Salute

Alla strega del mare avrei chiesto di lasciarmi la voce

di Noria Nalli

.La malattia ha lasciato su di me la sua “S” di sclerosi sui muscoli delle gambe. Cammino con le stampelle e non resco a fare lunghe passeggiate. Mi considero però “fortunata”. Non sono mai stata una sportiva, tantomeno una ballerina. Sono pigra e riflessiva, piuttosto sedentaria. Mi spaventano molto di più altri tipi di attacco, come quelli che potrebbero colpire la vista (come farei a vedere dei film, leggere un buon libro, scrivere, fare foto) oppure l’udito (amo l’ascolto musicale) o peggio ancora, l’articolazione delle parole e la voce. Considero il mio timbro vocale, un aspetto importantissimo della  mia personalità Anni fa lavoravo in radio e mi piacerebbe tornare a farlo; amo leggere ad alta voce (che gioia racconatere così le favole alle mie bambine), cantare, conversare. Come sclerotica, mi immedesimo spesso nel personaggio della Sirenetta, che non può camminare ed è “imprigionata” nella sua coda di pesce, in questo senso “legata” come capita spesso a noi malati di sclerosi .Nel racconto di Andersen la sirena è disperata perchè non ha le gambe per raggiungere a terra il suo principe e chiede alla strega del mare di farle un sortilegio. La maga malvagia le dona le gambe, ma la priva della voce e del suo canto. Ecco questo per me sarebbe stato un vero dramma. Non avrei mai accettato uno scambio del genere. Pensandoci bene, avrei rinunciato ad un paio di gambe terrestri e chiedendo invece alla strega di lasciarmi la voce.  Forse la magia del mio canto avrebbe in qualche modo raggiunto lo stesso il principe, che magari si sarebbe “dato una mossa” per raggiungermi lui sui fondali marini, adattandosi ad una elegante coda da pesce, senza costringermi a rinunciare alla mia natura.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.