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Altro che Superministro qui ci vuole autonomia

L’attuazione della legge non convince perché non dà alcun spazio alla periferia.Giulia Cresp(Fai)«Potenziare le sovrintendenze». L’ex ministro Paolucci: «Ci vorrebbe il massimo della libertà operati

di Redazione

Alleggerire il centro per potenziare le periferie. In una parola, autonomia per sovrintendenze, complessi museali e piccoli enti direttamente impegnati a tutelare il patrimonio culturale italiano. È quanto si aspettavano dal ministro Melandri i veri esperti in Beni Culturali del Paese: sovrintendenti, direttori di musei e tecnici delusissimi dal regolamento presentato al Consiglio dei Ministri ma con le idee ben chiare sul tipo di autonomia necessaria agli enti culturali italiani.«Amministrativa, contabile e scientifica», spiega il senatore ds Giuseppe Chiarante, vice presidente del Consiglio nazionale dei beni culturali. Che critica il regolamento presentato dal Ministro al Consiglio dei ministri e propone di attribuire diversi livelli di autonomia a seconda delle dimensioni, budget e patrimonio culturale gestito dagli enti del nostro Paese. «Sovrintendenze di ?prima classe? come quella archeologica di Roma, che cioè tenuto conto del bacino di intervento, entrate realizzate con la vendita di biglietti e cataloghi e personale impiegato raggiungono un determinato livello di bilancio e di attività, devono potersi muovere liberamente sia nella programmazione del budget che in quella delle attività. Realizzando, per esempio, progetti di formazione in collaborazione con le Università e scuole delle Regioni che in teoria sono previsti dalla legge ma in pratica difficilmente realizzabili oggi dato che tutto ha bisogno di un?approvazione centrale da Roma». Più limitata ma non meno importante l?autonomia da attribuire a biblioteche, archivi e sovrintendenze di piccole dimensioni. «Soprattutto amministrativa e contabile», spiega il sovrintendente ai Beni artistici di Milano Bruno Contardi, «ossia la libertà di decidere come spendere un budget assegnato ogni anno dal ministero senza essere legati a precisi capitoli di bilancio. Eviteremmo così i paradossi di oggi: presentare a Roma un bilancio annuale diviso per capitoli di spesa, tipo luce, personale, benzina e restauri, far decidere al ministero quanto debba essere assegnato a ciascuna attività e poi trovarsi a non poter ritirare e valutare un quadro all?aeroporto perché è finita la benzina e anche i soldi dedicati a questo tipo di spesa». Paletti assurdi che spesso rallentano la tutela e promozione del nostro patrimonio artistico. «Ostacolato invece che sostenuto dal nuovo regolamento, incredibilmente accentratore e politicizzato», precisa la direttrice del settore cultura del Comune di Milano Anna Mottola Molfino. «Proprio non mi aspettavo un regolamento che dice di guardare al futuro e invece nega le autonomie delle sovrintendenze locali accentrando tutti i poteri nelle mani del ministro e del suo gabinetto. Esattamente il contrario di quello che serve: autonomia di budget e di movimento per le sovrintendenze regionali in modo che possano dialogare con i grossi musei civici e ottimizzare il loro patrimonio culturale». Della stessa opinione Giulia Maria Crespi, presidente del Fondo per l?ambiente italiano: «Il nuovo regolamento doveva essere un?occasione per potenziare le sopraintendenze periferiche: vero baluardo della tutela del territorio, e invece…». Su come fare il presidente del Fai non ha alcun dubbio: «Dotiamole di personale qualificato, strutture e risorse, autonomia gestionale e contabile».Una libertà di movimento, insomma, che evidentemente preoccupa il ministero dei Beni culturali anche se, precisano tutti i sostenitori dell?autonomia, non significa affatto chiudere i rapporti con Roma. «Autonomia non è sinonimo di indipendenza e anarchia, ma solo del massimo possibile di libertà operativa», spiega il sovrintendente ai Beni culturali di Firenze Antonio Paolucci e ministro all?epoca del governo Dini. Convinto che sia un errore demandare a Roma decisioni operative strettamente legate al territorio che sovrintendenti e regioni possono tranquillamente prendere da soli. «In quarant?anni di esperienza», precisa Paolucci, «ho constatato che c?è un?intera gamma di lavori che possono essere gestiti direttamente dagli enti».L?Italia dei Beni Culturali, insomma, vuole più autonomia. Una richiesta che il ministro Giovanna Melandri si è detto pronto ad accogliere rimandando la decisione finale sul regolamento per la riorganizzazione del ministero di qualche settimana. Speriamo che accolga le proposte dei nostri sovrintendenti e addetti ai lavori, non vorrà mica essere il ministro di Beni culturali famosi in tutto il mondo ma chiusi in qualche scatolone perché ai musei mancano i soldi per spedirli all?estero signora Melandri?


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