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Amesty, Noury: preoccupati per clima in Zimbabwe

Oggi il ballottaggio (senza sfidante) in Zimbabwe. Intervista a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International.

di Emanuela Citterio

Si sono aperti oggi i seggi elettorali nello Zimbabwe, dove si svolge il contestatissimo secondo turno delle elezioni presidenziali che vede in lizza un unico candidato, il presidente in carica Robert Mugabe, dopo la decisione presa dal suo rivale Morgan Tsvangirai in un clima di continue e gravissime violenze – che hanno fatto 90 morti in tre mesi tra i sostenitori dell’opposizione – di ritirarsi per non esporre i propri elettori ad ulteriori rischi. In un paese in cui nessuno può criticare il governo, Amnesty International è una delle poche organizzazioni che ancora continua ad attaccare la leadership, come conferma Riccardo Noury, capo ufficio stampa della sezione italiana.

Come valutate la situazione in Zimbabwe?
Siamo estremamente preoccupati perché non solo dal 29 marzo (data del primo turno delle elezioni presidenziali), ma da molti anni assistiamo ad una evoluzione preoccupante della crisi e a un totale disprezzo dei diritti umani da parte del regime di Mugabe, con attacchi verso l’opposizione, gestione personale degli aiuti alimentari, pestaggi nelle periferie. Tutto questo si è acuito nelle ultime settimane. Sono stati ritrovati dodici cadaveri con segni di torture. Erano tutti appartenenti al Movimento per il Cambiamento Democratico.

Dove sono stati uccisi?
In varie aree; cinque nella provincia di Masvinga, due nel distretto Gokwe, due ad Harare tre non si sa. Sono stati tutti rapiti dai supporter dello Zanu-Pf.

Avete conferme dallo Zimbabwe circa il numero delle vittime?
Assolutamente sì. Dopo il silenzio imposto ai media e alle Ong, le associazioni diritti umani sono le uniche che ancora parlano.

E riescono a lavorare?
Per ora sì. Non sappiamo se avvicinandosi al ballottaggio il regime abbia aumentato il controllo per zittirle..

La società civile italiana non ha parlato molto dello Zimbabwe. Poche campagne di sensibizzazione e advocacy… Perché secondo lei?
Personalmente noto un certo silenzio, ma non vedo colpevoli precisi e non credo che ciò avvenga per ragioni politiche o ideologiche. Forse perché si tratta di un paese lontano. Ma Mugabe è indifendibile, credo che nessuno taccia perché sta dalla sua parte.

Non è che Mugabe scompagina un po’ gli schemi? Magari anche qui qualcuno lo vede come un eroe dell’indipendenza.
Anche Castro lo è stato, ma non si può rimanere alla storia in bianco e nero di cinquanta anni fa.

L’associazionismo inglese si è mosso molto di più.
Perché Oxfam o Care avevano progetti nel paese e, quando il governo ha ordinato alle Ong di andarsene, loro sono state le prime ad essere allontanate. Essendo state sul campo sanno che questo vuol dire che milioni di zimbabwani rischiano la fame perché le organizzazioni umanitarie sono le uniche che distribuiscono il cibo a chi ne ha bisogno e non ha chi ha la tessera del partito.

C’è chi accusa la Gran Bretagna di voler bloccare gli aiuti umanitari per ricattare il regime.
Forse è vero. Ha sempre tenuto una posizione un po’ ambigua, a partire da alcuni accordi nel periodo di transizione post-coloniale, che difendevano la presenza dei bianchi e le loro attività agricole. Probabilmente si può dire che gli inglesi non hanno onorato il debito che avevano con lo Zimbabwe, ma ciò non giustifica quello che sta facendo oggi Mugabe. Sicuramente ha molte più responsabilità la Cina, che ha messo mani e piedi nel paese. Non dimentichiamoci che interi settori della produzione agricola sono in mano ai cinesi, i quali hanno anche provato ad inviare armi al regime passando per il Sudafrica.

(ha collaborato Riccardo Bianchi)


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