Cultura

Alla nuova VITA auguro di conservare il tarlo del cambiamento

Ci scrive il segretario di Iris Network: «Vita è anche un un pezzo del mio “fare politica”: in una fase in cui le “buone notizie” diventano mainstream si apre uno spazio per reportage approfonditi come quelli che ho rivisto proprio in questi ultimi difficili mesi»

di Flaviano Zandonai

Essendo @editormanque, un redattore mancato, non posso che ringraziare direzione e redazione di Vita per il coraggio, al limite dell’azzardo, nell'affidarmi prima un blog e poi articoli e commenti sul magazine. Mi hanno insegnato molte cose: a non voler essere esaustivo a tutti i costi lasciando in sospeso i (pre)giudizi e a non aver paura di affrontare temi diversi mettendo in gioco le proprie conoscenze. Invece, nonostante ripetuti tentativi, non sono riusciti a farmi rispettare il numero massimo di caratteri (spazi inclusi) e a fare storytelling al quale oppongo una fiera resistenza ormai da anni.

La crisi recente della società editoriale mi ha annichilito. Non perché abbia subito danni diretti – mentre immagino le sofferenze di chi l’ha vissuta in prima persona – ma è stato come sentirsi mancare l’appiglio in termini di senso. Vita è anche un un pezzo del mio “fare politica” e quindi l’impatto in termini di motivazioni è stato pesante. E infatti un già stanco blog “Fenomeni” ne ha risentito.


Sarei tentato da una ripartenza: redazione, business model e governance. Ma anche se si riparte alleggeriti sia per necessità che per scelta qualcosa in saccoccia va messo altrimenti alla prima nuova (inevitabile) difficoltà ci si bloccherà di nuovo. E definitivamente. Ecco allora che alla “Vita nuova” auguro di conservare il tarlo del cambiamento come chiave di lettura e di mantenere la voglia di approfondire pescando le cose giuste nel mare magnum dell’infosfera. In una fase in cui le “buone notizie” diventano mainstream si apre uno spazio per reportage approfonditi come quelli che ho rivisto proprio in questi ultimi difficili mesi. E, infine, il bellissimo logo di Gavino Sanna. Quello lo vogliamo vedere ancora.

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