Non profit

Alla conta degli errori

A Roma «Famiglia Cristiana» e Cnca analizzano impietosamente la crisi del non profit

di Gabriella Meroni

«Il terzo settore si è illuso
di poter trattare con la politica», spiega Stefano Trasatti di Redattore Sociale. «Ha inseguito
la logica del profitto e abbandonato gli ideali. Da dove ripartire? Cercheremo di capirlo insieme»
Non si è capito, non si è capito, non si è capito. Insomma, non si è capito niente. A leggere la piattaforma del convegno-assemblea «Terzo settore: gli errori, il futuro» previsto il 16 e 17 ottobre a Roma, ci si sente un po’ come quegli alunni somari che la maestra un tempo mandava dietro la lavagna. Gli organizzatori – Famiglia Cristiana, Redattore sociale e le Edizione dell’asino (sarà un caso?) di Goffredo Fofi – distribuiscono bacchettate in tutte le direzioni. Basta leggere sul sito dell’appuntamento, www.presenzesociali.org, per scoprire gli errori del terzo settore: primo, «non si è capito che la politica non poteva essere interlocutrice di chi rappresentava la parte più debole della popolazione»; secondo, «non si è capito» che un’economia orientata al profitto ha alimentato «l’illusione di diventare piccoli imprenditori»; terzo, «non si è capito che la società accentrata sui piaceri e i consumi» rifiutava uguaglianza, solidarietà e responsabilità. Insomma, errori da matita blu, e tutti bocciati, quelli del terzo settore. Resta un problema: anche chi sale in cattedra (la relazione introduttiva è di don Vinicio Albanesi, “padre” del Cnca) fa parte del terzo settore, ma non usa mai la prima persona plurale…
«È il momento di guardare in faccia gli errori, parlarne e andare avanti», sintetizza Stefano Trasatti, direttore di Redattore sociale e moderatore del dibattito di venerdì 16, intitolato appunto «Gli errori», cui interverranno Pierre Carniti, Marco Vitale e Wolfgang Sachs oltre a decine (alla sala da 300 posti prenotata per il convegno e già piena ne sarà affiancata presto un’altra) di presidenti di associazioni. «La crisi è sotto gli occhi di tutti. Ci si è rapportati con la politica senza far valere le proprie specificità e differenze, se ne sono accettati linguaggio e interessi, senza contrattare, illudendosi di essere soggetto alla pari. Così il terzo settore è stato fagocitato». Un’allusione al Forum del terzo settore? «No, assolutamente. Abbiamo invitato Andrea Olivero, vogliamo coinvolgerlo, ma è innegabile che si è creduto di poter trattare con i politici, di avere una strategia che alla fine o non c’è stata o è stata perdente. E se è così, meglio sarebbe stato rimanere fuori dai giochi». Be’, se questo fosse successo – si potrebbe obiettare – certi risultati, seppur imperfetti, non sarebbero mai stati raggiunti, dalle tante leggi di settore al 5 per mille… «Una tragedia», lo definisce Trasatti. «Non tanto come misura in sé, ma come operazione culturale. Il governo dà il 5 per mille e poi se ne lava le mani. È la deresponsabilizzazione totale. E il non profit tace, perché “comunque sono soldi”. È devastante».
Punti di vista. Come quell’«illusione di diventare piccoli imprenditori» che farà rizzare i capelli in testa ai partecipanti all’altro appuntamento in programma in quello stesso fine settimana, le Giornate di Bertinoro. Nelle stesse ore in cui a Roma si stigmatizzerà il fatto che «il terzo settore abbia assunto modi, logiche e vizi dell’impresa profit», per dirla con Trasatti, in Romagna verrà presentata una ricerca di Unioncamere su «Economia civile e sviluppo: dimensioni e prospettive nella società del rischio» e si parlerà di relazioni socio-economiche di fiducia nel contesto della globalizzazione. «Non capisco chi va fiero del fatto che il quotidiano che dà più spazio al non profit sia Il Sole24Ore», esemplifica Trasatti. «È un compiacimento miope, vuol dire che l’unica dimensione del terzo settore che ha “sfondato” sui media è quella economica. Un orizzonte po’ limitato».
L’ultimo tema sul tavolo per l’assemblea romana sarà la sfida culturale, che per Trasatti si sostanzia nella crisi “anagrafica” del terzo settore cui è seguita una nuova generazione di professionisti formati nelle università che hanno scommesso sull’appeal anche lavorativo dell’economia civile. «Giovani tecnicamente preparati», riflette Trasatti, «che però in molti casi non hanno nessuna motivazione se non quella, pur legittima, di avere un posto di lavoro. Non è colpa loro: è mancata la lungimiranza di preparare il passaggio generazionale, non si sono formate figure con un retroterra ideale, non si è capito che senza i valori si snatura il terzo settore». Già, non si è capito. Si attendono, a questo punto, spiegazioni: «Dal convegno uscirà una “Carta per il futuro” che sarà elaborata insieme. Poi il sito dell’evento rimarrà aperto per continuare la discussione». Oltre gli errori, il futuro. Si è capito?

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