Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha inviato un progetto di legge al Parlamento per restringere l’accesso dell’Amazzonia agli stranieri. “Chi visiterà aree indigene, quilombos (gli insediamenti degli ex schiavi, ndr) e di sicurezza nazionale avrà bisogno di un visto che sarà a tempo determinato da adesso in poi”, recita un comunicato del ministero della Giustizia. Poche settimane dopo l’abbandono del ministro del Lungo Periodo Mangabeira Unger che coordinava il PAS (Piano Amazzonia Sostenibile) e le polemiche per una “misura provvisoria” (simile negli effetti ai nostri Decreti Legge) che secondo l’ex ministra dell’Ambiente Marina Silva “favorisce il disboscamento”, Lula torna dunque a puntare sul concetto di “sovranità” e, con questo progetto di legge, accontenta le sue alte sfere militari che da anni ripetono il mantra dell’importanza geopolitica della regione amazzonica. La nuova legge per gli stranieri dovrebbe limitare anche l’operato di molte ong, la maggior parte delle quali internazionali. Da segnalare che meno di due mesi fa Lula aveva detto in pubblico che “chi ha disboscato l’Amazzonia non è un bandito”. Un’affermazione choc con cui il presidente del Brasile aveva aperto una polemica pesantissima con le ONG che si occupano in particolare di Amazzonia, “colpevoli” di aver criticato ferocemente la “misura provvisoria” varata dal governo che regolarizza il possesso privato di suolo amazzonico fino a 1,5 mila ettari.
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