L'occupazione che cambia

All’Italia serve un patto per il buon lavoro

A chiederlo è Legacoopsociali, nel corso del primo dei due giorni dell'Assemblea nazionale dei delegati dedicato al "Il lavoro che include, il lavoro che cura”. La presidente Eleonora Vanni annuncia un'iniziativa rivolta ai rappresentanti delle istituzioni e delle parti sociali con le proposte per costruire un sistema di welfare innovativo, ma anche giusto e inclusivo

di Alessio Nisi

lavoro

La proposta di nuovo patto con la Pubblica Amministrazione e con le organizzazioni sindacali che metta al centro uno sviluppo sociale ed economico equo, che veda cioè le persone e la qualità del lavoro come centrali. Ma anche la spinta a fare sistema, per condividere una visione di sviluppo e promuovere un’alleanza trasversale per la qualità del lavoro sociale e la sostenibilità del welfare. Sono due delle proposte di Legacoopsociali, emerse nel secondo dei due giorni dell’Assemblea nazionale dei delegati. Una giornata che ha per titolo e tema “Il lavoro che include, il lavoro che cura“. 

Questo scenario non è più sostenibile

Simone Gamberini, presidente di Legacoop, ricorda il Patto del buon lavoro cooperativo al Cnel e sottolinea il tema «di come questo Paese non ha fatto del lavoro una politica industriale». Ragionare sulla cura, sulla dignità delle persona e sulla la giustizia sociale vuol dire ragionare «sull’organizzazione del lavoro». Oggi invece il «lavoro povero viene imposto dalla maggior parte delle Pa». E propone di tornare a costruire «un campo più ampio», con una «visione il più possibile condivisa», sia con le Pa, che con le organizzazioni sindacali. Il punto fermo, sottolinea Gamberini, è questo: «Per noi lo scenario a oggi non più sostenibile».

Eleonora Vanni, presidente nazionale di Legacoopsociali

Diritti, rispetto e dignità

Tra gli altri punti emersi durante l’incontro, l’associazione nazionale chiede la valorizzazione del lavoro sociale a partire da tre parole chiave: diritti, rispetto, dignità. E poi anche promuovere e creare luoghi accessibili dove creare alleanze e sperimentare forme di co-innovazione. Le proposte si inquadrano nel solco del Manifesto del lavoro lanciato da Legacoop lo scorso 6 novembre, portando in evidenza dati importanti per il sistema cooperativo in Italia.

Per Eleonora Vanni, presidente nazionale di Legacoopsociali, il lavoro sociale non rappresenta il punto di arrivo, ma «il punto di partenza nel quale, ogni settore deve inserire le proprie azioni per qualificare maggiormente il proprio agire. In questo ambito, la cooperazione sociale mette in campo le proprie proposte e partirà da qui un appello, una lettera aperta che invieremo ai rappresentanti delle istituzioni e delle parti sociali con al centro le nostre proposte di collaborazione per superare le criticità presenti e puntare a costruire un sistema di welfare innovativo, ma anche giusto e inclusivo». Vanni annuncia anche il lancio, in collaborazione con Legacoop e Legacoopsociali di «una campagna, che verrà declinata nei territori, per valorizzare e promuovere il “Lavoro che cura lavoro che include”».

Il mercato del lavoro

Guerre, crisi climatica e crisi pandemica hanno inciso in modo profondo sulle dinamiche del mercato del lavoro del nostro Paese (un mercato che era già sofferente) con conseguenze che avranno effetti anche nei prossimi anni. Da una parte un mercato del lavoro che diventa più dinamico dall’altra parte le possibilità di sviluppo prospettate dal Pnrr e dalle risorse collegate. Certo, in questo contesto, il fenomeno delle grandi dimissioni è cresciuto ed è trasversale e si conferma con numeri in salita «Sono oltre 1,6 milioni le dimissioni registrate nei primi 9 mesi del 2022, di queste oltre il 19% sono volontarie». Questi i temi con cui Vanni, ha aperto il suo intervento. 

Le dimissioni volontarie

Il tema delle dimissioni volontarie poggia su scelte legate alla salute, a motivazioni legate ad un miglioramento della propria posizione lavorativa (che a sua volta ha provocato post Covid una grande mobilità occupazionale), ma anche alla necessità di un diverso equilibrio tra vita privata e professionale. «Qui entra in gioco un fenomeno che ha particolarmente colpito la cooperazione sociale in fatto di servizi alla persona: le cosiddette dimissioni job to job», dice Vanni.

Le competenze, le difficoltà per le aziende e i neet

Ecco, il great mismatch è anche «la difficoltà delle aziende a trovare competenze giuste. Il mercato del lavoro sarà caratterizzato da fabbisogno occupazionale che per il 75% riguarda i servizi». Mancano soprattutto infermieri, operatori socio sanitari ed educatori. Il fatto è questo. «Il 40% delle figure cercate dalle aziende è di difficile reperibilità. Questi dati sono in contrasto con il livello di disoccupazione (l’Italia è il terzo paese in Europa per tasso di disoccupazione) e sui livello dei neet (i giovani che non studiano e non lavorano) in Italia, un problema di proporzioni preoccupanti, nonostante la necessità delle aziende.

I servizi in convenzione con la Pa e il part time involontario

Questi temi riguardano e toccano da vicino i servizi in convenzione con la Pubblica Amministrazione (l’80% nelle cooperative di tipo A e di inclusione e di lavoro). «Parliamo delle differenze salariali a parità di lavoro, parliamo dell’organizzazione del lavoro a fronte di accreditamenti con tariffe bloccate, a gare sempre più orientate al massimo ribasso o che impongono alle cooperative un’organizzazione del lavoro che rende strutturale il part time indipendentemente dalle imprese, con una valutazione prettamente prestazionale».

Gli investimenti sociali al centro

L’intervento di Eleonora Vanni è stato preceduto dal messaggio di Nicolas Schmit, commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali e l’integrazione. È necessaria, ha sottolineato, un’iniziativa che metta «al centro un alleanza sociale per sviluppo sociale, sostenibile e di qualità. Il calo della forza lavoro», sottolinea, si traduce in una «una sfida per i sistemi di welfare», perché, ha spiegato Schimt, «le nuove forme di lavoro genereranno minori entrate per il bilancio pubblico», rendendo «necessario rafforzare il sistema di protezione sociale». Il calo della forza lavoro si traduce non solo nel calo della manodopera, ma anche in una «carenza di competenze». Uno stato di cose ben presente ai Paesi europei. «Per questo dobbiamo investire in formazione, riqualificazione e in politiche attive del mercato del laboro». Un obiettivo chiave «nell’anno europeo delle competenze». Il commissario ha anche ribadito l’importanza di «mettere al centro gli investimenti sociali, i soli in grado di garantire una crescita sostenibile».

In apertuta foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦  per Unsplash. Le foto nel testo sono di Legacoopsociali / Mirko Locko. Le immagini sono da indagine Censis / Legacoopsociali

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