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Amanda, l’happy end e i media Usa

La sentenza sull'omicidio di Meredith Kercher nelle top news del mondo

di Redazione

Mancava giusto l’happy ending per fare di Amanda Knox, la bella studentessa di Seattle, la protagonista non di una tormentata vicenda giudiziaria, ma di una promettente sceneggiatura per un film “noir” americano. Gli ingredienti ci sono tutti: il sangue, la suspance, le lacrime e, soprattutto, lei, la donna dallo sguardo angelico, diabolicamente avvolta nel mistero. “Il caso Knox rappresenta l’ossessione della cultura pop”, scrive il sito internet di Cnn.
Un’ossessione che, almeno negli Usa, non sembra destinata a spegnersi. Come tutte le grandi emittenti americane – Fox, Abc, Cbs – anche Cnn ha tenuto i riflettori puntati sull’aula del Tribunale di Perugia dove veniva pronunciata la sentenza, continuando a ritrasmettere per tutta la notte interviste, approfondimenti e collegamenti in diretta da Perugia. La liberazione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, ore dopo il pronunciamento della Corte di Assise di Appello di Perugia, è ancora una “breaking news”.

“La saga della Knox non finisce in un’aula di giustizia”, annuncia Cnn: con piu’ di 400 giornalisti di tutte le testate del mondo accreditati a Perugia, “la battaglia sarà ora quella tra chi riuscirà ad assicurarsi la prima intervista con Amanda”. In attesa del grande scoop è però l’industria del cinema a muovere i primi passi. Secondo il quotidiano The Guardian, il noto regista inglese Michael Winterbottom avrebbe già in cantiere un film con il premio Oscar Collin Firth nel ruolo di reporter al processo di Perugia.

Il nome “Knox” lunedì è stato tra i cinque più digitati sul motore di ricerca Google. Sui media americani, per buona parte della giornata la vicenda è riuscita ad oscurare top news come la protesta degli indignati di Wall Street. È invece impossibile – sottolinea Cnn – tenere il conto dei post consegnati su Twitter. In campo, con i cosiddetti social media, è scesa anche la politica. Quella di Maria Cantwell – senatrice democratica dello Stato di Washington, di cui Seattle è la capitale – è stata una delle voci più presenti: «sono felice che la Corte di Appello abbia dato ad Amanda l’udienza giusta che meritava».
«Tutti i paesi – ha continuato ai microfoni delle principali emittenti- devono essere all’altezza degli impegni internazionali e garantire agli accusati processi equi in tribunali imparziali».

Con una dichiarazione rilasciata dal portavoce, Victoria Nuland, anche il Dipartimento di Stato Usa ha detto la sua, esprimendo “apprezzamento” per “l’attenta considerazione della vicenda nell’ambito del sistema giudiziario italiano”. Nei vari studi televisivi, hanno trovato posto, assieme ai corrispondenti che hanno seguito da sempre il caso, gli autori dei libri dedicati ad Amanda e al processo. Fra tutti, Nina Burleigh autrice del bestseller “The fatal gift of beauty: the trials of Amanda Knox” e grande sostenitrice della causa per la liberazione di Amanda in assenza di prove certe contro di lei. Ancora prima della sentenza, ai microfoni delle televisioni americane, la scrittrice dava la sua personalissima versione dei fatti: «il motivo per cui Amanda è stata erroneamente arrestata è che Amanda è attraente. Tutti sembravano inchiodati su quella faccia di donna – ha ripetuto – invece che sui fatti del crimine o sul caso nella sua complessità».

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