Non profit

Amazzonia, rivolta contro il Codice killer

di Paolo Manzo

«Lo chiamano Nuovo Codice Forestale ma in realtà è una porta spalancata per quello che io chiamo l’agribanditismo, altro che agrobusiness come vogliono far credere al mondo. Proprio un bel biglietto da visita alla vigilia di Rio +20 e voglio vedere con che faccia ci andrà il mio Brasile anfitrione dopo questa bella pensata». A parlare così è Pedro Gonijo, segretario generale della commissione brasiliana Giustizia e Pace, organismo legato a filo doppio alla Conferenza episcopale verde-oro. Oltre ad insegnare filosofia all’Università di Brasilia, Pedro è noto per il suo aplomb ma, questa volta, la pazienza l’ha persa sul serio. Il motivo è la decisione presa nella notte di mercoledì 25 aprile dalla grande maggioranza dei deputati brasiliani che ha approvato la riforma forestale con alcune modifiche, rispetto al testo già passato al Senato, che favoriscono ulteriormente gli agricoltori, prevedendo, tra l’altro, il condono delle multe per i responsabili di disboscamenti illegali fino al 2008. Con 274 voti a favore e 184 contro, la nuova versione del progetto passa ora nelle mani della presidente della Repubblica, Dilma Rousseff, che potrà a sua volta trasformarlo ufficialmente in legge o respingerlo. Tra i punti più polemici approvati alla Camera, la concessione del “credito agricolo” a chi ha deforestato, la maggiore vulnerabilità delle aree situate sulle sponde dei corsi d’acqua e il permesso di disboscamento nelle vette di colline e montagne, che finora rientravano tra le zone ambientali protette. Se Dilma non interverrà, secondo Gonjo, si aprirà la strada al «disboscamento selvaggio di ciò che resta dell’Amazzonia». Con Pedro ci sono tutte le principali ong brasiliane ed internazionali riunite nel Comitato Brasile in difesa delle foreste e dello sviluppo sostenibile: dal WWF Brasile a Via Campesina passando per le associazioni nazionali di avvocati e vescovi.


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