Mondo
Alluvione, la tragedia riunisce i Balcani
"La popolazione ha anticipato i governi e l'aiuto reciproco supera le frontiere", racconta Silvia Maraone, cooperante dell'ong Ipsia. La situazione rimane critica, "e sarà ancora peggio nel medio termine, con villaggi che hanno perso i raccolti e il bestiame". Intanto l'Italia dichiara lo stato d'emergenza in appoggio a Bosnia e Serbia
L'Italia, finalmente, si muove: il Consiglio dei ministri di oggi ha dichiarato lo stato d’emergenza in relazione alle piogge di eccezionale intensità del 13 maggio scorso che hanno causato forti danni in Bosnia Erzegovina ed in Serbia: in questo modo la Protezione civile italiana attiva le procedure di soccorso a fianco della Comunità internazionale, a seguito della richiesta del ministro dell’Interno serbo e del viceministro bosniaco per la Sicurezza di attivare il Meccanismo europeo di protezione civile previsto dalla Decisione del Consiglio 1313 del 2013. Nel frattempo, la situazione nei territori colpiti è ben lontana dal tornare alla normalità, e ci sono migliaia di persone in strada ad aiutare. “Emir Kusturica che con l’elicottero privato porta in salvo un intero villaggio? Sì, è stato bravo. Ma qui c’è un Paese intero che si sta dando da fare. Anzi, non solo uno: bosniaci, serbi, croati, montenegrini, kosovari sono incredibilmente uniti nel portare aiuto alla popolazione colpita dalla tragedia”. Silvia Maraone, cooperante e progettista di Ipsia, l’ong delle Acli, è tornata questa mattina da Sarajevo e la Bosnia (dove sta preparando viaggi di turismo culturale) , dopo aver visto con i propri occhi la catastrofe causata dalle inondazioni.
Tutti uniti ad aiutare, quindi?
Sì, ed è una novità assoluta per i Balcani, reduci da guerre fratricide dalla caduta della Jugoslavia. È l’aspetto più strabiliante e commovente di quello che sta accadendo: non ci sono più le frontiere tra i villaggi, ognuno aiuta l’altro indipendentemente dalla nazionalità e dalla religione. A ben vedere, è una vittoria di un popolo che non ha atteso le decisioni dei governi, arrivate in ritardo (la Bosnia ha proclamato lo stato di calamità solo tre giorni dopo il disastro), ma che si è mosso subito per dare una mano. E a oggi nessuno ha ‘politicizzato’ la tragedia, anche questo è un ottimo segnale.
Come la situazione in città e villaggi?
Nelle città, una volta ritiratasi l’acqua, si sta tornando alla normalità, pulendo le strade e le abitazioni inondate dall’acqua. È nei villaggi che la situazione è più che critica, con 100mila sfollati nella sola Bosnia, oltre agli almeno 50 morti finora accertati (che salgono a un centinaio abbondante contando gli altri Paesi): molte case vicino al fiume sono state divelte, i campi sono allagati e il bestiame ha subito perdite gravissime. C’è quindi sia un problema nel breve termine, di trovare un tetto a chi l’ha perso e di assicurazione condizioni igienico-sanitarie adeguate dato l’alto numero di carcasse ancora da rimuovere, ma anche a lunga gittata, dato che gran parte delle famiglie della campagna vive di agricoltura e i prossimi raccolti saranno inadeguati.
A che punto sono gli aiuti, nazionali e internazionali?
Sulla scia dell’attivismo della popolazione, ora Croce rossa, Protezione civile e le istituzioni locali stanno iniziando a fare le prime cose concrete, come mappare il territorio, attraverso i droni telecomandati, e gestire l’accoglienza degli sfollati. Ma c’è sicuramente bisogno di aiuti umanitari dall’estero: molti sono già arrivati, in particolare quelli materiali come cibo e vestiti, e non se servono più, essendoci anche la coda nelle frontiere, che spesso vengono chiuse in questi giorni. Ciò che serve sono le donazioni, perché il vero problema sarà a medio-lungo termine, quando ci sarà da ricostruire.
A chi è preferibile rivolgersi per donare?
Alle ong come Ipsia, Oxfam e altre o alle piccole associazioni che da tempo operano nei Balcani e che ora stanno raccogliendo fondi. L’importante è dare adesso il proprio contributo: come accade anche da noi in eventi spiacevoli come i terremoti, dopo l’empatia dei primi giorni si riduce drasticamente l’attenzione dei media e quindi il flusso di aiuti economici.
Che ruolo può avere l’Unione europea?
Centrale. Deve inviare risorse, perché ci sono dei fondi europei riservati proprio a queste emergenze. Alla Bosnia, così come ad altri paesi della zona, manca ancora molto per arrivare agli standard di adesione alla Ue, motivo in più perché l’Europa si metta ancora più a disposizione delle popolazioni colpite.
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