Economia

Altro che privilegi: i numeri del sistema coop

In tanti, in queste settimane, si sono esercitati a sparare sentenze sul modello cooperativo. Senza conoscerne le cifre e la realtà. Per questo Vita ha voluto mettere in fila i dati oggettivi

di Francesco Agresti

Una delle battute di maggior successo che circolano nel mondo della cooperazione negli ultimi giorni è quella del presidente di Confcooperative, Luigi Marino il quale, a chi ha accusato le cooperative di non essere contendibili, ha risposto «è come prendersela con i pesci perché non hanno le gambe». Chi ha trasformato la mancanza in una colpa, evidentemente di cooperative non ne sa molto. Mai come in queste settimane si è parlato, e a sproposito, di cooperazione. Una rincorsa a esaltarne i presunti vizi tralasciando le certe virtù. Ecco allora alcune cose che non vi dicono e che invece dovreste sapere. Quante sono Le cooperative attive in Italia sono oltre 70mila, danno lavoro a un milione di persone, riuniscono oltre 10 milioni di soci e producono il 7% del prodotto interno lordo. Il numero medio di occupati nelle cooperative è di 16,5 addetti, nelle altre forme di impresa non si arriva a 4 occupati. Circa la metà delle coop aderiscono a una delle cinque centrali: Agci, Confcooperative, Legacoop, Unci e Unicoop. Le regioni che in termini assoluti registrano una maggiore presenza di cooperative sono la Lombardia, la Campania e la Sicilia; in quest?ultima il numero delle coop è il doppio di quelle attive in Emilia Romagna. Uno dei più attenti e ascoltati centri di ricerca del nostro Paese, il Censis, nel suo ultimo Rapporto annuale delle cooperative ha detto: «In un sistema economico in affanno, colpiscono i positivi risultati cui ha dato luogo il sistema cooperativo nazionale in questi ultimi anni. Una componente del tessuto economico che nel tempo ha visto crescere il suo ruolo nel Sistema Paese rafforzandosi sotto il profilo della numerosità, della diffusione sul territorio e della rilevanza strategica». E ancora: «Una forma d?impresa che ormai da decenni, e malgrado la crisi economica, tende a crescere più rapidamente della media delle aziende in termini di unità, di fatturato e di addetti. La quota globale dell?attività economica organizzata in forma cooperativa risulta maggiore in mercati avanzati che non in economie meno sviluppate e appare evidente come esse abbiano dato un contributo rilevante al raggiungimento di più elevati livelli di sviluppo dal punto di vista non solo economico ma anche, e soprattutto, culturale e sociale». Che Cosa fanno I l 22% delle cooperative è attivo nell?edilizia, il 15% nei servizi sociali, istruzione e sanità, il 13% in attività agricole,il 9% in quello industriale, il 6% nel commercio. Nel comparto alimentare un terzo del valore della produzione nazionale proviene da imprese cooperative che occupano il 36% del totale degli addetti; nella grande distribuzione il 36% del valore prodotto viene dalle cooperative che occupano il 37% del totale degli addetti. Cifre di poco inferiori, ma significative, sono quelle dell?edilizia: nel nostro paese una casa su tre è costruita da una cooperativa. Nel settore delle costruzioni, tra le prime dieci imprese quattro sono cooperative. Per non parlare del credito: le banche di credito cooperativo rappresentano il primo gruppo per numero di sportelli e tassi di crescita. Le Agevolazioni N egli ultimi tre anni», sottolinea Giuliano Poletti, presidente di Legacoop, «il movimento cooperativo ha pagato un miliardo di euro di tasse in più rispetto a quanto versato all?Erario gli anni precedenti». Per alcuni le agevolazioni fiscali di cui godono le coop sono la pietra dello scandalo. Ma scandaloso, oltre che ingiusto, sarebbe non prevederne, visto hanno favorito la costituzione delle riserve indivisibili, per lungo tempo l?unico strumento disponibile per capitalizzare le coop. In ogni caso anche questo vantaggio è stato ridotto dal governo Berlusconi. Dal 1977 e fino al 2001 gli utili che le cooperative accantonavano a riserve indivisibili (cioè quelle riserve che non possono essere ripartite tra i soci, neppure in caso di scioglimento della società, e che sono destinate ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, e quindi a favore delle future generazioni di cooperatori) godevano dell?esenzione totale dalle imposte sui redditi. Nel 2002 il governo Berlusconi, su pressione del ministro Tremonti, ha introdotto una prima parziale modifica. Le norme generali del regime transitorio, in vigore per il 2002 e il 2003, prevedeva l?esenzione delle imposte sul reddito solo sul 39% del 77% dell?utile. Questo regime fiscale ha portato nelle casse dell?Erario, secondo Legacoop, 300 milioni di euro l?anno in più. Nel 2003 la riforma del diritto societario ha introdotto la distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e non, e la Finanziaria 2005 ha messo fine al regime fiscale transitorio. Il nuovo e definitivo, almeno per ora, regime fiscale prevede per le cooperative a mutualità prevalente, in ogni caso la tassazione del 30% degli utili. Le coop non a mutualità prevalente, invece, pagano, comunque, le imposte sul 70% degli utili. Secondo stime di Legacoop l?attuale regime fiscale aumenterà di 450 milioni l?anno le imposte pagate dalle cooperative.


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