Sto seguendo giorno per giorno la vicenda delle quattro persone che stanno facendo lo sciopero della fame per sollecitare interventi precisi e concreti in favore di una piena e adeguata assistenza domiciliare per i malati di sla, la sclerosi laterale amiotrofica. Ho sempre ritenuto che le battaglie per ottenere servizi di welfare moderni e adeguati alle effettive esigenze delle persone con disabilità vadano combattute centellinando gli strumenti spettacolari di protesta, e utilizzando piuttosto con tenacia il metodo della pressione delle associazioni e dei mezzi di comunicazione su chi al momento è chiamato a governare. Temo infatti che chi si incatena per chiedere aumento di pensioni da fame, o chi fa lo sciopero della fame per denunciare l’ingiustizia che sta vivendo o che comunque percepisce su di sé, toglie credibilità e forza agli interlocutori sociali, alle forze vive del volontariato che lavorano tra mille difficoltà monitorando lo stato di salute dei diritti in un Paese parcellizzato dal federalismo immanente.
Ma è anche vero, e oggi lo constatiamo con evidenza, che queste singole persone sono di fatto la punta dell’iceberg di un mondo sommerso di persone e di famiglie che stanno vivendo sulla propria pelle la continua riduzione dei servizi, i tagli, anche veloci al welfare, il continuo rinvio di decisioni importanti per la qualità della vita (penso al nomenclatore tariffario degli ausili, penso ai Lea, i livelli essenziali di assistenza…).
E’ vero inoltre che la reazione di chi governa conferma le ragioni dei digiunanti, visto che il viceministro Fazio ha riconvocato d’urgenza per il 12 novembre, ossia domani, la consulta nazionale delle malattie neuromuscolari. E’ un gesto concreto, un atto di buona volontà, ma anche l’ammissione che qualcosa non funziona. I malati sardi e romani, e tutti quelli che nel tam tam mediatico e politico si stanno associando a loro, non stanno facendo i capricci, non stanno reclamando per sé un po’ di soldi giusto per vivere un po’ meglio. Il pacchetto delle loro richieste, concreto e circostanziato, è ritenuto infatti corretto sia dal presidente di Aisla, Mario Melazzini, che dal presidente della Fish, Pietro Barbieri.
E’ dunque quella stanchezza profonda, che ho segnalato spesso in questo blog, a caratterizzare l’attuale momento sociale delle persone con disabilità, che vedono da un lato sanciti i diritti della Convenzione Onu, con tanta enfasi retorica, e poi dall’altro devono constatare, da Nord a Sud alle Isole, una micidiale battuta d’arresto delle politiche di welfare. Dalla crisi economica questo mondo rischia di uscire a pezzi.
Mi auguro vivamente che a livello politico si trovi una soluzione capace di convincere i digiunatori a interrompere il rischiosissimo sciopero, ma penso anche che non si doveva arrivare sin qui. I giornali dovrebbero davvero cominciare a raccontare le condizioni di vita delle famiglie nelle quali irrompe come un tornado devastante una patologia invalidante e progressiva. Di questo sciopero della fame invece pochi cenni distratti, anche perché per il momento nessuno è morto.
P.S.: lo sciopero della fame è sospeso, annunciano i protagonisti di questa iniziativa, proprio in considerazione della convocazione dell’osservatorio. Ciò che ho appena scritto trova dunque piena conferma. Adesso vediamo che cosa scaturirà dall’incontro a Roma.
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