Sostenibilità

Amianto, giustizia e lacrime

Eternit, condanna storica: il dramma di quasi 2000 vittime

di Franco Bomprezzi

Una condanna senza precedenti. Condannati a 16 anni i titolari dell’Eternit: disastro doloso e omissione dolosa di misure antinfortunistiche. Così ha deciso il tribunale di Torino, nella commozione dei familiari delle quasi duemila vittime del polverino d’amianto. Oggi i quotidiani aprono su questa vicenda giudiziaria.

“Eternit, condanna storica”, apre così il CORRIERE DELLA SERA. I servizi alle pagine 2 e 3. La cronaca è di Marco Imarisio: “Chissà quando è iniziato tutto. Quando se ne sono resi conto, che morivano e nessuno poteva dirsi al sicuro. Forse è stato nel 1953, quando venne registrato il primo morto di mesotelioma, anche se allora non si chiamava così. Oppure nel 1969, quando in via Roma, la strada che attraversa il centro di Casale Monferrato, se ne andarono in sette nel giro di pochi mesi, allo stesso modo, annegati dall’acqua nei polmoni, gonfi della morfina che tentava di attenuare il dolore. Nella tribuna che accoglie i familiari se lo chiedono in tanti, mentre il giudice Giuseppe Casalbore legge l’elenco delle vittime e dei parenti, figli, nipoti, coniugi, che hanno diritto al risarcimento per quel che hanno patito. Alle 13.20 è stata pronunciata la prima parola della sentenza, quel «colpevoli» accolto da sospiri, da singhiozzi trattenuti. Ma l’elenco di nomi e cognomi va avanti per tre lunghe ore, ognuno di essi viene scandito con partecipazione, quasi un omaggio postumo. In quella litania c’è l’enormità di questa vicenda, dello stabilimento Eternit che ha provocato la morte di migliaia di uomini e donne, non importa se lavorassero in fabbrica o vivessero nelle vicinanze”. E a pagina 3 Imarisio racconta la soddisfazione del grande accusatore: “La vittoria di Guariniello «Più di così non posso Forse è l’ora di lasciare»”. E così conclude: “«Le condanne di oggi e quella dello scorso aprile all’amministratore delegato della multinazionale tedesca sono il frutto di un metodo nuovo che sta diventando giurisprudenza. Abbiamo scelto di contestare il dolo in entrambe queste vicende, perché non ci siamo fermati all’accertamento delle colpe, come quasi sempre capitava nei procedimenti sulle morti bianche. Ci siamo interessati della politica aziendale sulle sicurezza, facendo leva su indagini condotte come se si trattasse di qualunque altro caso di quella che voi chiamate cronaca nera. E sono saltate fuori le responsabilità. La mia speranza è che questo metodo divenga una consuetudine». Anche queste ultime parole sanno di congedo. Ma resta comunque qualche dubbio sulle sue reali intenzioni. Ieri alle otto e mezza di sera Raffaele Guariniello era ancora in ufficio”. Alessandra Mangiarotti scrive invece dell’amianto ancora tra noi: “Quel veleno c’è ancora e non viene smaltito”. Un passo: “Le stime dicono che nel nostro Paese ci sono ancora tra i 30 e i 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto. Magazzini, tetti, tettoie. Quasi 83 mila chilometri di condotte interrate per il trasporto di acqua e gas. Il primo Paese che ha messo al bando la fibra killer è stata l’Islanda nell’83. In Italia la sua produzione è stata vietata nel 1992 con la legge 257. Un provvedimento che ha imposto alle Regioni il censimento dei siti contaminati. Ma a oggi quella fotografia non è stata ancora completata: «Regioni come la Sicilia e la Calabria non hanno ancora trasferito la loro mappatura», dicono dal ministero dell’Ambiente. «Altre come la Campania e la Puglia hanno effettuato un censimento solo parziale». Ma anche tra quelle che hanno ottemperato a quanto previsto dall’articolo 10 della 257 (la Lombardia ha dichiarato l’ambizioso obiettivo di diventare amianto-free dal 2015) ci sono forti differenze”.

“L’amianto uccide, sono colpevoli”: LA REPUBBLICA titola con la condanna dei due proprietari dell’Eternit a 16 anni per «disastro doloso». Le reazioni alla storica sentenza sono nette: «Per anni anche per i magistrati le morti del lavoro erano fatalità, dopo Thyssen e Eternit è nata una nuova cultura del lavoro» commenta Giancarlo Caselli. Per il ministro Balduzzi si tratta di «una sentenza storica, ma la battaglia anti-amianto prosegue». Impressionante l’intervista a Pietro Condello, ex operaio Eternit: “Nel reparto eravamo 30, siamo rimasti in due quei soldi non mi aiuteranno a vivere di più” è il titolo. Malato di asbestosi (malattia progressiva che provoca morte per soffocamento), è entrato alla Eternit nel 1966. Cosa le fa più rabbia? «Quello che mi ha assunto, una persona che conoscevo. Lui lo sapeva già che l’amianto faceva morire le persone, ma non mi ha detto niente. Una volta all’anno ci facevano i raggi X, ma non era una cosa fatta bene, era una presa in giro». Un dossier a pagina 4 ci informa: “Un italiano su tre esposto alle polveri ecco la mappa delle aree più a rischio”. Sono sette le zone industriali considerate altamente pericolose: Casale Monferrato e Balangero in Piemonte, la miniera Emarese in Val d’Aosta, la Fibronit di Broni, in provincia di Pavia, e poi gli impianti di Bari, Bagnoli e Siracusa. In Italia sarebbero in giro circa 32milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto. Il picco delle vittime arriverà dopo il 2020. Si calcola che l’amianto provochi circa 3mila morti l’anno. Il commento è di Luciano Gallino: “Non ci saranno più vittime fantasma”. La sentenza stabilisce un rapporto con una malattia sviluppata anche decenni dopo l’esposizione ai materiali pericolosi, annota il sociologo, e questo avrà una conseguenza sulla valutazione di altre tragedie. Altro aspetto innovativo è la responsabilità dei maggiori dirigenti.

In taglio basso in prima pagina su IL GIORNALE si parla della strage dell’amianto killer. Il richiamo che titola “Eternit, condanna da record: 16 anni di carcere ai manager” rimanda ad un articolo di Simona Lorenzetti all’interno. A pagina 17 l’articolo in taglio alto spiega «condanna a 16 anni per i due imputati, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier», non solo perchè «a ciascuna delle oltre 5mila parti civili andranno tra i 30 e i 60mila euro come provvisionale in attesa che la cifra venga quantificata in sede civile. E il risarcimento ai familiari dovrebbe superare i 100 milioni di euro. Le persone decedute, secondo le cifre aggiornate al 5 ottobre 2011, sono 1.830, a cui si aggiungono altre 1.027 parti lese» e «15 milioni di euro sono stati riconosciuti all’Inail, 25 milioni al Comune di Casale Monferrato, altri 5 milioni all’Asl di Casale, 20 milioni di euro alla Regione Piemonte e 4 milioni al Comune di Cavagnolo». In taglio più basso Vincenzo Pricolo firma “Quel rosario di vittime lungo tre ore”, «il giudice elenca 6400 nomi e sgrida chi si siede».

Ovviamente la sentenza di Torino apre la prima pagina del MANIFESTO che affida alla matita di Vauro l’illustrazione con una grande vignetta “Torino – Condannati i proprietari della fabbrica assassina del Monferrato” il titolo sopra il disegno di un tomba dalla quale esce il fumetto, con la fulminante battuta: «Cosa sono sedici anni a confronto dell’Eternit?!». Nel sommario “«Disastro doloso e omissione delle misure contro gli infortuni», il tribunale di Torino condanna a sedici anni i manager dell’Eternit per le morti e le malattie causate dall’amianto. Il pm Guariniello: «È una sentenza storica. Le responsabilità vanno cercate nei cda»”. Al caso è dedicato anche l’editoria “Verità e giustizia” di Loris Campetti, che verso la fine scrive: «(…) Chissà se qualche mascalzone verrà a spiegarci che sentenze come queste allontanano gli investimenti stranieri in Italia (…) Sarebbe bello, al contrario, se la condanna di Torino istillasse almeno un dubbio nella testa di chi, in fabbrica come in Parlamento, a palazzo Chigi come nelle redazioni dei grandi giornali, cavalcando la crisi si batte per cancellare diritti e dignità di chi lavora (…)». Gli articoli sono alle pagine 2 e 3 che si aprono con il titolo “La tragedia Eternit, è «disastro doloso»”. Nel sommario che sfonda la foto dell’abbattimento della fabbrica Eternit riassume “Dopo una battaglia di oltre 30 anni arriva il verdetto storico per gli stabilimenti piemontesi di Casale Monferrato e Cavagnolo. Ma per Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli) il reato è prescritto”. Nell’articolo di apertura  si sottolinea, accanto al racconto della sentenza, «Ciò che rende il processo Eternit unico è soprattutto la sua portata internazionale. Ieri, come già alla prima udienza, le strade attorno al tribunale sono diventate uno sciame di lavoratori e associazioni provenienti da tutta Italia e dall’estero (…)» Si racconta dei pullman arrivati un po’ da tutta Italia, ma anche tre dalla Francia «(…) Ma c’erano anche delegazioni da Regno Unito, Brasile, Svizzera, Belgio (…)». A pagina 3 nell’articolo “«Si è realizzato un sogno»”, Loris Campetti intervista Raffaele Guariniello che alla domanda sui messaggi connessi alla sentenza risponde: «Innanzitutto dice che è possibile contestare i disastri provocati nel lavoro come nella vita delle vittime di scelte che privilegiano gli interessi alla sicurezza e alla salute. E si può contestare il dolo, così come è stato nei confronti della ThyssenKrupp prima ancora che dell’Eternit. La sentenza ci dice anche che abbiamo il dovere, come magistrati, di andare alla ricerca delle responsabilità penali senza fermarci a quelle minori, ma indagando nei luoghi dove si prendono le decisioni e si esercitano poteri di spesa sulla sicurezza del lavoro e sull’ambiente. In parole povere, bisogna entrare nei consigli di amministrazione». Un seconda intervista a pagina 3 è a Bruno Pesce, coordinatore dell’associazione delle vittime (Afeva), il cui pensiero è riassunto nel virgolettato proposto come sommario «In questa vicenda la storia di un’intera comunità. Il profitto non può essere anteposto alla vita delle persone».

Richiamo in prima e articoli e approfondimenti a pagina 8 per la questione eternit su IL SOLE 24 ORE. Il commento tecnico sulla sentenza è affidato a Giovanni Negri “Data forte rilevanza all’elemento del dolo”: «Nell’entità della pena inflitta senza dubbio, conseguenza peraltro dell’inedita accoppiata dei capi di imputazione, disastro ambientale e rimozione volontaria di cautele, ma anche nella rilevanza data all’elemento del dolo. E su quest’ultimo punto inevitabile il rimando alla sentenza Thyssen di poco meno di un anno fa. Identica la condanna al vertice aziendale, 16 anni, ma diverso il reato (allora si trattò di omicidio volontario). Così, se una lezione giuridica è possibile trarre, è quella della valorizzazione da parte dei giudici dell’elemento della volontarietà in tutte le sue sfumature. Spingendo le norme al massimo, ma naturalmente si leggeranno le motivazioni, della loro portata applicativa. La sicurezza del lavoro può però contare da qualche tempo su un ventaglio di norme assolutamente adeguato e rispettato dalla maggioranza delle imprese italiane. Infine, il fattore tempo. Ne è passato molto dai fatti di Casale. Che però continuano ad alimentare un dramma che non pare volere finire. È una giustizia giusta quella che arriva dopo così tanto tempo? Non solo le famiglie di Casale pensano di  sì».

ITALIA OGGI si limita a dare notizia, nelle primissime pagine, della vicenda amianto. “Eternit, una sentenza esemplare” di Giampiero Di Santo è il pezzo in cui si sottolinea come la sentenza sia “esemplare”. 

AVVENIRE apre con “Giustizia a prova d’amianto” e fin dalla prima pagina annuncia la possibilità di un processo-bis per omicidio, ipotizzato dal procuratore Guariniello, e critica i risarcimenti concessi ai familiari delle vittime, al massimo 30mila euro, «meno di ciò che gli imputati pagarono a quanti hanno rinunciato al procedimento». «Mano leggera», è definita poi all’interno, nell’articolo a pagina 5. Paolo Viana sottolinea come la sentenza «crea di fatto un binomio con il verdetto Thyssen», un caso «dirompente per le relazioni industriali, lo dimostra la presenza in aula, a prendere appunti come un qualsiasi cronista, di Mario Calabresi, direttore della Stampa, il quotidiano che si identifica con l’anima industriale del paese». A box una riflessione del procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli: il team di Guariniello sarà quasi totalmente smembrato a primavera, per via della legge che vieta ai magistrati di rimanere per più di 10 anni nello stesso gruppo di lavoro. «Diventa difficile capire che senso abbia smembrare i pool specialistici di magistrati», dice Caselli, «mi auguro che la legge sia modificata».

 “Eternit, condanna storica”, titola LA STAMPA che mette grande impegno nel raccontare e ricostruire una vicenda che ha segnato il Piemonte, con gli stabilimenti incriminati situati proprio a Casale Monferrato e Cavagnolo. Editoriale-cronaca-reportage del direttore, Mario Calabresi, che parte dalla condanna pronunciata ieri dal tribunale di Torino per ripercorrere la vicenda dell’avvelenamento silenzioso – 2900 i risarcimenti, per un totale di circa 95 milioni di euro. Un pezzo che scava e racconta le storie di alcune delle persone che sono state travolte da questo dramma, e ne porteranno per sempre i segni. «Ci metterà tre ore e un minuto il presidente della Corte a pronunciare i 2900 nomi di chi ha diritto ad essere risarcito, perché ammalato o familiare di una vittima dell’amianto prodotto dalla Eternit. Romana Blasotti Pavesi, 82 anni, donna simbolo di questa battaglia, rimane in silenzio con lo sguardo perso nel vuoto, è come se li ricordasse tutti, uno ad uno, quelli che se ne sono andati. Tra loro c’erano suo marito Mario, sua sorella, un nipote, un cugino e infine la figlia Maria Rosa. Tutti portati via dal mesotelioma, il tumore dell’amianto per cui non esistono cure. Questo elenco non è solo un atto di giustizia ma somiglia anche a un omaggio alla memoria e ricorda un altro elenco che viene letto l’11 settembre di ogni anno a Ground Zero. A New York le vittime furono 2752, nei quattro stabilimenti italiani della Eternit sono finora 2300, ma il numero cresce ogni settimana. Questo elenco infinito di cognomi di ogni regione ci racconta una strage che coinvolge tutto il nostro Paese, non solo Casale Monferrato, ci racconta di figli che hanno pianto la scomparsa del padre prima e della madre dopo (lui pagava la colpa di essere operaio della Eternit, lei di avergli lavato la tuta coperta di polvere ogni sera) e ci racconta di chi continua ad ammalarsi ma in fabbrica non ci è mai entrato». A pag. 7 un approfondimento che mostra dove, nel mondo, il rischio amianto sia ancora presente. E non si parla solo di apesi in via di sviluppo, ma anche di Francia («dove muoiono 3mila persone all’anno di amianto»), Stati Uniti, Brasile, Svizzera.
  
E inoltre sui giornali di oggi:

EUROPA
LA REPUBBLICA – Si intitola “Restituire un futuro al vecchio continente” ed è una analisi del diretto Ezio Mauro: «L’Europa si presenta come una grande banca, un’istituzione a sangue freddo, un arbitro regolatore ma senz’anima, dominato dall’unica religione dei parametri e impegnato nell’unica battaglia di contenimento del debito, prima e assoluta emergenza del continente. Ma l’emergenza può sostituire la politica, soppiantandola?». «Il nodo che viene al pettine è vecchio come l’euro. Un nodo di sovranità, di potestà, di responsabilità intrecciate e mai definitivamente risolte… Tocca alla classe dirigente europea, nel suo insieme, riprendere il coraggio incompiuto dell’euro e usare la moneta e il mercato, dopo un decennio di strumentalità neutra, come suscitatori e fondatori di vere istituzioni sovranazionali e democratiche: per riunire l’Europa, la politica e i cittadini in un destino condiviso del continente, in un’idea forza e in una visione. Che non può essere soltanto tagli e sacrifici. Una speranza europea è ancora possibile, anzi è l’unica arma contro la crisi».

SIRIA
MANIFESTO – L’apertura della pagina degli esteri del MANIFESTO è dedicata alla Siria “Al Qaeda in tackle sulla rivolta anti Assad”, nell’occhiello “Dopo il video messaggio di al Zawhiri ci si chiede quale sia la reale persa qaedista sull’opposizione”, nell’articoli si osserva che «Ovviamente resta da vedere qual è la presa reale, al di là dei proclami propagandisti, di al Qaeda nell’opposizione siriana. Ma l’avanti qaedista ai leoni della Siria non suona bene, tanto più se si guarda a cosa sta succedendo nella “nuova” Libia (…)».

DISABILI
CORRIERE DELLA SERA – Sentenza importante in materia di permessi lavorativi per accudire il figlio con disabilità. Ne scrive Giusi Fasano a pagina 24: “Il diritto del padre al congedo anche se la madre è casalinga”. “Il «lui» di questa storia è un poliziotto della questura di Venezia, un dipendente del settore amministrativo – scrive la Fasano -. Dopo la nascita di una figlia con problemi di salute molto seri (ha un grave handicap), l’agente aveva chiesto di poter utilizzare sia i riposi giornalieri sia i periodi di congedo per la malattia della bambina, possibilità previste nei primi anni di crescita, come aiuto alle famiglie, dal Testo Unico del 2001. Il ministero dell’Interno, dal quale dipende la polizia di Stato, gli aveva però negato tutte e due le chance: la moglie e madre della piccola, avevano obiettato gli avvocati del ministero, è una casalinga quindi lui non ha il diritto di avere né permessi né congedo, non si può sottrarre al suo lavoro ore o giorni interi per accudire la bimba di cui si prende già cura la moglie. Ricorso. Il caso è finito nelle mani della consigliera di parità della Provincia di Venezia, Federica Vedova, e poi sul tavolo del giudice del lavoro Margherita Bortolaso. Il risultato è scritto nelle cinque pagine della sentenza depositata pochi giorni fa: il ricorso è stato accolto perché non concedere i permessi e il congedo al poliziotto è stato un atto «illegittimo». Il padre della bambina malata aveva invece il diritto di ottenere ciò che chiedeva: per stare accanto alla piccola nei momenti più difficili della malattia durante i suoi primi anni di vita, certo. Ma anche per aiutare la moglie nella gestione quotidiana delle cure alla neonata, indipendentemente dall’handicap della piccola”.
 
CARCERE
MANIFESTO – Ultima pagina dedicata al tema carcere “Sovraffollamento, detenuti risarciti”, il titolo di apertura firmato da Stefano Anastasia. Nel sommario si spiega “Oggi pomeriggio alla Camera il voto definitivo sulla legge di conversione del decreto Severino, sul quale la scorsa settimana il governo ha incassato la fiducia, e ribattezzato da sinistra «il salvacarceri». Per i Radicali, che si asterranno, si tratta solo di un «compromesso al ribasso», un modo per far dimenticare che è lo Stato in flagrante violazione delle leggi. Per Lega e Idv, che voteranno contro, il provvedimento invece «svuoterà carceri» e Opg, liberando delinquenti e «pazzi pericolosi». Prende sempre più piede però anche la critica all’emendamento Marino che stabilisce la data di scadenza dei manicomi  criminali senza riformare il codice penale sul concetto di «pericolosità sociale»”. Di spalla un articolo su Asti “Torturatori in cella, anzi no”, mentre in un box si punta l’obiettivo sull’Idv e su: “Il gioco  pericoloso di Di Pietro”.

ARCIGAY
ITALIA OGGI – Giorgio Ponziano firma “E adesso si scopa. Paga il Comune”. Il titolo del pezzo fa riferimento al titolo delle particolari “istruzioni per l’uso”, la cui intestazione originale è “Finalmente si scopa, sesso anale, istruzioni per l’uso”, pagate con soldi pubblici  del Comune di Bologna. L’articolista sottolinea anche che «il Comune da alcuni anni abbuona al circolo gay l’affitto (70 mila euro) e le utenze (40 mila euro)» .

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