Famiglia

Amici, la Calabria ci riguarda tutti. E non solo Tiziana , Paolo Patrizia e altri)

L’emergenza di Locri: una riflessione del presidente di Cgm: «Abbiamo bisogno di continuare reciprocamente e pazientemente a connettere esperienze buone...»

di Johnny Dotti

Si chiamava Gianni il primo calabrese che ho conosciuto. Quando ero piccolo, i racconti e le fotografie in bianco e nero di mio padre e mia madre narravano di deserti, sudore, fatiche, solidarietà tra immigrati in terra australiana. Minatori. Quasi tutti morti troppo in fretta per le polveri dell?amianto, italiani del Sud e del Nord, nessuna distinzione.

Nell?adolescenza mi ha accompagnato l?amicizia con Caterina, nata a Lamezia Terme, papà carabiniere, abitavamo nello stesso paese, parrocchia e volontariato. Amicizia ora discreta ma che resta nel profondo. Nel 1993 incontro fisicamente la terra calabrese, ospite per una settimana con mia moglie e l?amico don Piero dalle suore poverelle di Mammola, piccolo paese vicino a Gioiosa Jonica. Fine agosto.

L?implosione sociale
Ricordo la spiaggia deserta, la processione del santo patrono con tutti i soldi attaccati alle vesti della statua, i silenzi delle foreste sull?Aspromonte e di Pentadattilo, la maestosità della cattedrale di Gerace, il lungo viaggio per arrivare con una persona del posto al santuario in Aspromonte, nel territorio di San Luca, dove si era da poco conclusa la festa. Immagini e sentimenti forti, contrastanti, simili a quelli provati l?anno prima in un santuario induista alle porte di Katmandu.

Bella e tremenda questa Calabria. Ricordo le parole di un vecchio calabrese che esprimendo amore per la sua terra si augurava che i giovani migliori non se ne andassero e che ci sarebbero volute alcune decine di anni perché le persone tornassero a vivere libere e con dignità in Calabria.

Nei 12 anni a venire ci sono state sempre più occasioni per incontrare la Calabria e la sua gente. L?impegno condiviso nella cooperazione sociale mi ha portato a contatto con molti luoghi, situazioni, persone. Il panorama si è ampliato: amministrazioni pubbliche, associazioni di categoria, organizzazioni di terzo settore. Più si è ampliato più si è confuso, non perché si facesse più complesso ma perché percepivo che esisteva una scissione profonda tra la forma organizzativa istituzionalizzata e la vita quotidiana delle persone. E che l?unico modo di saldare questa frattura, in qualche modo di difendersi, fosse costruire circuiti chiusi, i cui tutelarsi, tutelare sé, la propria famiglia, il proprio gruppo.

Una tendenza potente a generare e mantenere corporazioni (più o meno esplicite) arroccate a difendere i propri interessi particolari (più o meno legittimi). Aumentando così esponenzialmente la frattura in verticale ma soprattutto aumentando la frattura in orizzontale, sui territori e nelle comunità. Sino a trasformare il vincolo famigliare in un vincolo amorale. È questa tendenza al sistema chiuso, ?legge?, vincolo e premio nel breve periodo, che credo costituisca il substrato della criminalità, quella in guanti bianchi e quella che spara nelle strade.

Insieme a Tiziana e agli altri
Ma ci sono persone, esperienze, storie, testimonianze che cercano di non alimentare questo circuito vizioso. Socialità, economie, pensieri, trasparenti e concreti, capaci di ancorare a valori tradizionali sistemi aperti e non chiusi. Ne conosco in tutta la Calabria, non solo nella mia organizzazone. Abbiamo bisogno tutti di queste persone. Perché la Calabria ci riguarda. Il bene comune, così come il male, non è circoscrivibile in confini geografici, si alimenta con la responsabilità, la passione, la cura, l?interesse trasparente, il dono. Abbiamo bisogno di continuare reciprocamente e pazientemente a connettere esperienze buone, perché solo così assisteremo alla loro moltiplicazione. Voglio continuare a credere che le istituzioni sostengano questi cammini di trasformazione, che non tutti si siano trasformati in pavidi e cinici Azzeccagarbugli e che anche su questo versante si aprano squarci di speranza.

Perché ogni terra, ogni comunità, ogni persona deve avere la possibilità e la dignità di costruire e raccontare la sua storia e perché lo possa fare finalmente con un cuore pacificato. Per questo lavoriamo assieme a Tiziana, Paolo, Patrizia, Vincenzo, Sergio?

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