Formazione
Amato ama troppo le multinazionali
Eduardo Missoni era presidente del Gruppo esperti sanitari. Se ne è andato sbattendo la porta
A difendere il diritto alla salute nei Paesi poveri, Eduardo Missoni ci ha provato prima di tutto come volontario. Nel Nicaragua dei primi anni Ottanta, dove curò sul campo le malattie tropicali che aveva studiato all’università e comprese che per risolvere certi problemi devi risalire alla loro origine e agire a un livello più alto.
È il 1983, e dalla prima linea Missoni trasloca in un ufficio dell’Unicef a Città del Messico per programmare, gestire e valutare programmi sanitari adatti al Paese. Tre anni più tardi cambia ancora qualifica: Roma lo chiama al ministero degli Affari esteri, Direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo, come responsabile delle iniziative di cooperazione socio-sanitaria con l’America Latina e l’Africa Subsahariana. È il biglietto da visita con cui, l’anno scorso, si presenta al G8 di Okinawa per uscirne con l’incarico di presidente del Gruppo di esperti sanitari del G8.
Un lavoro cui l’ex volontario, ex funzionario Onu ed ex esperto del ministero ha rinunciato due settimane fa presentando le sue dimissioni alla presidenza del Consiglio. A meno di due mesi dal G8 di Genova, proprio quando aveva l’occasione di consigliare ai governi più potenti del mondo come rendere la salute un diritto per tutti.
Vita: Come mai, dottor Missoni?
Eduardo Missoni: Perché il nostro governo considera la salute come un problema da risolvere per non frenare lo sviluppo economico invece che come un diritto in sé da garantire a tutti. È in quest’ottica che si parlerà di malaria, Aids e tubercolosi al prossimo G8. La proposta del Genova Trust Fund for Health Care, che la presidenza italiana ha diffuso all’inizio del mese ai suoi partner senza coinvolgere il nostro gruppo di esperti, va chiaramente in questa direzione.
Vita: Si spieghi meglio.
Missoni: Invece di coinvolgere la società civile nella lotta alle malattie – come sarebbe stato sensato fare – la proposta di costituire un fondo amministrato dalla Banca Mondiale, cui le grandi multinazionali sono invitate a contribuire con 500 mila dollari ciascuna, limita la partecipazione dei Paesi poveri al processo di decisione globale e favorisce le grandi aziende farmaceutiche. La proposta del nostro governo spiega, infatti, che versando la loro quota le multinazionali acquisiscono un potere di indirizzo del Fondo. E, quindi, solo per fare un esempio, la possibilità di suggerire che con le sue riserve si comprino i loro farmaci anti Hiv per combattere l’Aids in Africa. Un’idea che è in contraddizione con le posizioni assunte dall’Italia di fronte all’Organizzazione mondiale della sanità e che, per di più, è stata preparata senza consultarci dal ministero del Tesoro per presentare al G7 di Palermo il programma Beyond Debt Relief. Per poi essere rimaneggiata da un burocrate della Banca Mondiale senza tenere in alcun conto le nostre critiche. È un peccato, l’Italia poteva fare di più.
Vita: Per esempio?
Missoni: Al G8 avremmo potuto portare un approccio nuovo allo sviluppo e proporre la salute come un fine invece che uno strumento di miglioramento economico. Ma, soprattutto, avremmo potuto coinvolgere nella preparazione dell’Agenda salute per il Vertice la società civile. Ci ho provato più volte in questi mesi, ma è stato inutile.
Vita: Perché?
Missoni: Semplice: per società civile, i politici che stanno organizzando il G8, intendono le imprese. Enti molto privati e troppo poco sociali. Il governo non ha saputo ascoltare chi poteva dargli gli strumenti per cambiare davvero le cose, così il summit di Genova rischia di trasformarsi solo in un confronto fra economisti che vogliono governare il mondo.
Vita: Cercherà anche lei di boicottare il G8?
Missoni: No, distruggerlo non serve. Cerchiamo piuttosto di riportarlo al suo compito originario, e cioè di essere una sede consultiva e non direttiva. Da qui a luglio, come esperto della Cooperazione, continuerò a fare informazione contro il fondo proposto dall’Italia che consegna il diritto alla salute in mano alle aziende e alla Banca Mondiale.
Vita: Non si è pentito di aver lasciato la prima linea per difendere il diritto alla salute direttamente nella pancia del mostro?
Missoni: No, continuo a fare il mio lavoro con lo spirito di un volontario. E cioè con l’impegno e l’onestà intellettuale per cui ti dissoci da una cosa in cui non credi.
La sua solidarietà scorre sul web
Difendere il diritto alla salute nei Paesi poveri non è l’unico impegno sociale di Eduardo Missoni. Cliccate, per credere, sul suo sito Internet www.mclink.it/personal/MD4536/page1.html: scoprirete così che è il presidente dell’Associazione degli Operatori di Cooperazione allo Sviluppo (www.adocs.org) da lui co-fondata, che per molti anni ha lavorato come educatore nel movimento degli scout cattolici e che a Roma ha la Comunità familiare “Il Tetto”(web.tiscalinet.it/iltetto) impegnata nell’affidamento familiare e nell’integrazione sociale ed economica dei giovani in difficoltà.
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