Volontariato

Algeria, amore dopo la peste

Magani racconta i sentimenti sopravvissuti alla paura

di Giampaolo Cerri

Estetica di macellaio di Mohamed Magani Edizioni della Meridiana L. 20.000 Mohamed Magani fa parte della fioritura di scrittori algerini. Decine di persone, spesso non intellettuali, come Yasmina Khadra o Boualem Sansal, che si sono messe a scrivere. Otto anni di guerra civile e 150 mila morti sembrano aver instillato nel Paese la voglia di comunicare. Cinquantatré anni, Magani vive ad Algeri ed è innamorato di Calvino e di Joyce, che cerca disperatamente fra le bancarelle della capitale. Da poco tradotto in Italia, conosce un discreto successo in Francia e Germania. Con Estetica di macellaio racconta l’amore combattuto di un uomo e una donna, Chafra Elgataa e Hafsa, tra le montagne dell’Atlante. Con uno stile, ha scritto Le Matin, «che ricorda Garcia Marquez e Erskine Caldwell». Pensa di aiutare gli europei a capire i nordafricani e l’immigrazione. «Il mio precedente libro Un tempo berlinese e racconta un po’ della mia vita in Germania», spiega, «e l’esilio e l’immigrazione, costituiscono l’esperienza di molti stranieri in Europa. Credo alla letteratura come dialogo, come ponte, come possibilità di scambio». Le sue pagine trasudano spirito mediterraneo e lui lo sa. «È facile trovare i fili di una cultura comune», dice, «d’altra parte l’Italia ha più cose in comune con noi algerini che con la Finlandia». Nel suo romanzo ricorre, come nei tre precedenti, il motivo di «un’epoca segnata dalla perdita dell’individualità nella massa, dell’espressione libera, del senso comunitario, dei diritti civili per un socialismo puro e duro solo di facciata». Un tunnel che ha condotto alla peste della guerra civile. Ora, dice Magani, le cose sono cambiate. «Ne siamo fuori. E siamo cresciuti: ci sono più giornali indipendenti, più letteratura, teatro, democrazia», racconta, «e soprattutto l’idea che non si può tornare indietro». Vede un mondo multiculturale: «L’Europa non deve aver paura», dice lo scrittore. «Questa idea delle identità immutabili poi mi sembra del tutto anacronistica, credo alle identità che cambiano. E noi, da tempo, non siamo più gli stessi».


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