Sostenibilità

Allevamenti-lager: gli allevatori, i nostri polli non vivono così

Unaitalia, associazione di riferimento del settore avicolo italiano, ribatte alle accuse di Animal Equality che in un video aveva puntato il dito contro le pessime condizioni in cui sono allevati i polli in alcuni allevamenti ripresi di nascosto. «I comportamenti e le procedure mostrati non sono assolutamente prassi comune negli allevamenti italiani»

di Gabriella Meroni

“Le immagini diffuse e il racconto che emerge dalle video-inchieste di due associazioni animaliste, Animal Equality ed Essere Animali, non sono assolutamente rappresentativi di quanto accade negli allevamenti avicoli italiani – dichiara Aldo Muraro, Presidente Unaitalia, associazione di riferimento del settore avicolo italiano – Si tratta di immagini probabilmente rubate, riferite ad un numero non ben chiaro di allevamenti e senza mai specificarne la collocazione geografica, nelle quali vengono documentati comportamenti e procedure che non sono assolutamente prassi comune negli allevamenti italiani, come invece le due video inchieste lasciano intendere. Le nostre aziende sono pronte ad intervenire su eventuali comportamenti scorretti documentati da parte di allevatori della filiera che non seguono le rigide norme e le buone pratiche di settore, ma non è corretto far vedere dei casi isolati per far intendere che rappresentino le condizioni di vita della maggioranza dei polli che finiscono ogni anno sulle tavole degli italiani”.

In Italia ci sono 18.500 allevamenti avicoli che impiegano migliaia di persone, circa 38.500 tra addetti, allevatori, veterinari, operatori della trasformazione. Si tratta di un settore che da tempo ha responsabilmente migliorato il benessere degli animali, la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari, la sostenibilità dei processi produttivi. “È falso, nonché lesivo della professionalità di migliaia di allevatori italiani che svolgono con serietà il proprio lavoro, affermare che le immagini mostrate rappresentino le condizioni di vita dei polli italiani”, continua Muraro. “Ad esempio, a nostro avviso è inutile e strumentalemostrare prevalentemente immagini di polli malati, dando una visione distorta della realtà, tale da affermare che sia la condizione standard dell’intero allevamento. Tra una popolazione di migliaia di capi è fisiologico che qualcuno sia malato, tuttavia le inchieste si soffermano solo su quelli con problematiche, evitando quelli sani e alimentando un ingiustificato allarmismo”.

Animal Equality, in particolare, ha lanciato una petizione in cui chiede ad Unaitalia di intraprendere un dialogo con i maggiori produttori di carne di pollo affinché adottino politiche volte a ridurre la sofferenza degli animali. «Ma la realtà è ben diversa», continua Unaitalia, «ed è rappresentata da un settore che da tempo ha responsabilmente avviato un percorso con le istituzioni, i consumatori e tutti i soggetti della filiera, per migliorare aspetti centrali quali il benessere degli animali, la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari, la sostenibilità dei processi produttivi. Per questo motivo molte delle richieste contenute nella petizione come la costante assistenza veterinaria, l’ammodernamento delle strutture, la presenza di rigidi controlli e sistemi di macellazione che tutelano il benessere dell’animale, sono già da molto tempo una realtà del settore avicolo italiano».

L'associazione affronta anche il tema dell'uso dei farmaci negli allevamenti, sottolineando come un esempio nella direzione del continuo miglioramento delle buone pratiche di allevamento sono gli impegni presi dal settore per la riduzione dell’uso dei farmaci in allevamento. Nel 2013 è stato attivato, su base volontaria, un piano nazionale per la razionalizzazione dell’uso degli antibiotici nel settore avicolo. «Si tratta del più importante intervento organico di riduzione e razionalizzazione dell’uso del farmaco in ambito zootecnico in Italia, un piano molto ambizioso, fatto proprio dallo stesso Ministero della Salute ed emanato nel luglio 2015. In soli cinque anni», è la conclusione, «il settore avicolo italiano ha dimezzato l’uso dei farmaci negli allevamenti. Spesso si cita l’uso di antibiotici negli allevamenti avicoli come una delle cause del fenomeno dell’antibiotico resistenza. Ma l’impiego del farmaco in zootecnia è solo uno degli aspetti del problema e in la filiera avicola italiana ha un ruolo meno rilevante di quanto il dibattito pubblico sembra far intendere (meno di un quarto del totale degli antibiotici venduti nel settore zootecnico sono attribuibili alla filiera avicola) e d anzi è una delle filiere più virtuose».

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