Welfare

Allarme droga a Palermo: troppi giovani, troppo crack

Cosa nostra è tornata a puntare sul traffico di stupefacenti e, sempre più spesso, a diventare protagonisti della cronaca sono i minori, costretti a vivere in contesti nei quali soprattuto lo spaccio diventa attività per nulla estranea al "modus vivendi". I dati sul consumo, poi, allarmano parecchio dal momento che si è abbassata l'età di chi fa uso di sostanze, in modo specifico il crack, contro la cui dipendenza il recupero è difficile

di Gilda Sciortino

Di droga si continua a morire, di droga sono invase le piazze, con l’aggravante che, sempre più frequentemente, nelle intercettazioni e nelle immagini che riprendono contrattazioni e passaggio di sostanze stupefacenti, un ruolo l’hanno anche i minori, inconsapevoli protagonisti di un copione che mette in scena anche la loro inconsapevole disperazione.

Una situazione che allarma non poco, anche perché la cronaca ci conferma che Cosa nostra è tornata a puntare sul traffico di stupefacenti in quanto rappresenta un’importante voce nel bilancio delle famiglie mafiose. Le piazze di spaccio dello Sperone, per esempio, sono tutte direttamente gestite o comunque controllate dai componenti dei clan. Lo ha portato alla luce un’operazione condotta lo scorso maggio da Polizia e Carabinieri in sei piazze del quartiere Sperone in mano alle famiglie mafiose della zona, stimando un ricavo di circa 80mila euro settimanali. Scontato dire che le cosche si riforniscono di droga dalla Calabria, Gioia Tauro in modo particolare.

La droga si continua a vendere nelle piazze, in bella vista, anche se la pandemia ha cambiato la modalità con cui raggiungere i clienti.

La droga, nell’indagine denominata “Panaro” grazie al fatto che veniva calata col “panaro” (paniere), vedeva il pusher raggiungere, al pari di un rider, i clienti. Un giro abbastanza fiorente, quello scoperto dai Carabinieri della compagnia di Monreale fra i quartieri a monte di Palermo e Boccadifalco, nel contesto del quale, per tenere la contabilità, gli indagati avrebbero utilizzato i quaderni dei loro figli: tra una lista di numeri e nomi, infatti, c’erano anche i disegni dei bambini.

Un meccanismo che non risparmia nessuno, neanche quell’infanzia che dovrebbe essere protetta proprio dalla famiglia e che, invece, proprio da quest’ultima viene svenduta e messa in pericolo. L’operazione “Panaro” dello scorso luglio, il cui giro d’affari stimato è di circa 100mila euro all’anno, ha, inoltre, portato a scoprire che alcune stanze delle abitazioni, dove erano presenti anche i figli minorenni, venivano utilizzate come laboratori per “cucinare” e “basare” la cocaina per la produzione del crack.

Minori che non solo assistono al confezionamento delle dosi che diffonderanno morte nella città, ma utilizzati come vedette. Come la ragazzina, “a picciuttedda”, che in piazza Danisinni, quartiere popolare di Palermo, fotografava per riferire ai boss i movimenti di alcuni tecnici che poi risulteranno essere Carabinieri che cercavano di mimetizzarsi mentre piazzavano le telecamere. Un altro dei quartieri del capoluogo siciliano, i Danisinni, nel quale le sacche di disagio sono estese e dove alla voglia di riscatto cercano di rispondere realtà presenti da decenni nel territorio come l’associazione “Inventare Insieme” che gestisce il Centro Tau ed è il frutto dell’impegno quotidiano di persone che hanno sempre creduto nel valore della squadra.

«Da sempre il nostro impegno – dice il coordinatore, Francesco Di Giovanni – è e deve continuare ad essere quello di attivare “occasioni di vita” a chi ne ha troppo poche, evitando di lasciare i più giovani al triste destino dell’ emarginazione o a quello orribile della manovalanza criminale».

E, mentre il disagio resta sempre tale e quale, riducendosi di poco solo se il Terzo Settore, gli operatori, gli educatori sono presenti, la droga si “evolve” e si presenta con le sue molteplici declinazioni.

Non ci sono più, però, i tossicodipendenti di una volta. Sembrerebbe un’affermazione azzardata, ma è vero, il classico drogato anni ’80 è sparito. L’eroinomane è stato sostituito da un esercito di assuntori di droghe, per lo più sintetiche, che hanno a che fare con il bisogno compulsivo di “farsi”. Il riferimento in modo particolare è al crack, che prende il nome dal suo rumore, lo scricchiolio caratteristico che fa mentre viene fumato surriscaldando i cristalli in pipe apposite di vetro o ricavate spesso da bottiglie di plastica modificate o anche lattine.

Rispetto, invece, al fatto che oggi le modalità di assunzione dell’eroina siano cambiate, Marco Berardi, referente dell’Osservatorio Dipendenze Patologiche dell’Asp di Palermo, ci dice che «non avviene più come negli anni ’90, solo per via iniettiva, ma oggi la droga viene fumata, e questo per tanti motivi».

Tutto, quindi, sembra essere cambiato con la comparsa dell’Hiv e con il fatto che i tossicodipendenti erano i primi candidati a contrarlo. Si sapeva semplicemente osservando ciò che solitamente accade negli Stati Uniti, quindi prevedendo i movimenti del mercato.

Un allarme a cui ha cercato di fare fronte il Sert, la cui “mission” è prendere in carico il soggetto che ha una dipendenza, così come la sua famiglia quando si riesce a coinvolgerla.

«Siamo andati avanti nel senso che non si parla più di Sert ma di Serd, Servizio per le Dipendenze Patologiche, perché si sono inserite altre patologie causate da nuove sostanze – spiega Marinella Cannella, psichiatra del Sert di via Antonello Da Messina – ma anche dipendenze da gioco d’azzardo , nuove tecnologie, dipendenze anche affettive che, però, siamo lontani dal risolvere. Purtroppo non c’è una visione che guarda alla complessità dei problemi e alla necessità di progettare a lungo termine. Gli interventi che si portano avanti hanno sempre a che fare con richieste di finanziamento ma, quando i fondi finiscono, si ferma tutto. Dico sempre che il Sert è un grande laboratorio, almeno per me perché perché faccio molte diagnosi precoci, per esempio con ragazzi che magari inducono in sè un disturbo schizofrenico avendo cominciato anche solo con gli spinelli. Io, però, mi allarmo e preoccupo quando, proprio le canne per qualcuno costituiscono solo un aspetto ricreativo sociale, mentre per altri diventano la possibilità di mistificare e nascondere i problemi che, invece, emergono come forma di disordine psicotico. E nei Sert ne vediamo tanti».

Canne che vengono sperimentate anche molto presto, 12 o 13 anni.

« Pericolosissimo – aggiunge la Cannella – perché sono gli anni in cui, essendo il cervello plastico, possono generare molte conseguenze. Il problema è gravissimo e sta crescendo perché si cominciano a vedere anche gli effetti del passaggio dalla cocaina al crack e noi, purtroppo, non siamo preparati. Non esistendo i centri di crisi, l’unica risposta che possiamo offrire è la comunità, il contenimento abitativo che può durare per meno tempo di una volta. Alcune volte ai ragazzi, per non farli spaventare, proponiamo un percorso di due o tre mesi, durante i quali non puoi fare molto ma almeno è una prima risposta quando arrivano con le famiglie o anche da soli perché si vedono disperati. Ti chiedono aiuto perché non ce la fanno più a mantenere il ritmo che ti richiede il crack, il farsi tutta la notte col pensiero fisso alla dose successiva. Un continuo che non ti dà tregua. Se riescno a spezzarlo, chiedendoci aiuto, è già una grande cosa, ma dobbiamo essere pronti a tendere loro la mano».

«La tossicodipendenza è stata dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità – Oms malattia cronica ad andamento recidivante. Questo significa che con farmaci, sostegno psicologico e trattamenti socio-riabilitativi è possibile intercalare lunghi periodo di drug free – aggiunge Berardi -. Bisogna capire e accettare la complessità della tossicodipendenza. Penso anche che oggi l’utenza sia cambiata, come dimostrano le evidenze relative al fenomeno del poli- abuso. Così come è cambiata la tossicodipendenza, a cui si affianca la dipendenza senza sostanze e l’alcolismo. Anche i servizi, però, dovrebbero adeguarsi, per esempio dal punto di vista normativo ancora risalente al 1990».

Zoccolo duro di coloro che appartengono a una generazione più avanzata d’età, i dati relativi ai soggetti dipendenti e assistiti ci dicono che il consumo di eroina tra il 2016 e il 2020 a Palermo è sostanzialmente stabile, ma con una lieve tendenza alla diminuzione: 1.763 maschi e 187 femmine assistite nel 2016, di cui 25 in età compresa tra i 15 e i 19 anni e 83 tra i 20 e i 24 anni, contro 1611 maschi e 187 femmine dipendenti da eroina nel 2020, 5 dei quali compresi tra i 15 e i 19 anni, mentre 61 tra i 20 e i 24 anni.

I dati riferiti, invece, ai soggetti dipendenti da crack – cocaina, dimostrano un preoccupante aumento dei casi. Tra il 2016 e il 2020 i consumatori maschi risultano raddoppiati (395 nel 2016 contro i 760 nel 2020). Per le femmine, i dati indicano che il consumo è addirittura triplicato (23 nel 2016, 64 nel 2020).

In generale, tra il 2016 e il 2020, i dati indicano un costante e deciso aumento dell’uso di crack e cocaina: 395 maschi e 23 femmine nel 2016, 517 maschi e 37 femmine nel 2017, 650 maschi e 33 femmine nel 2018, 753 maschi e 51 femmine nel 2019, 760 maschi e 64 femmine nel 2020.

Secondo “In &Out”, progetto che ha lavorato sulla “Riduzione del Danno e di Prevenzione Territoriale”, promosso dal Dipartimento Salute Mentale e dal Dipartimento U.O.C. Dipendenze Patologiche dell’Asp di Palermo e in base alle esperienze dirette degli operatori dei servizi pubblici di Palermo, in linea con i dati presentati nel 208 dall’ EMCDDA, European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction, il problema del disagio psichico nella popolazione che usa o abusa di sostanze stupefacenti e/o di alcool si presenta come un fenomeno in espansione.

L’équipe del progetto ha contattato a Palermo 2.000 soggetti e somministrato 1.058 questionari ad altrettanti soggetti, il 59% dei quali di sesso maschile. Quasi la metà delle persone intercettate (46%) aveva un’età compresa fra i 18-25 anni, il 71% era di nazionalità italiana, mentre il 21% straniera. L’87%, pari a 860 soggetti, dichiarava di far uso di sostanze e, nella fascia dei giovani adulti (18-25 anni), il 92% ammetteva di essere utilizzatore di sostanze. Degli 860 soggetti che assumevano sostanze, 206 soggetti facevano uso di diverse.

Dalla relazione 2022 della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga pubblica, invece, ci arriva il quadro riassuntivo delle attività eseguite e dei risultati ottenuti dal nostro Paese nella lotta contro il traffico illecito delle sostanze stupefacenti nel corso del 2021.

«Una situazione – scrive il direttore centrale, Antonino Maggiore – che rivela tratti di specificità rispetto alle annualità precedenti, per esempio confermando anche il trend negativo relativo ai decessi per overdose che, nel 2021, dopo tre anni consecutivi di continua crescita, aveva mostrato una significativa diminuzione (- 65 unità) rispetto al 2019. Nel 2021, il dato scende a quota 293, evidenziando una diminuzione del 5,18% rispetto all’anno 2020, in cui le morti per droga sierano ridotte a 309 unità».

Ma scendiamo nello specifico della Sicilia.

Operazioni antidroga

Nel 2021, in Sicilia, è stato registrato il 7,21% delle operazioni antidroga svolte sul territorio nazionale, il 6,34% delle sostanze sequestrate e il 9,92% delle persone segnalate all’Autorità Giudiziaria. Effettuate, a livello regionale, 1.536 operazioni antidroga, con un decremento del 12,97% rispetto all’anno precedente. Aumentati del 201,15%, i quantitativi di sostanze sequestrate, che passano da 1.791,80 kg del 2020 a 5.396,03 kg del 2021.

Persone segnalate all’autorità giudiziaria

In tutto 2985 le persone denunciate in Sicilia all’autorità giudiziaria per reati sugli stupefacenti. Di queste, 2.231 sono state poste in stato di arresto, con un incremento dell’1,84% rispetto all’anno precedente, corrispondenti al 9,92% dei denunciati sul territorio nazionale. Le denunce hanno riguardato per il 73,50% il reato di traffico/spaccio e per il restante 26,50% quello di associazione finalizzata al traffico di droga. Gli stranieri sono stati 258 e rappresentano l’8,64% del totale regionale, mentre i minori 62, cioè il 2,08%.

Se scendiamo nello specifico della Città metropolitana di Palermo, vediamo che nel 2021 le operazioni antidroga costituiscono l’1,90% di quelle effettuate sul territorio nazionale, lo 0,45% delle sostanze sequestrate e il 2,76% delle persone denunciate all’Autorità Giudiziaria.

Sostanze sequestrate

Diminuiti i quantitativi di sostanze sequestrate che, con un buon 25,46%, passano da 553,67 kg del 2020 a 412,72 kg del 2021. A Palermo è stato sequestrato lo 0,17% di tutta la cocaina a livello nazionale, lo 0,02% dell’eroina, l’1,47% dell’hashish, lo 0,15% della marijuana e il 4,48% delle piante di cannabis e lo 0,17% delle droghe sintetiche. Nelle stessa area metropolitana, quella del capoluogo siciliano, sono state denunciate all’Autorità Giudiziaria, per reati sugli stupefacenti, 829 persone, 649 delle quali sono state poste in stato di arresto, con un incremento del 12,79% rispetto all’anno precedente, corrispondenti al 2,76% del totale nazionale. Le denunce hanno riguardato per il 72,74% il reato di traffico/spaccio e per il restante 27,26% quello di associazione finalizzata al traffico di droga.

Dati a parte, importanti per capire il trend, la situazione è seria e deve allarmare. La droga non è il semplice affair di Cosa Nostra che, attraverso invasione delle piazze con ogni genere di sostanza, si arricchisce diventando sempre più potente, ma riguarda i nostri giovani, i più fragili e di qualunque ceto socio-culturale, che colmano vuoti esistenziali silenziando artificiosamente le proprie voci interiori. Giovani donne che credono di non valere nulla e che, quindi, si buttano via, dandosi in pasto ad avvoltoi che, dopo avere rubato l’ultimo anelito di vita, le butterà via come scarpe vecchie.

Di droga si muore, non necessariamente ponendo fine ai propri giorni con una overdose; di droga si muore perché spegne l’interruttore delle emozioni, delle passioni, della vita. Abbiamo, quindi, il dovere di riaccendere questa luce, di generare speranza.

«La droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura. La droga – scriveva Pier Paolo Pasolini – viene a riempire un vuoto causato appunto dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura. La droga in tal caso serve a sostituire la grazia con la disperazione, lo stile con la maniera».

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