Sostenibilità

Alimenti e informazione: la trasparenza incompiuta

Trasparenza: battaglie delle associazioni di difesa dei consumatori e dell’ambiente per una seria informazione alimentare ...

di Redazione

Le battaglie delle associazioni di difesa dei consumatori e dell?ambiente per una seria informazione alimentare, soprattutto sui cibi industrialmente prodotti, hanno privilegiato un elemento certo fondamentale, ma non esaustivo, di una piena trasparenza. Gli ingredienti – ?cosa c?è dentro?- sembrano rappresentare tutto ciò che bisogna sapere. E la legge ha recepito questa priorità, prescrivendo anche l?indicazione in ordine di quantità dei componenti.

Ci possiamo accontentare?No! Restano fuori tre elementi fondamentali per una vera conoscenza di quel che mangiamo, e quindi per una alimentazione più sicura e razionale. I primi due dovrebbero essere chiesti al legislatore subito, senza se e senza ma, essendo facilissimo indicarli e comunicarli. Si tratta anzitutto della quantità di ciascun ingrediente per ?pezzo? o confezione. Sapere che nei biscotti X c?è il burro, non mi dice se poco o tanto. Sapere che nella tal bevanda c?è caffeina, non basta a farmi capire quanta ne posso bere oltre ai quotidiani espressi, o quanta ne posso consentire ai bambini. E così via. E non dimentichiamo che questo dato è particolarmente importante per chi ha intolleranze alimentari.

Il secondo elemento è collegato al primo, e ne completa il significato informativo: il cosiddetto apporto calorico e nutrizionale. Quante calorie – dunque quanti glucidi, lipidi (e di che tipo) – apporta quel cibo? Si tratta di una informazione oggi facoltativa, pur se spesso offerta, che si ha l?obbligo di dare solo in presenza di cibi dietetici ovvero di una pubblicità che faccia leva su richiami ?salutisti? o di fitness. E invece, anche questa informazione dovrebbe essere fornita sempre, incondizionatamente. Nell?interesse di chi ha (e chi non ne ha, prima o poi?!) problemi di metabolismo: a partire, ancora e in primis, dai bambini e dagli adolescenti, rispetto ai quali si fa sempre più precoce l?insorgenza di patologie come diabete e arteriosclerosi.

Il terzo elemento, più difficile da mettere a fuoco in modi ?comunicabili? (ma proprio perciò va inserito subito in agenda, per una verifica approfondita) riguarda i metodi di fabbricazione. Prendiamo il caffè decaffeinato, ad esempio: come è estratta la caffeina? Con l?uso di prodotti chimici? Quali? O con metodi più ?naturali?? E così per il vino: con quali/quanti trattamenti chimici è stato realizzato? Nulla mi dice qui l?etichetta (il vino è la più misteriosa delle bevande). O i gelati: con quali tipi di grassi, e di quale provenienza sono fatti? Grassi animali, forse, magari raccolti da residui di lavorazione di carni?

Insomma:cognoscere volumus! Forse, dicendolo in latino, qualche santo in Paradiso ci aiuterà a illuminare legislatori e ministri. Ma lasciamo stare i santi. Siamo noi cittadini a dover pretendere, a voce alta, la piena soddisfazione del diritto a un?informazione razionale, unico antidoto al bombardamento della pubblicità.

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