Economia

Amici e nemici della finanza ad impatto

Nel dialogo tra Giovanna Melandri, presidente di Human Foundation e sir Ronald Cohen, fondatore del Gsg - Global Steering Group for Impact Investment, andato online sui canali social di Vita in occasione dell’uscita in Italia del libro “Impact”, si è parlato delle forze che guidano il cambiamento per una finanza a impatto oggi e di chi lo sta frenando

di Antonietta Nembri

La lettura del libro di Ronald Cohen “Impact” «dà elementi che aiutano a capire quando siamo vicini a una novità», ha detto il direttore di Vita Stefano Arduini nella presentazione dell’incontro (andato online sui canali social di Vita e Human Foundation) tra il leader mondiale della finanza ad impatto e Giovanna Melandri, presidente di Human Foundation in un dialogo che ha sviscerato anche i tanti ostacoli che ancora frenano l’impact revolution. «Ce la facciamo?» ha chiesto Melandri a Cohen che ha risposto indicando le “tre forze del cambiamento” che sono all’opera per rendere più vicina la finanza a impatto.
Si tratta dei valori soprattutto delle nuove generazioni che aiutano a riorientare in senso sostenibile gli investimento, della tecnologia che può favorire l’energia pulita e «la più sorprendente: la tecnologia applicata ai big data», perché ha sottolineato Cohen «la gestione dei dati ci consente di misurare l’impatto sociale e ambientale: è questa la vera struttura intangibile del sistema».



Cohen portando alcuni esempi di uno studio di Harward ha sottolineato da un lato che in Borsa le aziende che inquinano di più hanno un valore finanziario inferiore e dall’altro la necessità della misurazione «quando si inizia a misurare l’impatto conosciamo la generatività delle imprese».
Stimolato dalle domande di Melandri e Arduini sul perché negli Esg (Environmental, social ad corporate Governance) l’attenzione all’impatto ambientale sia più avanti di quanto non sia quella sul sociale, Sir Cohen ha sottolineato come la discussione sulla “E” della sigla «dura da quarant’anni, ma ora si guarda per esempio sull’impatto nella diversity delle aziende e sempre grazie ai big data si possono confrontare le disuguaglianze interne alle imprese e in relazione alle comunità, valutare gli squilibri e calcolare il debito sociale che le imprese maturano». Due gli esempi portati, quello di Amazon con un debito verso la comunità di 6,7 mld di dollari e quello di Apple il cui debito è di 2,9 mld di dollari.

E sul tema della misurazione e se debba essere pubblico o privato il proprietario del tools, il fondatore del Sgs ha riconosciuto che sul tema è in corso un dibattito «Non c’è dubbio però che c’è chi crede che ogni azienda possa stabilire il metodo di valutazione, ma c’è una spinta per arrivare a degli standard riconoscibili per favorire la confrontabilità tra aziende non solo sulle performance finanziarie, ma anche sul loro impatto».


Da parte sua Melandri (nella foto) ha sottolineato come oggi i mercati di capitale siano ancora regolati «da una regolamentazione finanziaria che si è imposta nel dopoguerra. Oggi serve una svolta per arrivare a una rendicontazione integrata». E le resistenze che si registrano oggi non sono una novità, lo stesso era capitato negli anni Trenta nei confronti dei regolamenti ancora oggi in vigore.

L’impact revolution auspicata Melandri e Cohen può avere come alleati gli stessi investitori, mentre nel ruolo di frenatori ci sono molte imprese «ma la riflessione che ci deve interessare è questa: le imprese che si mettono su questa traiettoria faranno più o meno profitto?» si è chiesto Cohen che tra i nemici dell’impact revolution indica le compagnie «che non vogliono la trasparenza, che non fanno propria questa rivoluzione che ha la sua forza di cambiamento in altri imprenditori e imprese».

Quale ruolo per i decisori pubblici? E quale parte può giocare la fiscalità? «Quando uno stato paga per i risultati cambia completamente il metodo, la sua cultura.I Governi hanno la possibilità di orientare le politiche non di dettagliare le azioni», ha osservato Cohen stimolato da Arduini e Melandri che hanno richiamato da un lato il Pnrr «una grande occasione da affrontare con la logica del pay for results» e i Social impact Bond.

Per rivedere l’incontro Facebook-Vita

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.