Il caso

Alluvione Romagna, la strada dimenticata manda a fondo 50 famiglie

A 90 giorni dall'alluvione in Emilia Romagna, la strada Sp33 è ancora chiusa. Gli imprenditori della zona sono in grande difficoltà

di Alessio Nisi

La famiglie dell'area colpita dalla frana in un frame del video pubblicato sui social

Un appello sui social network nato dalla disperazione di chi si è sentito dimenticato, di chi ha chiesto senza avere risposte: aiutateci a riaprire subito la Sp33, la strada provinciale che a 90 giorni dalle alluvioni che hanno colpito l’Emilia Romagna è ancora impraticabile: un passaggio vitale per le aziende agricole della zona e per le famiglie. Tante condivisioni sui social network, anche dall’estero. Che vuol dire, tanta solidarietà e supporto. Un’onda di solidarietà che ha oltrepassato i confini della regione e perfino del Paese. A meravigliarsi di tanto affetto è Stefano Colli, promotore dell’iniziativa. Proprio lui, ingegnere civile di 35 anni, con un passato nella grande distribuzione e da 5 anni alla guida dell’azienda agricola “La Taverna”, proprio lui ci fa presente che l’appello è arrivato fino alle stanze dell’istituzioni.

Stefano Colli, imprenditore agricolo

«Stamattina c’erano i tecnici dell’Anas per i monitoraggi. Certo, non sono ancora i cantieri che vogliamo, ma qualcosa si sta muovendo», dice Stefano. Ma, ricorda, «bisogna fare presto, l’autunno è alle porte».

La strada è chiusa da 90 giorni

Quei maledetti 10 chilometri. La Sp33 è la provinciale che collega Bologna a Ravenna attraverso l’Appennino Tosco Romagnolo. La zona è Fontanelice. Siamo nel cuore dell’Emilia Romagna, tre mesi dopo l’alluvione che ha messo in ginocchio la regione. O meglio, le alluvioni: perché a martoriare l’area sono state prima gli eventi del 2 maggio e poi quelli di metà mese. A 90 giorni da quegli accadimenti le famiglie e gli imprenditori di via della Renana o Casolana (gli altri nomi della Sp33) continuano a vivere sospesi, isolati: i soldi per rimettere in sesto la strada non sono mai arrivati (forse a settembre, si dice) e quei 10 chilometri sono interdetti, chiusi, impraticabili, tra frane e asfalto venuto giù. Un disastro per le 15 aziende e le cinquanta famiglie che su quella strada sono nate e vivono e che su quella strada hanno fatto affidamento. 

L’appello sui social network

Con la Sp33 bloccata, le imprese, perlopiù agricole, sono costrette a utilizzare la strada comunale, anche nota come “salita del cane” o “strappo di Pantani” e non certo perché è orizzontale e levigata. Piuttosto viene definita da chi vive da quelle parti: pericolosissima, strettissima, con forti pendenze e curve cieche. Stremati, rimpallati da un “vedremo” ad un altro, con l’autunno e l’inverno pronti a prendersi la scena, 4 titolari di altrettante aziende locali hanno deciso di fare un appello. Stefano Colli, Lara Tonelli, Marco Ronchini e Roberto Ronchini chiedono che la Sp33 torni percorribile o di aprire provvisoriamente una bretella stradale. Secondo gli esperti consultati dai quattro, il costo dell’intervento si aggirerebbe fra i 30 e i 50 mila euro, per una settimana di lavoro. Non gli oltre 2 milioni di euro, di cui le autorità hanno parlato.

“Evacuazione”, una parola che fa paura

«Almeno», dicono i protagonisti del video messaggio diffuso sui social network, «venga concesso a noi, che viviamo e lavoriamo su queste terre e su queste strade, di poter ripulire la strada e poterla riaprire». La paura di tutti? Si chiama evacuazione. Una possibilità che potrebbe concretizzarsi in caso di forti piogge. «L’inverno è alle porte e se quello che ci viene prospettato è l’evacuazione delle nostre famiglie e delle nostre aziende, non possiamo stare fermi. Per questo non chiediamo soldi ma di condividere questo video e farlo arrivare a chi ha il potere di fare qualcosa per riaprire questa strada importantissima».

strada

Abbiamo bisogno di muoverci. Roberto Ronchini ha 43 anni, è un imprenditore agricolo che alleva struzzi da 20 anni. La sua azienda si trova sulla Sp33, «a poche centinaia di metri dalla prima frana», precisa. «Questa strada», spiega, «è importantissima perché siamo al confine con Ravenna e c’è una viabilità molto elevata, anche a livello turistico».

Roberto Ronchini, imprenditore agricolo

Per un’azienda agricola, poi, «questa arteria è fondamentale perché ci permette di spostarci con camion, trattori, mietritrebbie». Va considerato infatti che i terreni spesso non coincidono con l’azienda agricola. «Spesso sono fuori e recuperiamo lì cereali e fieno per gli animali. Abbiamo bisogno di muoverci».

 


La bretella? Ci permetterebbe di vivere e lavorare

Con queste esigenze, le strade comunali non sono adatte e sono messe male. «Quelle strade, “Strappo di Pantani” e Via della Cima, hanno pendenze importanti e non ce la facciamo a passare da lì con i trattori. È pericoloso. Con l’inverno e il ghiaccio il rischio incidenti aumenta tantissimo. Ogni volta che passiamo ci viene la pelle d’oca». 

Strappo di Pantani

Oltre al rischio di farsi male, Roberto porta in primo piano la principale preoccupazione delle famiglie e delle aziende del posto. «Rimanendo una strada chiusa», argomenta, «la paura è che con le piogge e con la possibilità di rimanere bloccati ci venga chiesto di evacuare. Abbiamo gli animali, non possiamo abbandonarli». C’è anche Roberto tra le voci dell’appello diffuso da Stefano Colli sui social network. «La bretella? Sì, ci permetterebbe di passare e riuscire a lavorare».

Via della Cima

Con la strada chiusa, addio turisti

Con la strada chiusa, i turisti non li vedi più e se, oltre all’azienda agricola, hai un’attività ricettiva l’esito è scontato: non riapri. È quello che è successo al “Chiosco 31” di Lara Tonelli, 52 anni, che vive con un marito e una figlia a Imola.

strada
Laura Tonelli, imprenditrice

«Al “Chiosco 31” vendevamo i prodotti della nostra azienda, avevamo anche affiancato una piccola ristorazione. Questa è una zona turistica, di passaggio. Molti vengono per il monte Battaglia. La Sp33 è fondamentale perché porta gente e turismo nelle nostre attività. Quella che ci porta i clienti. Ora si fa fatica a percorrerla anche a piedi». Il fatto è che tra carte e burocrazia, sono 90 giorni che quei 10 chilometri sono impraticabili. «Per noi è un danno. Sono chiusa dal 14 maggio, quello», precisa Lara, «è il mio stipendio, ci vado avanti anche l’inverno. E l’ho perso tutto. Ora ci concentriamo sull’azienda agricola, che pure ha avuto dei danni dalle alluvioni».

L’autunno, la scuola e il rischio ghiaccio

Sulla Sp33 non ci sono solo aziende, ma anche tante famiglie. «Quest’autunno», si chiede Lara, «ripartono le scuole. Il pulmino non fa la “strada del cane”. Che succede? Come si fa? Parliamo di ghiaccio, di piogge torrenziali, di neve. È un problema di tutti». Lara, per capirsi, raggiunge la sua azienda, dalla via del cane. «Ma ogni volta è un groppo in gola. Tre incidenti negli ultimi giorni: è una strada per niente sicura e che non è nata per grandi flussi di traffico».

Così si rischia di chiudere. Marco Ronchini, 26 anni, gestisce l’azienda agricola “Baia Volpe” insieme al fratello. «La Sp33?», dice, «mi serve per arrivare alla mia azienda. Con le macchine agricole lavorare senza questa strada è molto difficile, perché siamo costretti a passare per vie comunali, che», sottolinea, «sono pietose».

Marco Ronchini, imprenditore

La previsione è fosca. «Se andiamo avanti così, alla fine dell’anno si rischia di chiudere». Marco è veramente infuriato. «A tre mesi dall’alluvione non sono riusciti ad aprire una strada che collega Bologna e Ravenna».

La foto in apertura è di Laura Tonelli. Nel testo, le foto degli imprenditori sono per gentile concessione degli autori, la foto della Sp33 è di Laura Tonelli, quelle di via della Cima e Strappo di Pantani sono di Roberto Ronchini. Le immagini della slide sono di Marco Ronchini

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