Libri
Alle radici del civismo e della solidarietà
«Questo libro aiuta a superare i vuoti di memoria in merito al ruolo storico e politico delle forme di partecipazione collettiva». Giovanni Moro recensisce l’ultimo saggio di Giuseppe Cotturri “Io ci sono. Gli attori del civismo e della solidarietà: mutazioni molecolari e processi costituenti” uscito per i tipi delle edizioni la meridiana
Quando si parla delle esperienze di attivismo civico non si può non notare una profonda incertezza sulla natura, l’identità, le origini e il significato di queste forme di partecipazione. È come se queste esperienze di azione collettiva non avessero né una storia (si parla sempre, infatti, di “nuove” forme di partecipazione), né un significato politico generale, né un ruolo rilevante nel regime democratico.
L’ultimo libro di Giuseppe Cotturri Io ci sono. Gli attori del civismo e della solidarietà: mutazioni molecolari e processi costituenti, (edizioni la meridiana, Molfetta 2024) aiuta a superare questi vuoti di memoria e queste miopie.
La storia
L’autore mostra come “gli attori del civismo e della solidarietà” siano nati nel corso degli anni ’70, sull’onda di mutamenti molecolari – il tema è ripreso da una lettura non usuale di Gramsci – che proprio in quel periodo stavano avvenendo. Questi mutamenti, effetto dell’incontro-scontro degli individui con la realtà, non hanno preso solo le forme del ripiegamento e del risentimento, ma anche e sempre più quella di forme di azione comune che hanno assunto una soggettività autonoma connessa a quella degli individui: si formano dei “noi” a partire da molti “io”. Si tratta di identità collettive costruite in modo autonomo da quelle promosse dai grandi partiti di massa del ‘900.
La politica
La cultura dominante, costituita da un’alleanza solo apparentemente paradossale tra le forze economiche del neoliberismo globale e le élite politiche nazionali autonominatesi sovrane, vede con sospetto l’emergere di forme di cittadinanza attiva che esprimono nei discorsi e nelle pratiche una critica nei confronti dell’ordine costituito.
Di politica, dunque, si tratta. Come dice l’autore, “mentre i soggetti tradizionali della politica si sono vieppiù indeboliti negli ultimi cinquant’anni, nello stesso arco di tempo le società civili occidentali hanno avuto uno sviluppo impensabile, per numero di gruppi associati e per varietà di attività dirette a realizzare interessi generali. Questo è propriamente politica: una politica diffusa, e non delegata a partiti”.
Il governo democratico
Il terreno su cui questa tensione si manifesta più chiaramente è quello del significato costituzionale di queste esperienze di civismo e solidarietà. L’introduzione del principio di sussidiarietà nella Costituzione, frutto di un “costituzionalismo dei cittadini” e di cui il nostro autore è stato il principale protagonista, legittima e insieme dà impulso alla presenza sulla scena pubblica di queste nuove identità collettive non solo in chiave di opposizione, ma di promozione e realizzazione di azioni positive, che integrano e correggono politiche pubbliche insufficienti.
“La politica della sussidiarietà – dice l’autore – è indicata dalla Costituzione come via maestra di un modo diverso di formazione della sfera pubblica: si riconosce che non più solo le istituzioni, ma anche forze sociali diffuse con autonoma iniziativa possono realizzare interessi generali”.
L’interpretazione pratica della sussidiarietà costituzionale, tuttavia, rende evidente questa tensione: le forze dominanti da un lato spingono il civismo all’assunzione di una logica di impresa per sollevare lo Stato dalle sue responsabilità costituzionali (mercatizzazione); e dall’altro sottomettono a una logica puramente amministrativa – anche nella chiave accattivante della “amministrazione condivisa” – la stessa esistenza di queste formazioni sociali (amministrativizzazione).
È sul significato della sussidiarietà costituzionale, dunque, che si svolge oggi un conflitto di importanza cruciale per il domani del regime democratico; un conflitto – è il caso di aggiungere – di fronte al quale le leadership dominanti del Terzo settore appaiono silenti quando non acquiescenti.
In sintesi, il nodo cruciale che Cotturri indica è quello del riconoscimento delle realtà del civismo e della solidarietà come attori che possono “civilizzare la politica” e concorrere sostanzialmente a realizzare una forma di governo che non abbandoni i cittadini ai meccanismi ciechi del mercato e della burocrazia ma che ne riconosca la sovranità pratica. Anche dal modo in cui questo nodo verrà sciolto dipenderà il futuro del regime democratico. Molto più di quanto possa apparire.
In apertura photo by YJ CHOI on Unsplash
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