Agricoltura

Ambiente o prezzo equo, il falso dilemma dei trattori

La nuova Politica agricola comune e il Green deal sono i principali bersagli delle proteste dei trattori in tutta Europa. Ma per la coalizione #CambiamoAgricoltura, la richiesta di un prezzo giusto per i prodotti della terra non è in contrasto con la difesa dell’ambiente e del clima. Nel mirino dei manifestanti anche le politiche neoliberiste dell’Ue

di Elisa Cozzarini

Continuano le proteste degli agricoltori, che si preparano a marciare anche su Roma. La nuova Politica agricola comune – Pac 2023-27 e il Green deal sono tra i bersagli gridati della protesta. Ma la rabbia degli agricoltori ha radici più profonde e deriva dalla richiesta di un prezzo giusto per i prodotti della terra. Per la coalizione #CambiamoAgricoltura, nata nel 2017 proprio per chiedere una riforma della Pac a tutela degli agricoltori, dei cittadini, dell’ambiente e del clima, «le reali cause del disagio vanno cercate in un sistema alimentare ingiusto, espressione degli interessi delle grandi corporazioni agroindustriali chimiche, meccaniche, sementiere, della trasformazione alimentare, che penalizza chi produce e chi consuma». Alla coalizione aderiscono oltre novanta sigle della società civile, con le maggiori associazioni del mondo ambientalista, del biologico e di tutela dei consumatori, tra cui Aiab, FederBio, Legambiente, Lipu, Wwf, Slow Food, etc.

Una Pac verde, equa e già annacquata

La riforma della Pac, fondamentale per realizzare il Green deal, è entrata in vigore il 1° gennaio 2023. Per garantire un futuro sostenibile ed equo agli agricoltori europei, prevede una redistribuzione degli aiuti al reddito a vantaggio delle aziende di piccole e medie dimensioni e dei giovani. Va ricordato che l’età media dei 17 milioni di agricoltori in Europa è di 57 anni. Anche la parità di genere entra per la prima volta tra gli obiettivi dei piani strategici della Pac. Per il quinquennio 2023-2027 l’Ue ha stanziato 307 miliardi di euro, il 30% dell’intero bilancio. Lo scorso anno, inoltre, è stata fornita assistenza straordinaria per oltre cinquecento milioni di euro agli agricoltori colpiti dalle emergenze.

La nuova Pac pone obiettivi ambiziosi per la lotta al cambiamento climatico, la protezione della natura e il miglioramento della biodiversità. Promuove l’agricoltura biologica e la gestione responsabile di pesticidi e fertilizzanti. Gli aiuti dovrebbero consentire, tra l’altro, di ridurre l’uso di queste sostanze e quindi dell’inquinamento, mantenendo però la produttività e un reddito stabile ed equo. La Pac poi introduce la “condizionalità forzata”, per cui gli agricoltori che ricevono aiuti economici devono rispettare le norme Ue sulle buone condizioni agronomiche e ambientali, a protezione di acqua e suolo.

Nel mirino delle proteste c’è proprio una di queste condizioni: proteggere la biodiversità mantenendo superfici non produttive, con siepi o alberi. Su questo punto la Commissione Ue ha ceduto subito, rinviando al 2025 l’obbligo di destinare almeno il 4% dei terreni ad aree naturali. «Esprimiamo la nostra più profonda preoccupazione riguardo a questa decisione», ha commentato la coalizione #CambiamoAgricoltura. «Siamo fermamente convinti che questa concessione non sia giustificata dalle condizioni di mercato, o da altra razionale ragione tecnica o economica, e che danneggerà gravemente gli ecosistemi. L’utilizzo di aree non produttive per aumentare la produzione, in un mercato già saturo, non migliorerà il reddito degli agricoltori e probabilmente causerà un ulteriore calo dei prezzi». Le associazioni evidenziano anche come il Green deal, e in particolare le strategie Farm to fork (dal produttore al consumatore) e Biodiversità 2030, siano state molto ridimensionate, per esempio con la mancata approvazione da parte del Parlamento europeo del Regolamento per la riduzione dell’uso dei pesticidi e con la decisione della Commissione di rinnovare l’uso del glifosato per altri dieci anni (ne abbiamo parlato qui).

Una filiera da accorciare

Coldiretti, che tra l’altro è tra i bersagli di parte dei manifestanti, ha colto l’occasione delle proteste per portare l’attenzione sul tema della giusta retribuzione dei prodotti agricoli, e in particolare del latte. Lo scorso settembre la multinazionale francese Lactalis, proprietaria dei marchi italiani Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli, è stata accusata da Coldiretti di aver modificato unilateralmente il contratto con i fornitori di latte, diminuendo il prezzo. In questi giorni sono state riscontrate possibili violazioni della norma sulle pratiche sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agroalimentare, il decreto legislativo 198 del 2021, che deriva dalla direttiva Ue 633 del 2019. «La legge prevede che i prezzi pagati ad agricoltori e allevatori non scendano mai sotto i costi di produzione. Abbiamo iniziato con il latte ma siamo pronti ad agire su tutte le filiere», ha commentato Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. «Intanto, se il procedimento si concluderà con la condanna del più grande gruppo industriale del latte in Italia e in Europa sarà un risultato importante per tutto il mondo agricolo».

Un’altra sfaccettatura delle proteste è quella rivolta contro le politiche neoliberiste dell’Ue, e in particolare il trattato di libero di libero scambio con i Paesi del Mercosur: Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, che infatti è stato sospeso. Per il Coordinamento europeo via campesina sono proprio questi accordi a penalizzare i piccoli produttori, che hanno bisogno invece della garanzia di un pagamento equo e stabile. «I trattati di libero scambio hanno spinto gli agricoltori a produrre per il mercato internazionale, con prezzi che non coprono i costi di produzione e politiche che favoriscono i grandi produttori industriali», ha detto l’agricoltrice bretone Morgan Ody, rappresentante del coordinamento, durante la protesta a Bruxelles il 1° febbraio. «Serve una nuova cornice globale basata sulla sovranità alimentare». In Italia dovremmo saperne qualcosa, dato che proprio alla sovranità alimentare è intitolato il ministero.

La foto in apertura è dell’Agenzia LaPresse.

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