Sostenibilità

Alpi: l’opinione degli scienziati. La sostenibilità? Roba da montanari

Ronald Psenner, già a capo di Iscar: "Ai monti servono persone che li amino. E scelgano di restare a viverci"

di Redazione

Un montanaro. Roland Psenner, professore di Limnologia all?università di Innsbruck ed ex presidente del Comitato scientifico internazionale per la ricerca alpina (Iscar), si definisce così. «È da quando sono piccolo che passo almeno quattro mesi all?anno sopra i 1900 metri», spiega. L?Iscar, una rete di scienziati e accademici di tutti i Paesi alpini nata sulla scia della Convenzione internazionale delle Alpi, da quasi due anni collabora con il WWF di Italia, Francia, Germania, Svizzera e Austria per il WWF European Alpine Programme. Ecomondo: Professor Psenner, quali sono le sfide più urgenti per la conservazione delle Alpi? Roland Psenner: Sono due fenomeni complementari: l?intensificarsi del traffico nelle valli e lo spopolamento delle aree in alta quota. Le Alpi contano 14 milioni di abitanti, ma ogni anno ospitano milioni di turisti; per non contare i 100 milioni di persone e i 185 milioni di tonnellate di merci in transito. Dall?altra parte gli abitanti abbandonano le aree alpine più remote: ormai il 60% della popolazione delle Alpi vive in città. Per alcuni questa è una buona notizia, per altri no. Ecomondo: Cioè? Psenner: Alcuni pensano che le aree disabitate siano l?occasione per restituire agli animali le terre che hanno abbandonato: tra dieci o vent?anni avremo uno spazio ideale per reintrodurre specie come i lupi, le linci, gli orsi. L?idea ha un suo fascino, ma non credo possa funzionare. Proteggere la montagna invece significa avere delle persone che la abitano e la amano. È necessario convincere la gente a rimanere in montagna, anche ad alta quota, creare uno spirito di collaborazione e comprensione. Ecomondo: C?è il rischio di una visione romantica della conservazione? Psenner: Sì. Finiamo per avere posizioni estreme che non riescono a comunicare: chi abita in montagna vede la natura come una matrigna da cui si deve proteggere e si innamora del progresso, chi abita in città vuole ampliare le aree incontaminate. In Inghilterra abbiamo fatto una ricerca sui laghi alpini: la gente era disposta a spendere un mucchio di soldi per proteggerli, anche senza averli mai visti o senza essere intenzionata ad andarci? Solo perché è bello sapere che esistono. Ecomondo: Cos?è la biodiversity vision? Psenner: Le Alpi sono una delle ultime ecoregioni naturali rimaste in Europa. Una biodiversità biologica immensa, che va conservata e utilizzata in modo sostenibile. Se perdiamo le specie, l?ecosistema, l?ambiente, perdiamo il sapore della vita. Mi sembra che questo l?abbia capito bene san Francesco, che parlava di sorelle e fratelli parlando di piante e animali. Ecomondo: Perché Iscar ha scelto di collaborare con il WWF? Psenner: Non sempre i ricercatori sono bravi comunicatori. La conservazione della biodiversità delle Alpi non è solo questione di ricerca: passa innanzitutto attraverso la sfida della comunicazione, del convincere la gente che la montagna deve essere vissuta, che chi la abita ha diritto di restarci. La comunicazione non è fatta solo di dati e numeri, ha una grossa componente emotiva, di contatto personale. Iscar ha aperto le porte al WWF e ad altre ong per questo, per inaugurare una relazione più stretta con le persone. Ecomondo: Qualche risultato? Psenner: Sì, l?ultima Settimana alpina. È un forum che Iscar organizza ogni due anni, in uno dei Paesi membri. Avendo visitato tutti i Paesi, ci siamo chiesti: cosa facciamo adesso? Ricominciamo? L?idea con cui ci siamo lasciati è aprire alle ong e alla società civile. Credo che sia l?idea vincente.


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