Nei giorni in cui Netflix, Sky Atlantic e Amazon Prime sono diventati improvvisamente inutili per l’intrattenimento degli italiani e la realtà ha rottamato, sempre per rimanere in ambito politico, anche la puntata più appassionante di House of Cards, la mattina tra una notizia e l’altra proveniente dal Quirinale sto ascoltando insistentemente il primo singolo del grande ritorno discografico dei Ritmo Tribale.
Che nesso c’è, vi chiederete, tra una canzone del più grande gruppo rock italiano e la crisi istituzionale italiana? La risposta è nessuno.
Il pezzo, aggressivo e arrabbiato come da tradizione, con un testo di quelli che solo Scaglia sa scrivere, non tratta minimamente di temi che possano in qualche modo centrare con le istituzioni o con la strategia politica.
Eppure involontariamente quel testo è un piccolo Bignami proprio di realpolitik e buon senso.
Pensare a Di Maio, Salvini, Mattarella o Renzi cantando a squarciagola «le cose non sono, le cose succedono e si trasformano secondo necessità» sta per me diventando un mantra curativo.
Pensare al debito pubblico, all’Europa, alla riforma Fornero o al Jobs Act, insomma a tutto il dibattito politico, concentrato su quello che è successo negli anni passati (anche passati da moltissimo) e poi ascoltare nello stereo «io non voglio vivere in memoria di me, io non voglio vivere in provincia di quello che poteva essere ma non è stato, io non voglio vivere come fossi mai nato».
Mentre Mattarella e i giallo-verdi si scannavano sul nome di Paolo Savona, rimpallandosi le responsabilità della speculazione che cominciava a morderci, Scaglia ringhiava dalle mie casse: «Dici che vivo troppo ormai perché ho paura di morire, se l’equilibrio è massimo sull’orlo del burrone, il risultato da portare a casa più di tutti gli altri è riuscire a non essere scoperti».
Si lo so, se i Ritmo Tribale dovessero leggere queste righe mi prenderebbero per matto. Ma la verità è che, come sempre, ancora una volta, il loro modo di scrivere e di suonare è sempre attuale e profondamente connesso con la pancia delle gente, nel suo senso più profondo e rispettabile. I Ritmo Tribale sono sempre riusciti a mostrare le urgenze e le sensazioni di quella parte di società che nessun altro riusciva a intercettare.
Certo la canzone parla di tutt’altro e nel processo creativo non credo che il Presidente Mattarella e le elezioni abbiano avuto un qualche ruolo. Ma che importa? Il bello della musica è proprio questo: ognuno può interpretare come gli pare.
Quindi amici politici, ascoltatevi “Le cose succedono” e dateci un benedetto Governo. Magari con qualche idea sul futuro. Il passato è già successo.
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