Sostenibilità

Altro che rottamazionibAl Paese serve bun’iniezione di fiducia

l'analisi di Gustavo Ghidini

di Movimento Consumatori

Gli incentivi al consumo sono effimere boccate d’ossigeno. Ma non curano il senso di precarietà, l’ansia della continuità del reddito.
Che si battono solo con politiche di welfare di Gustavo Ghidini*
S i rincorrono annunci di prossimi provvedimenti governativi volti ad incentivare la propensione ai consumi degli individui e delle famiglie. In altre parole, si profila un altro ciclo di “rottamazioni”. Questa volta pare che la “benedizione” cadrà sul settore delle automobili e degli elettrodomestici. Naturalmente il beneficio avrà una durata definita, dopodiché torneranno a valere le condizioni normali del mercato sia per quanto riguarda i prezzi sia per le condizioni del credito al consumo.
Non sono un economista e quindi le mie osservazioni non hanno basi scientifiche. Mi limito a qualche considerazione fondata sull’esperienza di molti anni di attenzione ai fenomeni del consumo.
Anzitutto, è ovvio che questo tipo di operazioni può dare solo una boccata di ossigeno, ma certo non serve a curare il malato. Dirà qualcuno: ma l’ossigeno, intanto, può salvare la vita di aziende produttive e commerciali, e quindi anche il reddito di chi ci lavora. È proprio così? Discutiamone in relazione a due ipotesi ben distinte: a) che la crisi di vendite di un’azienda dipenda da insufficienze interne, in particolare dalla bassa capacità attrattiva dei suoi prodotti. In questo caso, a che serve l’ossigeno, o meglio questo tipo di ossigeno? La rottamazione di qualche anno fa è servita alla Fiat a recuperare clienti? O è servito di più migliorare la qualità e lanciare nuovi e più convincenti modelli? Si aggiunga che quel tipo di misure aumenta il ricorso agli acquisti a credito e quindi il già pesante indebitamento delle famiglie per ricorso al credito al consumo.
Ma il punto vero, come ognuno intuisce, è un altro e riguarda la diversa ipotesi (quella b) che la crisi di vendite rifletta una generale fiacchezza della domanda dei consumatori. Ma in questo caso – anche in questo caso – a che serve qualche iniezione di novocaina? Meglio interrogarsi sulle cause profonde – e poi agire su queste – di quella astenia. E queste cause, anche al di là della tempesta finanziaria in corso, possono ricondursi ad un comune denominatore: l’incertezza del futuro, il senso di precarietà, l’ansia della continuità del reddito sufficiente per una esistenza decente.
Questa incertezza, questo ansiogeno senso di precarietà a sua volta deriva da alcuni principali fattori, che riguardano il mercato del lavoro e l’estensione dei servizi sociali fondamentali. Quanto al primo, vi è la giustificatissima percezione che, a fronte della crescente “flessibilità”, il sistema degli ammortizzatori sociali, come oggi si va delineando, sia del tutto insufficiente, per scarsità di risorse destinate. Quanto al secondo, vi è l’altrettanto giustificata percezione che i “risparmi di spesa” taglieranno (non solo inefficienze e sprechi, che pure ci sono e devono essere eliminati) ma soprattutto la portata quali/quantitativa dei servizi sociali. La percezione, insomma, che l’accesso a decenti servizi fondamentali rischierà di dipendere sempre più dalla condizione economica del singolo. Che per curarsi decentemente potrà non bastare aver pagato tasse e contributi per una vita, ma occorrerà metter ulteriormente mano al portafoglio. Una percezione sociale che purtroppo sembra destinata ad estendersi e aggravarsi, con fondamenti oggettivi crescenti, man mano la crisi passerà dalla finanza all’economia produttiva.
In conclusione, anziché in illusori ed effimeri interventi di sostegno all’offerta, conviene utilizzare i soldi dei contribuenti per offrire adeguati ammortizzatori sociali, sia in termini di reddito sia di aiuto a una riqualificazione professionale che possa mantenere, pur in altra destinazione lavorativa, la capacità dei singoli lavoratori di procurarsi i mezzi per una vita “libera e dignitosa”, secondo il precetto della Costituzione repubblicana.

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