Non profit

All’università Usa batte Italia 600 a zero.

Raccolte fondi. Perchè gli atenei del nostro paese sono così in ritardo. di Maddalena Bonicelli

di Redazione

Le università degli States, come Standford e Harvard, raccolgono ogni anno cifre che sfiorano i 600 milioni di dollari. E gli atenei italiani? Molto in ritardo. Come spiega Pier Luigi Sacco: «C?è una mentalità da erogatori di servizi invece che da attori protagonisti» In un momento di forte diminuzione dei finanziamenti pubblici, per le università italiane il fundraising sembrerebbe una strada obbligata. Eppure per i nostri atenei la raccolta fondi non è ancora una realtà e sono davvero poche le università che hanno deciso di investire seriamente in un percorso di fundraising di lungo periodo. Su altri fronti, invece, segnali di cambiamento ce ne sono stati: ad esempio le campagne di comunicazione rivolte a promuovere l?offerta formativa. Secondo Pier Luigi Sacco, direttore scientifico di The Fund Raising School e coordinatore del workshop Strategie di fundraising per l?università con cui si aprirà, il 20 marzo, il programma di corsi 2006 della scuola, la principale anomalia italiana sta nel fatto che non esistono forti correlazioni tra disponibilità di risorse e risultati, vale a dire che ci sono incentivi modesti per quelle forme di posizionamento competitivo che si fondano su fattori che non comportano un immediato ritorno. «Dato che i trasferimenti statali sono basati sul numero di studenti, le università si sono mosse essenzialmente su questo obiettivo. Ne è derivato così un forte sbilanciamento rispetto al problema complessivo, che riguarda la ricerca, la presenza nelle reti internazionali, lo sviluppo di programmi formativi di eccellenza. Siamo bravi nella formazione di base, ma, per quanto riguarda ad esempio l?offerta di percorsi di dottorato di profilo internazionale, siamo ancora indietro: basti pensare che le nostre classi sono sconsolatamente composte solo da italiani», afferma Sacco. Il percorso del fundraising universitario in Italia sembra quindi legato a un ripensamento strategico. Così, il riferimento obbligato delle realtà anglosassoni non vale solo per le forme organizzative e gli strumenti di fundraising adottati, come le aree interne dedicate al reperimento di fondi, le associazioni di ex studenti, le fondazioni. «Se negli Usa esistono università come Stanford e Harvard che raccolgono cifre che sfiorano i 600 milioni di dollari in un anno, questo è dovuto anche a una sensibilità diffusa all?interno delle università, oltre che opportunamente incentivata al di fuori di esse». Prosegue Sacco: «Dobbiamo pensare sicuramente a come rendere più efficiente il sistema, ma questo va inserito in un?ipotesi di riforma complessiva che porti il nostro modello ad avvicinarsi agli standard internazionali». Sull?Italia pesa una grande ipoteca: continua a sussistere un sistema amministrato a livello centrale, nel quale le università gestiscono i flussi di trasferimento e compiono battaglie per chiedere più risorse allo Stato, quasi come avviene in una trattativa sindacale. Ma quello che è drammatico è che lo Stato non può e non deve essere l?unico interlocutore.Ad esempio le università statali degli Usa, che pur ricevono significativi finanziamenti pubblici, dispongono di importanti livelli di risorse reperite sui mercati privati. Il workshop riprenderà una riflessione già avviata su questi temi da The Fund Raising School con due giorni di studio a cui avevano partecipato i rappresentanti di un terzo degli atenei italiani. Sono previste testimonianze di casi concreti di fundraising e comunicazione universitaria e un approfondimento sul ruolo delle fondazioni universitarie. Si aprirà anche una finestra sul ruolo dell?università negli scenari dello sviluppo locale. «Questo è il vero presupposto in grado di generare un processo virtuoso di cambiamento. È cresciuta una certa sensibilità nei confronti delle richieste del sistema imprenditoriale ma quasi mai l?università assume un ruolo propositivo. Si pone ancora come ?erogatore di servizi? mentre una grande concentrazione di talenti e di competenze quale essa è avrebbe tutti gli elementi per porsi da attore protagonista delle visioni di sviluppo di lungo termine», conclude Sacco. L?appuntamento per il workshop inaugurale Strategie di fundraising per l?università è quindi al Centro residenziale universitario di Bertinoro, lunedì 20 marzo. IN ITALIA Secondo una ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli pubblicata nel 2003, risultavano sette le fondazioni universitarie che rispondono alla definizione introdotta dall? art. 59 della legge n. 388/2000 in Italia. Ecco quali sono G. D?Annunzio di Chieti Ferrara Iulm Politecnico di Milano Marco Biagi di Modena e R. Emilia Scuola Superiore Sant?Anna di Pisa Teramo NEGLI USA Come si finanziano le università americane? Questo è il dato reso pubblico dal Councilfor aid to education e si riferisce al 2005. Ecco da chi sono arrivati i 25 miliardi di dollari di donazioni (+ 4,9% rispetto al 2004). I dati sono in miliardi di dollari mld di $ % Individuali 5,00 20 Fondazioni 7,00 27 Studenti 7, 10 28 Corporations 4,40 17 Altre organiz. 1,73 7 Org. religiose 0,37 1

Partecipa alla due giorni per i 30 anni di VITA

Cara lettrice, caro lettore: il 25 e 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano, VITA festeggerà i suoi primi 30 anni con il titolo “E noi come vivremo?”. Un evento aperto a tutti, non per celebrare l’anniversario, ma per tracciare insieme a voi e ai tanti amici che parteciperanno nuovi futuri possibili.