Subito dopo aver visitato una mostra dei quadri del pittore Gigi Viciani, ho sentito il bisogno di qualcuno che mi parlasse di Pavia attraverso un libro; non m'importava che fosse appena uscito o pubblicato da tempo.
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Lo scorso autunno ordinai una vecchia edizione di "Fantasma d'amore" scritto da Mino Milani. Cominciai a leggerlo quasi immediatamente ma poi mi divenne faticoso proseguire, completavo appena qualche capitolo, mancavo di ritmo.
Nella primavera di quest'anno mi è tornata la voglia di arrivare in fondo alla storia. Senza saperlo, lo stesso nome dell'autore dava fuoco alle polveri perché proprio così ero solito troncare il nome di mio padre (in qualche mia poesia …..). E poi, mi ero messo in testa di leggere tutto il libro prima di godermi la visione del film che anni fa era stato girato a Pavia sulla base di un soggetto liberamente tratto dal romanzo di Milani. Quante sono state le stagioni durante le quali ho potuto incrociare solo alcuni spezzoni del film di Dino Risi (1981) senza riuscire a vederlo integralmente? Devo però ammettere che l'atmosfera che mi avevano trasmesso quei pochi minuti trascorsi in un latente stato di sonnolenza davanti al televisore Rai del sabato mattina, sono bastati per aiutarmi a capire quale fosse il vero motivo del mio debole per il libro di Mino Milani. Forse anch'io stavo cercando il mio "primo amore"? E chi può dirlo …..
Di sicuro non è curiosità quello che mi ha mosso verso "Fantasma d'amore" e neppure l'aspettativa di trovare risposte esistenziali in un libro. Di Milani scrittore, ho apprezzato non pochi pregi. Come descrive lui il Ticino non c'è nessun altro, nessun altro che sappia trasformarlo in una presenza viva e capace di interferire sul destino degli uomini che lo frequentano o semplicemente lo stuzzicano. Milani ci restituisce una rappresentazione spietatamente fedele dello spirito che permea la società pavese degli anni settanta: lo studio del professionista di successo, i salotti dei personaggi più in vista, il ruolo egemonico del rinomato ospedale cittadino. Poi, sullo sfondo, s'intravvede pure quella umanità che non ha ancora perso l'amore per le tradizioni ed il rispetto per il proprio territorio.
Il romanzo che Milani ha pubblicato alla soglia dei 50 anni è una dichiarazione d'amore che rivolge alla sua città (Pavia), e che io – senza alcun diritto di primogenitura – da lettore del 2020 accolgo come potente suggestione in cui immergere la mia stessa ricerca. Quella che ho intrapreso la prima volta che ho visto da lontano una cupola grandiosa (confondendola con l'opera del Brunelleschi); la prima volta che ho attraversato un ponte coperto con il pavimento innevato (senza entrare nelle preziose botteghe); la prima volta che, fiancheggiando le acque del fiume, i miei piedi hanno scoperto una terra soffice e accogliente: non so dove va a finire ma ho deciso di non lasciarla mai più.
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