Sostenibilità

Ambiente made in USA: dietro front!

Il 21 giugno è la giornata mondiale di protesta contro la politica energetica di Bush. La promuove la Canadian Nature Federation e la chiama il giorno del "rolling blackout volontario".

di Cesare Pavone

Milletrecento nuove centrali elettriche – una la settimana per 20 anni – prospezioni nelle riserve naturali dell’Artico a caccia di petrolio e gas, semplificazione delle procedure che autorizzano la costruzione delle centrali nucleari per aumentarne il numero, oltre 60.000 chilometri di nuovi oleodotti. Questo, per sommi capi, è il piano energetico che il presidente Bush ha presentato a giugno all’America, giustificandolo con il fatto che il paese soffre la più grave crisi energetica dai tempi degli embargo petroliferi degli anni Settanta, come dimostrerebbero tra l’altro l’aumento del prezzo del carburante e i nuovi “rolling blackouts” attesi quest’estate da una California ormai allo stremo (un “rolling blackout” ha luogo quando un’azienda elettrica, per risparmiare energia, lascia a secco in genere per un’ora, e a turno, determinate zone). Inoltre, ha fatto notare il presidente, gli Stati Uniti stanno diventando sempre più dipendenti dal greggio d’importazione, mettendo la loro sicurezza energetica nelle mani di paesi che in qualche caso non condividono i loro interessi. Un modo di dire grazie? – Diversa la campana di oppositori e ambientalisti. Secondo loro, creare una mentalità della crisi, lanciare l’allarme della “crisi energetica” potrebbe essere una tattica, un modo di ottenere il sostegno dell’opinione pubblica per l’adozione di strategie ad alto rischio come quella nucleare, di generare un clima favorevole all’introduzione di leggi tutt’altro che ecologicamente orientate, e che in condizioni normali gli americani avrebbero respinto. Ma soprattutto, la svolta a favore del greggio più che dell’ambiente impressa dall’amministrazione Bush alla politica energetica americana, il proposito di aumentare la capacità degli Stati Uniti di generare energia elettrica, raffinare petrolio e produrre energia nucleare invece di cercare di ridurre i consumi, il rifiuto da parte di Bush di ratificare gli accordi di Kyoto con la scusa che la legislazione favorisce un po’ troppo gli ambientalisti, non sarebbero altro che un modo tangibile di dire grazie agli industriali del petrolio e dell’energia per i generosi contributi offerti alla campagna elettorale dell’attuale presidente (uno dei principali finanziatori, William S Farish, presidente della W S Farish and Co, ora è ambasciatore a Londra). E’ un fatto che, nel momento in cui George W. Bush ha annunciato di volersi candidare alla presidenza degli Stati Uniti, le aziende elettriche del Texas gli hanno regalato 50 milioni di dollari. Ma ne avevano guadagnate centinaia quando lui era governatore dello stato, e a giudicare dalle decisioni prese nei primi mesi della sua presidenza il futuro per loro è altrettanto roseo. Aiuterà a capire come funziona questo meccanismo di una-mano-che-lava-l’altra ricordare cosa accadde alla proposta di legge per la riduzione dell’inquinamento nel Texas quando Bush era governatore (non per nulla, d’altronde, lo stesso presidente ha un passato di petroliere). Il “suggerimento” degli inquinatori – Per quanto riguarda le emissioni di gas di serra e di sostanze chimiche tossiche, il Texas è in testa alla classifica negativa tra gli stati americani. L’aria di Houston, la sua capitale, è inquinata da fumi velenosi, acido solfidrico e sostanze cancerogene in quantità superiori ai limiti fissati dalla legge (nella zona si rileva un’incidenza di tumori doppia rispetto alla norma). I legislatori dello stato volevano rendere obbligatoria una riduzione delle emissioni fino al 50%, ma Bush chiese consiglio in proposito a una commissione “segreta” da lui stesso istituita che era guidata dalla Exxon e formata da altri giganti dell’industria petrolifera e chimica. Gli inquinatori suggerirono al governatore di far diventare volontaria la riduzione delle emissioni, e lui si adoperò per accontentarli. In base alle leggi anticorruzione del Texas, Bush in qualità di governatore non poteva ricevere donazioni in denaro mentre veniva discussa questa normativa, ma quello stesso mese egli rese pubblica la sua candidatura alla presidenza, e i 150.000 dollari donati da membri della commissione e da loro rappresentanti divennero perfettamente legali. La legge sulla riduzione volontaria fu approvata e l’inquinamento scese – del 3% appena – ma compagnie petrolifere e aziende elettriche risparmiarono centinaia di milioni di dollari, che avrebbero dovuto pagare se la riduzione fosse stata obbligatoria. La El Paso Corporation, la Dynegy, la Reliant e la Enron Corporation sono alcuni dei grandi finanziatori delle campagne politiche di Bush (per un totale di 3.5 milioni di dollari). Nel primo quarto dell’anno queste quattro società hanno guadagnato in tutto 220 milioni di dollari. Nel corso della passata amministrazione lo stato della California accusò la El Paso Corporation e la Dynegy di aver deliberatamente ridotto il flusso di gas naturale nel gasdotto che lo convoglia dal Texas, creando una penuria artificiale che ha fatto aumentare di dieci volte i prezzi. L’ex presidente Clinton ordinò che cessasse la speculazione sui prezzi dell’energia in California, ma tre giorni dopo il suo insediamento Bush ha annullato quest’ordine. Un gesto simbolico – Gli Stati Uniti importano attualmente il 55% del greggio di cui hanno bisogno, e tra 20 anni ne importeranno il 70%, eppure il governo sembra rifiutarsi di accettare l’idea che il passaggio dal petrolio all’idrogeno come carburante è inevitabile, e gli americani continuano ad andarsene in giro spensierati su macchinoni che bevono benzina come spugne. Per protestare contro la politica energetica dell’Amministrazione Bush, contro il poco rilievo concesso alla massimizzazione del rendimento energetico, alla conservazione dell’energia e all’uso di energia da fonti rinnovabili (solare, geotermica, eolica eccetera), un’organizzazione canadese per la protezione della natura, la Canadian Nature Federation , lancia un appello per fare del 21 giugno prossimo, primo giorno d’estate, la giornata mondiale del “rolling blackout volontario”. Un gesto simbolico che consisterà nell’abbassare l’interruttore generale della luce dalle 17 alle 22 e nel dedicare quelle cinque ore di buio deliberatamente voluto a qualsiasi passatempo che non richieda il contributo dell’elettricità e si accontenti del lume di candela. Cinque ore durante le quali per esempio si potrà leggere il libro “Natural Capitalism” di Hawken e Lovins (1999), e scoprire che le tecnologie per la conservazione e la massimizzazione del rendimento energetico sono state messe in soffitta. Eppure, la realizzazione di queste idee rivoluzionarie darebbe risultati nel giro di cinque anni, ridurrebbe l’immissione di gas di serra nell’atmosfera e farebbe risparmiare una notevole quantità di denaro. Inviate questa e-mail a quante più persone potete, a uomini politici e ambientalisti. Fate loro sapere che vogliamo che la conoscenza, la partecipazione e il finanziamento nel campo della conservazione, della massimizzazione del rendimento energetico e delle fonti di energia rinnovabili diventino un fatto globale, e che cessi lo sfruttamento e il cattivo uso delle risorse del pianeta. Tutti sanno che il vicepresidente Dick Cheney e Bush non dicono la verità quando asseriscono che “…la conservazione non può risolvere il problema, comporta l’uso di tecnologie troppo costose”. Perché se così fosse significherebbe che la tecnologia per mettere a punto stazioni spaziali e armi per buttar giù missili balistici intercontinentali in arrivo è a buon mercato.


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