di influenzare significativamente non solo il risultato finale ma anche l’affluenza al voto. Per leggere in modo completo l’andamento della partecipazione, nella nostra analisi abbiamo confrontato i dati del 2016 con quelli del precedente turno di elezioni comunali (avvenute nel 2011, anche se in tre capoluoghi tra cui Roma si è votato in periodi successivi).
Per i 25 comuni capoluogo il tasso di partecipazione.
Per i 25 comuni capoluogo il tasso di partecipazione risulta complessivamente del 57,6%, quasi cinque punti percentuali in meno della precedente tornata amministrativa.
Il dato generale nasconde una forte variabilità interna. Tra il capoluogo più partecipativo (Benevento: 78,5%) e quello meno partecipativo (Trieste: 53,4%) ci sono circa 25 punti percentuali di differenza.
Complessivamente, ai primi dieci posti nella graduatoria della partecipazione si collocano esclusivamente (o quasi) città meridionali: oltre che a Benevento, il 70% di partecipazione è stato superato a Cosenza (72,4%), Crotone (71,2%), Caserta (70,9%), Latina (70,1%). In coda alla graduatoria troviamo invece, oltre a Trieste, Napoli (54,1%), Milano (54,7%), Varese (55,9%), Torino (57,2%), Roma (56,2%).
In sintesi, gli elementi di riflessione rispetto alla partecipazione elettorale sono, a nostro avviso, almeno due. Il non – voto continua a crescere: la soglia scende sempre più, collocandosi sotto il 60% (in molte grandi città va a votare poco più di un elettore su 2). Se le elezioni politiche trattengono meno elettori, lo stesso avviene per le comunali, ma con alcune differenze. La partecipazione rallenta la caduta nei centri medio-piccoli del Sud Italia, mentre entra fortemente in crisi nelle grandi città_ e al Nord. E questo avviene anche nelle aree da sempre partecipative come l’Emilia-Romagna, in cui il voto del 2016 dimostra come la crisi partecipativa di due anni fa non sia stato un semplice episodio anomalo.
Fra i risultati più importanti si possono citare:
– il centro-destra nel suo complesso perde circa 7 punti percentuali rispetto al 2011, ma recupera parzialmente nel confronto con il 2013.
– il centro-sinistra nel suo complesso perde circa 9 punti percentuali rispetto al 2011, ma cresce leggermente in confronto al 2013.
– il Movimento 5 stelle cresce rispetto al 2011, anche in virtù del fatto che nelle scorse comunali non era presente in alcuni comuni del campione, mentre perde circa 4 punti percentuali rispetto politiche del 2013.
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