Welfare

Amici, riappropriatevi del pane. Come? Imparando a fare la panzanella

A tavola con Gino Girolomoni.

di Gino Girolomoni

E’ dai tempi di Caino che si comincia a coltivare il grano e il nostro progenitore non capisce perché quella grande innovazione tecnologica non sia gradita al suo Dio, che preferisce il lavoro del nomade Abele. (è una diatriba che dura ancora oggi, con i beduini che disprezzano i sedentari). Insieme al frumento fin da allora si coltivano il farro, l?orzo, l?avena. Prima di arrivare alla pasta che conosciamo oggi (e che inizia il suo cammino in Sicilia nel 1100), il grano è la materia prima necessaria per fare il pane, il cibo più prezioso che il nostro imbarbarimento alimentare ha trasformato in un alimento non commestibile, tant?è che buttiamo nella spazzatura quasi un terzo di quello che ne produciamo. Ma da un pane vero, buono e diventato duro suggerisco un uso semplice per poterlo consumare: la panzanella. Si sistemano in un vassoio le fette di pane, si spruzzano abbondantemente con acqua e aceto, gli si mette un po? di sale e si cospargono di aglio e prezzemolo, aggiungere un po? di olio extravergine di oliva e il piatto semplice e profumato è pronto. Dedico questo piatto a un eremita di Fano, Guido Berardi , di cui ricorre il centenario della nascita. Ne avesse avuto a disposizione di pane raffermo, invece di mangiare radici ed erbe selvatiche, o i frutti degli arbusti nei boschi! Il tempo in cui praticò questo mestiere difficile sono tutti gli anni 30, nell?Eremo di Santalberto di Butrio, sopra Tortona (dove era diventato superiore anche di frate Ave Maria, da cui si arrampicò nel 1963 anche Pier Paolo Pasolini in cerca di emozioni vere per il suo Vangelo) e sul Monte Soratte, vicino a Roma. In tempo di quaresima dedico la panzanella anche ai suoi colleghi, ai monaci e alle monache dei monasteri. Trovo che questo piatto gli si addica in modo particolare.


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