Volontariato
Allarme Servizio civile
Ufficio nazionale in rivolta e bandi non finanziati. Le associazioni protestano, il ministro assicura "Troveremo i fondi". Approfondimento su VITA magazine in edicola a 1 euro
di Giulio Leben
Appena insediato e il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, si è trovato (non solo per colpa del precedente governo) a risolvere problemi su più fronti.
Per cominciare il trasferimento delle competenze sul Servizio civile nazionale dalla Presidenza del Consiglio alla Solidarietà sociale: non piace proprio a nessuno, né all’Unsc, l’ufficio nazionale, che la legge del 2001 istituisce esplicitamente a Palazzo Chigi, né, tanto meno, agli enti e alle associazioni.
Di questo VITA si era già occupata a fine maggio (“Servizio civile: non siamo la stampella del Welfare“). Allora, Fausto Casini, presidente della Cnesc – Conferenza nazionale enti di servizio civile aveva avvertito del «rischio di una deriva dei progetti sul versante dell’assistenza sociale», e Massimo Paolicelli, referente dell’Aon – Associazione obiettori nonviolenti aveva dichiarato a VITA: «In questo modo si mette in discussione il valore di difesa della Patria del servizio civile, affermato, fra l’altro, dalla stessa Corte Costituzionale». Emanuele Pizzo e Concetto Russo, infine, i due rappresentanti dei volontari nella Consulta nazionale erano arrivati addirittura a scrivere una lettera aperta al neo premier Romano Prodi chiedendo «la ratio di questo trasferimento di competenze». Soluzioni?
Fino al 9 giugno (data del primo Consiglio dei Ministri utile) non si potrà sapere con certezza, ma tenendo conto delle dichiarazioni ufficiali fin qui raccolte, sembrerebbe assicurato l’Ufficio nazionale alla Presidenza del Consiglio e la delega al Ministro Ferrero (o a quello delle Politiche giovanili?). Ma i soldi? Chi finanzia il Servizio? Indipendentemente dall’Istituzione che dovrà mettere mano al portafogli, le associazioni fanno sapere che il Fondo nazionale per il servizio civile dovrà rimanere uno e indipendente, e quindi chiedono non venga assorbito da altri budget (Solidarietà sociale?).
E parlando di soldi, è lo stesso Paolo Ferrero che rassicura ai microfoni di Radio Due: “Farò di tutto per trovare le risorse necessarie per emanare un secondo bando, consentendo a 30.867 volontari di aggiungersi a quelli già coperti”. Già, perché derubricato al 9 giugno il problema dell’Ufficio Nazionale, il “Bando per la selezione di 45.147 Volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all’estero” (scadenza il 23 giugno prossimo), ha riservato non poche sorprese. Enti come Telefono Azzurro, Unione Italiana Ciechi, Anpas, Csv Sardegna Solidale, Acli o Confcooperative hanno subito una drastica, a volte totale, riduzione del posti.
Dei cinque progetti presentati da Telefono Azzurro, ad esempio, due hanno ottenuto un punteggio insufficiente e gli altri tre, pur approvati, non saranno finanziati. «Nel 2005 ci avevano concesso 160 volontari, ora inspiegabilmente finiamo a zero», ha denunciato Chiara Sempio, referente per il Servizio civile, e aggiunge «le conseguenze saranno gravi: oltre alla carenza di personale per i call center che rispondono 24 ore su 24 ai minori in difficoltà, resterà gravemente scoperto il servizio 114, quello che interviene nelle situazioni più gravi e urgenti, quando l’incolumità del bambino è in pericolo immediato».
E se l’Uic passa da 1694 a 295 posti, o l’Anpas passa da 2900 a 900 – così come altrettanto drastica è stata la riduzione per i Vigili del fuoco – tutte le associazioni che si sono sentite ingiustamente penalizzate hanno chiesto di vedere “gli atti amministrativi”, ovvero hanno chiesto all’Ufficio nazionale di capire come sono stati valutati i propri progetti.
Per chi, poi, si è visto bocciare i progetti, c’è chi ne ha visti approvati il doppio o il triplo rispetto agli anni precedenti. E’ il caso della Pro Italia Onlus, oggi membro della Consulta nazionale per il servizio civile, che nel 2003 era stata al centro di una interrogazione del senatore Nuccio Iovene (Ds), il quale avanzava più di un dubbio sulla legittimità ad ottenere l’accreditamento e quindi il finanziamento per i propri progetti. E di cui VITA ha trattato l’anno successivo: “Il caso del primo ente autorizzato. Servizio civile come tappabuchi“.
Ma non basta, fra i progetti finanziati si trovano molti enti pubblici, comuni e province, come quello di Torino e quella di Foggia, sollevando oggi più che mai l’interrogativo a suo tempo già affrontato da VITA (“Il servizio civile? Tappa i buchi in comune“): che senso ha mettere in competizione realtà non profit ed enti pubblici? E ancora: come mai la maggior parte dei progetti finanziati vanno al Sud? Quali i criteri di verifica sulla qualità dei progetti di formazione? Insomma, dove sta andando il Servizio Civile nazionale? Non è che si sta trasformando lentamente in “lavoro socialmente utile” eludendo così le specifiche che gli derivano dal proprio statuto di “servizio civile”? Leggere per giudicare: ecco l’elenco progetti finanziati.
Così, aspettando il 9 giugno e la verifica degli atti, le associazioni si guardano intorno. Non poche temono tuttavia una ritorsione nei propri confronti. Come a dire: finanziare un progetto piuttosto che un altro riduce il potere contrattuale di chi si è battuto fino a ieri per un Servizio civile nazionale volontario, a vantaggio del pubblico, degli intermediari, (di chi lo vorrebbe obbligatorio?) e di chi, non da oggi, vede nel servizio civile nazionale nient’altro che una merce di scambio politico, economico, da spendersi sul locale, alla faccia dei controlli e dello spirito che dai primi obiettori di coscienza fino ad oggi ha caratterizzato un’occasione di formazione civica, umana, e di difesa della Patria alternativa al militare. Ma allora: che senso ha dirsi contro la guerra, se occasioni come il Servizio civile nazionale rischiano la propria dignità?
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