Sostenibilità
Ambiente, una parola imbarazzante
L'editoriale di Michele Candotti, direttore generale WWF Italia.
di Redazione
Il rito delle consultazioni elettorali prevederebbe una rinnovata attenzione, rituale o sostanziale che sia, per le voci altre? rispetto allo stretto ambito della politica partitica: per le associazioni imprenditoriali, per le organizzazioni sindacali e per i rappresentanti della società civile. Un?occasione di ascolto, di riflessione, di sereno e comune confronto, ben consapevoli tutti i protagonisti dei limiti e della relativa decisività di tali confronti. Fino alle scorse consultazioni, lo schema di gioco reggeva, almeno nella forma; e per quanto concerne la componente ambientale, il WWF investì la propria competenza, la riconosciuta professionalità e le proprie energie nella redazione di un ?abc? ambientale per il futuro governo, ricco di suggerimenti, spunti, dettagli.In meno di due anni, all?avvio di una nuova campagna elettorale, lo schema è cambiato: i dettagli e le richieste specifiche non servono più, diventati inutili e quasi ridicoli orpelli, importanti solo per alcuni nostalgici. La parola ?ambiente?, già da sola, senza aggettivi, imbarazza tutti, sinonimo com?è divenuto di arretramento, limitazione della libertà, anti modernità, ed ha innescato una corsa alla ricerca del miglior aggettivo calmierante, rassicurante: è così che fantasia e imbarazzo producono chimere lessicali come ?l?ambientalismo del sì?, ?l?ambientalismo del fare?, ?l?uomo al centro?? senza dimenticare la puntuale citazione in salsa ?sviluppo sostenibile?.L?ambiente, dunque, è fonte d?imbarazzo, per tutti, ed è questa forse la ragione dell?elusione di ogni dettaglio, di occasioni di confronto e di approfondimento, dello marcamento sistematico da parte di quasi tutte le forze politiche. C?è la chiara sensazione che affrontare il tema in modo chiaro, approfondito e soprattutto pubblico faccia perdere consensi o comunque fornisca facili inneschi ed occasioni d?attacco agli opponenti, e costituisca quindi un grave punto di vulnerabilità per le principali forze politiche.
segue dalla primaAnzi, il nuovo lessico ?moderno? e percepito come premiante è assertivo, ?maschio?, virile, e parla con decisione di infrastrutture o ?grandi opere?, di trasporto ferroviario o ?Tav?, di ?sì al carbone? o ?sì al nucleare?, quasi che fossero queste le vere ?istanze del Paese reale? o le soluzioni per far quadrare i conti alle imprese e ai cittadini. Sembra proprio di essere testimoni di una vera e propria ?crisi di rigetto? nei confronti dell?ambiente e della sua tutela, ormai relegata a pochi emarginati, alle iniziative delle forze dell?ordine o alle aule dei tribunali. È strana ed imbarazzante questa controtendenza tutta italiana rispetto all?evoluzione del dibattito mondiale: siamo nell?anno del conferimento del premio Nobel ad Al Gore e all?Ipcc, pronti a rammentarci della complessità delle sfide climatiche globali in atto; siamo in un anno in cui persino una potente lobby come quella delle banche d?affari americane ha pubblicamente constatato come il quadro delle relazioni internazionali verrà profondamente mutato dai cambiamenti climatici in atto, che avranno serie ripercussioni sulle economie e i mercati finanziari mondiali, causando degli shock alle prospettive di crescita a lungo termine «paragonabili alla caduta del comunismo, alla globalizzazione, alla nascita di Internet e all?esplosione demografica»; è recentissima l?acquisizione del dato drammatico sull?occupazione del suolo in Italia, un lento ed ineffabile processo di erosione, frammentazione e cementificazione a scapito dell?agricoltura, della salute e vitalità dei nostri sistemi naturali; ed è continuo l?allarme sulla qualità della vita e la salute nei centri urbani e non solo. Il paradosso, appunto, è che mai come ora siamo chiamati a rispondere con rapidità a nuovi fattori di rischio e alle nuove emergenze. Mai come ora il peso delle lobby interne e degli interessi di parte risulta fuori luogo e poco congruo rispetto allo stato di salute dell?ambiente in Italia e nel contesto internazionale. Si percepisce con chiarezza come il vero posizionamento dei contendenti non sia verso il cittadino-elettore: i giochi si fanno altrove, e le esitazioni, le resistenze, i protezionismi delle varie parti contendenti mirano a rassicurare ben altre audience. Prova ne è che si sta puntando, nella sostanza, a competere sull?esclusivo campo dell?occupazione, degli investimenti produttivi, della liberalizzazione. E non si affrontano temi attuali e cruciali per i quali l?Italia è fanalino di coda in Europa e a serio rischio di penalizzazione, quali le bonifiche, la difesa del suolo, la gestione delle acque, il danno ambientale, l?inquinamento atmosferico, la gestione dei rifiuti, la partecipazione della cittadinanza. Perché non si entra nel merito di tutti questi temi che inevitabilmente qualsiasi governo futuro dovrà affrontare? Non ci preoccupano i costi per le imprese e per la collettività imposti dall?ormai conclamato dissesto idrogeologico del Paese? E ci è indifferente il fatto che l?Italia è ancora il solo Paese dell?Europa a non aver nemmeno iniziato l?iter formale di recepimento della complessa e cruciale direttiva europea sulle acque? Abbiamo abbandonato definitivamente il principio di «chi inquina paga»?
Michele Candotti
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