Formazione
Algeria, genocidio che va fermato
Vita, Amnesty International e la Croce Rossa chiedono ai nostri governanti di intervenire. Premendo sullOnu e sul governo algerino perché si interrompa la spirale di violenza
Donne stuprate, uomini sgozzati, bambini bruciati… A decine, a centinaia, a migliaia. Esistono luoghi e momenti, nella storia dell?umanità, in cui l?atrocità degli avvenimenti varca la soglia del sopportabile. Nessuno può riuscire a riflettere seriamente su quanto accaduto ad Auschwitz o nei killing fields cambogiani, in Bosnia o in Ruanda, senza avvertire una morsa alla gola e allo stomaco. E forse proprio per via di questa angosciosa intollerabilità a volte la ragione si rifugia nell?indifferenza, nella dimenticanza.
Lo stesso può dirsi per quanto sta accadendo in Algeria, un Paese che sta affogando nel sangue a pochi chilometri di mare dall?Italia. Qui ogni giorno innocenti vittime trovano una morte assurda e atroce: vittime del sanguinario integralismo degli estremisti islamici, ma anche dell?indifferenza del governo o della complicità degli agenti della sicurezza nazionale. Sei anni di massacri cui l?Occidente s?è ormai assuefatto, al punto di riuscire a indignarsi solo quando l?aritmetica giornaliera delle stragi tocca cifre a due zeri. Allora, periodicamente, si leva il grido ?bisogna fare qualcosa?. Ma siccome nessuno sa ?che cosa?, poi le cose continuano come prima. Forse è ora di dire ?basta?: basta all?indifferenza e basta alle stragi; basta agli integralismi disumani e basta alle ragioni di Stato che impediscono di intervenire per proteggere gli innocenti (quando addirittura non gioiscono per il loro eccidio). Perciò ?Vita?, Amnesty International e la Croce Rossa italiana lanciano un appello innanzi tutto ai nostri governanti perché facciano ciò che è umanamente e politicamente possibile per porre fine ai massacri. Quindi centinaia di migliaia di volontari che insieme a noi hanno detto basta. A sostenere l?appello è in primis tutto il variegato mondo delle associazioni e delle ong. Ma anche dal mondo politico abbiamo già avute significative adesioni.
Per il senatore Enrico Pianetta, di Forza Italia, segretario della Commissione Esteri del Senato, già direttore generale dell?Aispo, l?ong dell?ospedale San Raffaele di Milano che ha portato avanti un progetto di cooperazione con l?ospedale di Algeri, la soluzione è una migliore cooperazione. «Appoggio volentieri l?idea di un appello al governo algerino», ci ha detto. «Ritengo, però, che davanti a un governo, come quello algerino, che teme le ingerenze straniere, la cosa migliore sarebbe avviare una seria cooperazione nella formazione, nella piccola e media impresa, nell?assistenza sociale. Purtroppo il governo italiano invece ha ridotto gli stanziamenti alla cooperazione. È inutile allora parlare di solidarietà».
Piero Fassino, sottosegretario agli Esteri, ha dichiarato recentemente che «la volontà di agire c?è, anche se è obbiettivamente difficile». Per Fassino, «occorre partire da due punti fermi:la lotta più assoluta e chiara contro ogni forma di violenza e di terrorismo, e la necessità di un?intesa fra governo e forze democratiche di opposizione».
Per Mario Giri della comunità di Sant?Egidio, che tre anni fa riuscì a mettere intorno a un tavolo governo e opposizione algerina, «l?Occidente deve intervenire e promuovere il dialogo, per fermare questa ferocia. La nostra offerta di pace non è stata accolta dal regime algerino, ma noi dobbiamo continuare per costringere il governo a fare concessioni sul piano dei diritti umani e delle libertà religiose, isolando i terroristi».
Paolo Dieci, della ong Cisp, che ha un progetto di cooperazione in Algeria, ma fra i rifugiati saharawi, vede uno spiraglio di pace se le ong potrannno dare un grande contributo: «A Bruxelles molte ong hanno deciso di rispondere alle sollecitazioni delle associazioni algerine e stanno studiano come entrare nel Paese per aiutare le vittime de conflitto, ma anche per rafforzare il tessuto sociale algerino che rappresenta il vero scudo contro la guerra».
Infine chiudiamo con Daniele Scaglione, presidente della sezione italiana di Amnesty International, fra i promotori dell?appello lanciato da ?Vita?: «Ormai, in Europa, il silenzio si è rotto. Fermiamo i massacri, è possibile: basta che sia ora e subito».
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