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Amatrice: una ricetta in versi
Doveva tenersi oggi, nella cittadina colpita dal sisma, la sagra dell'amatriciana. Raffaele, «tenace autodidatta da Francucciano», cresciuto nella «conca di Amatrice», ci manda una sua poesia. Una ricetta in versi, per non dimenticare e per ricominciare
Questa è la ricetta della pastasciutta all’amatriciana scritta da Raffaele, «tenace autodidatta da Francucciano, nella conca di Amatrice», tra il monte Gorzano e Cima Lepri, che ha «composto e pubblicato poesie e scritti prosastici senza l’ausilio dei docenti». Oggi, ad Amatrice, doveva tenersi la sagra dell'amatriciana. Raffaele ci ha fatto dono dei suoi versi.
Propongo un pasto d’ottimi spaghetti
col peperoncino, col pomodor,
guanciale a pezzettini lunghi e stretti,
con l’olio e un po’ di vino bianco. Ed or
ve ne trascrivo in versi la ricetta
che, in prosa, in un opuscolo ebbi letta.
Si metta in una teglia od in padella
peperoncin, guanciale ed olio, e al fuoco
si faccian rosolare dopo in quella,
poi di vin bianco ci s’aggiunga un poco.
Togli il guanciale, fallo sgocciolare
ponendol dove non si può freddare.
Poi prendi i pomodori maturati,
togliendo ad essi semi e tegumenti
e dopo aggiungili a listel tagliati
nel recipiente; sala gl’ingredienti
e mischia; fai bollire ancora un poco
tal salsa (alcuni minuti) sopra il fuoco.
Togli dal sugo poi il peperoncino,
rimettici il gradevole guanciale,
rimestola la salsa di suino
che differenzia la vivanda tale.
E dopo lessa al dente quella pasta
con copiosa acqua e sale quanto basta.
Poi scorsa tale pasta (ben scolare)
mettendola in un largo recipiente,
aggiungi il pecorino ed aspettare alcuni secondi; versa poi l’aulente
salsa, la quale il suo profumo emana,
su quella che or si chiama “amatriciana”.
Un giorno quel secondo Ferdinando,
dell’Ottocento quasi alla metà,
il suo vasto reame ispezionando
passò per Amatrice, dove là,
fu nel palazzo a pranzo convitato
da un De Leonardis, nobil di casato.
Ed ivi quel sovrano si mangiava
una piatto di spaghetti o maccheroni
con tale salsa: penso li elogiava
essendo profumati e molto buoni,
tanto che a don Nicol così ordinò:
“Dammene ancora una porzion, guagliò".
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