Non profit

Alzheimer, quota un milione

Come affrontare il male incurabile che sta mettendo in ginocchio le famiglie

di Marina Moioli

Tanti sono i malati in Italia. Ma i numeri e i costi sociali sono destinati ad aumentare. Per questo occorre modificare
gli approcci e aumentare
gli investimenti. Come spiegano, cifre alla mano, medici e associazioni impegnate sul campo
L’inizio è subdolo. Si comincia con lievi problemi di memoria, ma poi pian piano si arriva al punto di perdersi in luoghi familiari, si hanno disorientamenti sul tempo, sulle persone, e si finisce per trascurare la propria sicurezza personale, l’igiene e la nutrizione. Per i malati di Alzheimer, malattia neurodegenerativa che secondo il World Alzheimer Report 2010 in Italia colpisce quasi un milione di persone, la vita è un progressivo e lento declino che può durare anni. E non essendoci per ora alcuna possibilità di cura, assume un’importanza ed una dimensione sempre più rilevante la rete familiare, affiancata da strutture pubbliche e private.

30mila solo a Milano
I dati sono incredibili: 35,6 milioni di malati nel mondo, destinati inesorabilmente ad aumentare: nel 2030 saranno 65,7, nel 2050 arriveranno a 115,4. Solo in Europa sono 7,3 milioni. Più del 10% dei malati di demenza italiani vive in Lombardia, cioè tra i 100 e i 120mila. Un quarto di questi, 25-30mila, risiede a Milano. L’incidenza della malattia è simile in tutto il mondo e destinata ad aumentare. Con costi sociali enormi: 604 miliardi di dollari, che rappresentano oltre l’1% del Prodotto interno lordo mondiale. «Un impatto che le famiglie, da sole, non sono in grado di sostenere», commenta Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia. «Per di più nel nostro Paese, rispetto all’Europa, sono meno diffusi i servizi di assistenza, sia domiciliare (da noi rappresenta solo il 4,9% contro il 13% della media europea) sia residenziale (3% da noi contro 6-8%)».
Parla di vera e propria «epidemia sociale» Patrizia Spadin, presidente di Aima – Associazione italiana malattia di Alzheimer, associazione fondata 25 anni fa e nota per l’efficace slogan «Non dimenticare chi dimentica». «Dopo tanti anni sento le stesse parole di allora: fatica, dolore, miseria», avverte sconfortata. «Cosa frena l’Italia? Altri Paesi hanno investito risorse, affrontato piani, sperimentato strutture e servizi. In Italia dopo qualche tentativo è come se ci fossimo arresi, come se avessimo lasciato perdere. Sì, forse si fa un po’ più di assistenza, ci sono cure migliori ma non c’è programmazione, non è stata affrontata alcuna trasformazione del welfare. L’Italia si è dimenticata di chi dimentica. Abbiamo costruito un giocattolo, la longevità. Abbiamo allungato la vita, ma non sappiamo come morire».
A farle eco è Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria, che spiega come l’invecchiamento della popolazione comporti un’accelerazione della cronicità delle malattie. «L’Alzheimer è parte importante del fenomeno, anche se i confini diagnostici delle diverse malattie neurodegenerative si vanno assottigliando. Le rilevazione statistiche ci dicono che circa il 15% della popolazione con più di 75 anni è soggetta a patologie neurodegenerative. La crisi economica ed i provvedimenti di regolarizzazione delle badanti hanno reso più complicata la gestione dei malati cronici da parte delle famiglie. Prova ne è la ripresa delle liste di attesa presso le strutture di lungodegenza. Anche per questo è sempre più urgente progettare e cercare di mettere in pratica un modello di assistenza basato, oltre che sull’intervento pubblico, anche e soprattutto sulla partecipazione delle comunità locali e del volontariato ai processi di cura».

Che fare?
Una risposta può venire dalle cooperative sociali. «Noi stiamo sperimentando in maniera strutturale una unità di intervento domiciliare per offrire a 360° tutte le specialità rispetto all’assistenza post ospedaliera (il letto che si alza, l’intervento infermieristico, l’assistenza, anche psicologica); per il paziente con Alzheimer offriamo in più il supporto alla famiglia con la possibilità anche di soggiorno all’interno dei nostri centri diurni», dice Felice Romeo, presidente del consorzio Drom a cui aderiscono 20 consorzi regionali con numerose cooperative sociali che operano direttamente sul territorio. Drom gestisce nuclei Alzheimer in Lombardia e altre regioni (Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Veneto e Sicilia) all’interno delle Residenze sanitarie assistite o delle case di riposo, oltre a occuparsi di centri diurni convenzionati e di assistenza domiciliare.
«Nelle 647 Rsa sono stati attivati 79 Nuclei Alzheimer con 1.634 posti letto e un impegno economico della Regione di 31 milioni di euro all’anno», ricorda Giulio Boscagli, assessore al Welfare in Lombardia. Per questo, dice, «bisogna andare verso la domiciliarità e strutture più leggere». Concorda Romeo, ma sottolinea: «Il rischio alla fine è sempre la solitudine in cui si ritrovano le famiglie. Nella fase iniziale possono riuscire a gestire il malato. Prima o poi il ricovero è l’unica cosa che resta e allora si deve mettere mano al portafoglio. L’assistenza in media costa almeno 2.500 euro al mese, se non di più».

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