Welfare
Alzare le rette? Significa scaricare la gestione dell’anziano sulle famiglie
Le Rsa devono intervenire sulle temperature degli ambienti per 12 mesi l'anno: «Sono costi incomprimibili». Il direttore generale della cooperativa sociale PG Frassati: «In Piemonte nelle Rsa ci sono molti posti vuoti, alzare le tariffe metterebbe ancora più in difficoltà le famiglie rispetto all’accessibilità del servizio. Significa scaricare la gestione dell’anziano sui familiari»
Il recente aumento delle bollette, che tanto preoccupa famiglie e piccoli imprenditori, ha un impatto enorme anche su realtà che spesso trascuriamo: le Rsa, residenze sanitarie assistenziali che accolgono anziani non autosufficienti. La crescita esponenziale del costo dell’energia sta mettendo a dura prova la sopravvivenza di questi servizi, che si vedono obbligati ad aumentare la retta come unica soluzione possibile. Ne abbiamo parlato con Roberto Galassi, direttore generale presso la Cooperativa Sociale Piergiorgio Frassati, che gestisce quattro Rsa nell’area metropolitana di Torino.
Qual è la situazione attuale delle Rsa, dopo l’aumento esponenziale delle bollette di luce e gas?
L’aumento del costo dell’energia ha sicuramente avuto una ripercussione significativa in ogni ambito ma credo sia importante sottolineare che nelle Rsa si tratta di un impatto che riguarda tutti i mesi dell’anno, perché ci sono degli obblighi normativi che prevedono di rispettare determinate temperature sia nei mesi invernali (con il riscaldamento) sia in quelli estivi (con i condizionatori). Considerando una media delle spese in bolletta dell’anno fino al mese scorso, i costi delle utenze del gas sono più che raddoppiati mentre i costi per l’energia sono poco meno del doppio. Nella Rsa Alchemica, che conta 140 posti letto, stiamo parlando di uno scostamento percentuale del 90% sul gas (33.743 euro a giugno 2021 contro i 64.131 a giugno 2022) e del 72% sull’energia (da 36.014 euro nel 2021 a 61.879 euro nel 2022). Nelle altre due RsaRsa la situazione è anche peggio. La residenza Sant’Anna, con 88 posti letto, ha visto un incremento delle spese del 164% per quanto riguarda il gas (da 16.454 euro nel 2021 a 43.378 euro nel 2022) e del 90% per l’energia (da 23.290 euro nel 2021 a 44.233 euro nel 2022).
La residenza Foglizzo, che conta 40 posti letto e 10 posti in hospice, è stata quella maggiormente colpita dall’aumento dei costi energetici, con la bolletta per il gas che è passato da 18.596 euro nel 2021 a 49.612 euro nel 2022 (+167%) e quella della luce da 14.578 euro dell’anno scorso a 29.954 oggi (+105%). Numeri che fanno riflettere, considerando che ci si aspetta un peggioramento sulle ulteriori bollette di fine anno. Le Rsa sono doppiamente svantaggiate perché questo aumento improvviso dei costi energetici si somma ad altre problematiche già presenti, in particolare quelle relative alle fatturazioni (perché non vengono attivate le convenzioni), al reperimento del personale e al riconoscimento inadeguato delle tariffe. Il vero problema è che tutti questi costi impattano su una struttura delle entrate che, dal tempo del Covid, è pesantemente compromessa. È una situazione molto difficile da gestire.
Quali sono le possibili vie per affrontare questa situazione?
Noi abbiamo un contratto con delle forniture esterne perché le Rsa che gestiamo sono fatte così, sarebbe però necessario mettere in atto degli interventi sull’efficientamento e la riconversione dell’energia ma sono processi che richiedono investimenti importanti, che in questo momento sono difficili da sostenere nella struttura economica delle Rsa. Bisogna individuare degli aiuti specifici differenziati perché una realtà che ha bisogno di intervenire dodici mesi all’anno sull’equilibrio delle temperature si trova necessariamente a sostenere dei costi che non sono comprimibili. Eppure, non dobbiamo dimenticarci che la situazione attuale di questi servizi è fortemente in crisi: per quello che riguarda il Piemonte, ci sono tantissimi posti vuoti. Di conseguenza anche l’ipotesi di alzare le tariffe per le famiglie non solo non servirà di fronte ad un aumento così esponenziale dei costi energetici ma significherebbe mettere ancora più in difficoltà le famiglie rispetto all’accessibilità del servizio. Che si traduce nello scaricare la responsabilità e la gestione dell’anziano sui familiari. Non dimentichiamo infatti che la domiciliarizzazione degli interventi è valida solo per alcune fasce di anziani, con determinate caratteristiche: è impensabile realizzarla per un anziano non autosufficiente, sia in termini di carico emotivo che organizzativo.
Spesso sulle prime pagine dei giornali si legge di piccoli imprenditori e ristoratori che sono in difficoltà nell’affrontare i costi di questo aumento energetico… secondo lei le Rsa sono poco considerate da questo punto di vista?
Quello delle Rsa, purtroppo, è un contesto troppo sottovalutato. Innanzitutto, non dobbiamo dimenticarci che, nel periodo Covid, è stato un settore fortemente massacrato dal punto di vista dell’immagine e dell’informazione: spesso descritti come lager, in cui gli anziani vengono legati e maltrattati. Sappiamo benissimo che non è così. Le Rsa sono un servizio essenziale: non ci sono grandi alternative di facile sostituzione, quindi anziché demonizzarle, bisognerebbe pensare a come riqualificarle e rendere sostenibile e dignitosa la permanenza dell’anziano. Spesso pensiamo alle Rsa come ad un’impresa, ma qui siamo ben oltre, è un servizio indispensabile per le persone e per le famiglie, che oggi è fortemente pregiudicato per dei costi che da un punto di vista gestionale non si possono né prevedere né governare.
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Foto della cooperativa sociale PG Frassati
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